Fra le migliaia di cose a cui sono allergica, ci sono i soprannomi: mentre per natura, tendo ad abbreviare tutto, detesto cordialmente i vari Puffy-Bibi-Cucca-Dado che in casa mia fanno tanto Famiglia Cristiana- e don Sciortino non c'entra: ve li ricordate gli Squallor (" sì Pierpaolo, va bene Pierpaolo...E chi è Pietro? Pietro è il cane di Fuffy).
Va da sè che una buona metà delle mie amiche celi sotto queste storture nomi bellissimi- anzi, più sono belli, più si nascondono, chissà come mai- e che l'intera popolazione delle amiche della creatura risponda solo se chiamata col soprannome. Creatura compresa, sia chiaro, tanto per non farci mancare nessuna delle abitudini che fanno storcere il naso a sua madre. Per le amiche, mia figlia è Charlie, ovviamente abbreviato in Cià. Perfetto, no? Una passa nove mesi a spulciare calendari, dizionari dei nomi e alberi genealogici, e a litigare col marito ( "A me piacerebbe chiamarla Greta" " Greta? Ma Greta è un nome da alta e bionda" " Eh, appunto... se somigliasse a me... " " Ah, giusto... Gretina") et similia, per poi restare lì con la cornetta del telefono in mano, nella drammatica consapevolezza che la tipa che sta chiedendo all'altro capo " C'è la Cià?" non è una oriunda della Manciuria che sta dicendo, nel suo dialetto " Buon giorno, signora, sono ...., potrei parlare con Carola, per favore?", ma una a caso delle amiche della creatura.
A dire la verità, sono in buona compagnia: una mia amica, il cui figlio ha la pelle scura, si è rassegnata a sentirselo chiamare "Cambogia", mentre mio cugino, che da piccolo aveva la testa grossa, aveva dato il suo contributo all'entusiasmo rivoluzionario di quei tempi, lasciandosi apostrofare dai compagni ( ovviamente, di classe) come "Mao Testung" trattenendosi dal prenderli a zuccate.
La migliore di tutte, però, era capitata al liceo, quando ci era toccato in sorte, come professoressa, un donnone di un quintale di peso, sorretto da due gambe sottili, sembre inguainata in camicioni sgargianti e con un bel rossetto rosso sulle labbra: vederla e associarla alla moglie di Gambadilegno per noi era stato tutt'uno, almeno fino a quando una delle nostre madri, cercandola per il colloquio, aveva insistito dicendo che lei no, non voleva parlare con l'insegnante XXX, perché suo figlio era stato chiarissmo: " vai a parlare con la Trudi", le aveva detto e lei, ovviamente, eseguiva.
Tutto 'sto ambaradan per parlarvi di un'altra cosa, che rimando al prossimo post, perché naturalmente ho esaurito tempo e spazio, visto che la ricetta di oggi è lunghissima da raccontare (ma facilissima da fare). Per cui, mentre aspettate con ansia la prossima puntata, ingannate l'attesa con questo...
Va da sè che una buona metà delle mie amiche celi sotto queste storture nomi bellissimi- anzi, più sono belli, più si nascondono, chissà come mai- e che l'intera popolazione delle amiche della creatura risponda solo se chiamata col soprannome. Creatura compresa, sia chiaro, tanto per non farci mancare nessuna delle abitudini che fanno storcere il naso a sua madre. Per le amiche, mia figlia è Charlie, ovviamente abbreviato in Cià. Perfetto, no? Una passa nove mesi a spulciare calendari, dizionari dei nomi e alberi genealogici, e a litigare col marito ( "A me piacerebbe chiamarla Greta" " Greta? Ma Greta è un nome da alta e bionda" " Eh, appunto... se somigliasse a me... " " Ah, giusto... Gretina") et similia, per poi restare lì con la cornetta del telefono in mano, nella drammatica consapevolezza che la tipa che sta chiedendo all'altro capo " C'è la Cià?" non è una oriunda della Manciuria che sta dicendo, nel suo dialetto " Buon giorno, signora, sono ...., potrei parlare con Carola, per favore?", ma una a caso delle amiche della creatura.
A dire la verità, sono in buona compagnia: una mia amica, il cui figlio ha la pelle scura, si è rassegnata a sentirselo chiamare "Cambogia", mentre mio cugino, che da piccolo aveva la testa grossa, aveva dato il suo contributo all'entusiasmo rivoluzionario di quei tempi, lasciandosi apostrofare dai compagni ( ovviamente, di classe) come "Mao Testung" trattenendosi dal prenderli a zuccate.
La migliore di tutte, però, era capitata al liceo, quando ci era toccato in sorte, come professoressa, un donnone di un quintale di peso, sorretto da due gambe sottili, sembre inguainata in camicioni sgargianti e con un bel rossetto rosso sulle labbra: vederla e associarla alla moglie di Gambadilegno per noi era stato tutt'uno, almeno fino a quando una delle nostre madri, cercandola per il colloquio, aveva insistito dicendo che lei no, non voleva parlare con l'insegnante XXX, perché suo figlio era stato chiarissmo: " vai a parlare con la Trudi", le aveva detto e lei, ovviamente, eseguiva.
Tutto 'sto ambaradan per parlarvi di un'altra cosa, che rimando al prossimo post, perché naturalmente ho esaurito tempo e spazio, visto che la ricetta di oggi è lunghissima da raccontare (ma facilissima da fare). Per cui, mentre aspettate con ansia la prossima puntata, ingannate l'attesa con questo...
ARROSTO DI MAIALE AL CALVADOS IN SALSA DI MELE ED UVA
Per 6 persone
800 g di lonza di maiale in un solo pezzo
1 mazzetto di erbe aromatiche ( mirto, rosmarino, salvia, dragoncello, prezzemolo)
2 dl di calvados ( o vino bianco secco)
3-4 bacche di ginepro
3 cucchiaini di olio EVO
per la salsa di mele
2 mele Granny Smith
2 dl di calvados ( o vino bianco)
2 cucchiaini di zucchero di canna
1 cipolla
1/2 cucchiaio di pepe di Cayenna ( o peperoncino)
1 pezzo da 1/2 cm di zenzero (o rafano, de gustibus)
1 cucchiaino di panna fresca ( ma anche meno: le due gocce che servono per legare la salsa, non di più)
per la salsa d'uva
200 g di uva nera
1 noce di burro
pepe verde fine
1 cucchiaino di aceto di lamponi
1 foglia di alloro
2 dl di vino rosso
1 stecca di cannella
3 chiodi di garofano ( meglio 2)
Private la lonza dei filamenti di grasso, salatela, pepatela e massaggiate per 5 minuti. Fatela rosolare in un padella, con due cucchiai di olio, su entrambi i lati. Disponete la carne in una pirofila leggermente unta e cuocetela in forno già caldo a 180 gradi, girandola a metà della cottura. Riunite 2 dl di sidro in una casseruola con le erbe aromatiche tritate grossolanamente e le bacche di ginepro e portate ad ebollizione. Versate il Calvados con le erbe sulla carne, coprite la pirofila con alluminio e proseguite la cottura per altri 20 minuti. Togliete l'alluminio e proseguite a cuocere per altri 15 minuti, bagnando la carne con il fondo di cottura. Tenete la carne in caldo e filtrate il fondo di cottura attraverso un colino a trama fine.
Preparare la salsa di mele: sbucciate le mele, eliminate il torsolo e tagliatele a fettine, nel senso della larghezza. Spellate la cipolla e affettatela sottilmente. Unite le mele in un pentolino con la cipolla, irrorate con il Calvados, spolverizzate con lo zucchero di canna, il pepe di Cayenna e portate ad ebollizione. Cuocete per 10 minuti, unite lo zenzero grattugiato e proseguite la cottura per 5minuti. Togliete dal fuoco. Unite la panna, mescolate, lasciate intiepidire.
Preparate la salsa all'uva: scaldate una noce di burro in un pentolino con l'aceto di lamponi, unite gli acini d'uva lavati e asciugati e rosolateli per qualche istante. Aggiungete il vino rosso, la cannella, i chiodi di garofano e l'alloro e cuocete per 15 minuti a fuoco medio basso. Togliete dal fuoco , eliminate l'alloro, i chiodi di garofano, la cannella, pepate e lasciate intiepidire.
Private l'arrosto dello spago e dsponetelo in un piatto da portata. Tagliate qualche fettina e irrorate con il fondo di cottura della carne. Servite accompagnando con le due salse a parte.
E' perfetto con i panini al latte al'uva e al rosmarino, prossimamente su questi schermi ( leggasi: dal forno della cucina ai forni delle bocche degli amici, nenache il tempo di fotografarli in movimento..).
Buon Appetito
Alessandra
le famiglie-bene genovesi sono tutte piene di Lalla, Lia, Tiit, e Mia :) Quelle che quando le incontri ti dicoo che Dodo ti saluta (ma chi sarà Dodo?Il marito o il gatto?).Un mio "fidanzatino" del lontano (issimo)passato che si chiamava Pippi (che il nome fosse Domenico l'ho scoperto molti anni dopo), grande amante della caccia, aveva un cane che si chiamava Enrico(giuro). Quando arrivava in piazza con l'amata bestia e qualcuno diceva "Ecco Pippi ed Enrico"beh, il dubbio c'era!!!
RispondiEliminaDelizioso e profumato il tuo arrosto...
Patrizia
Ciao Dada...salutami tanto Giulino e la Cocca.
RispondiEliminaTua Berta. :-)
Ehi, ma questo arrosto è saporitissimo! originale e davvero dal sapore particolare!! bravissima!
RispondiEliminaun bacione
scusate tutti- e chiudete gli occhi-
RispondiEliminaCHE STR...ZA!!!!!!
detto a mia sorella... e comunque, invecchio: perché parlare di soprannomi e di squallor, in un unico post, senza nominare la BERTA, è un segno di declino irreversibile...
Ok, riaprite gli occhi...
ale
Io per fortuna sono Dile o Dilè a seconda...e fin qui va bene ma il soprannome che mi ha appioppato mio fratello sin dalla prima volta che mi ha visto dopo che mia mamma mi ha portato a casa dall'ospedale, mi è costato un sacco di sfottò dai miei e suoi amici....argh!
RispondiEliminaRicetta da provare!
Un sorriso trottolino amoroso e dudu dadada,
D.
Ciao, buono quest'arrosto. Domenica lo faro' Non ho tutti gli ingredienti x le salse (rafano/zenzero e aceto di lamponi)Ma qualcosa trovero' Grz. Gis
RispondiEliminaLa scena della mamma che cerca la professoressa Trudi è semplicemente fantastica!!!
RispondiEliminaAnche noi avevamo Gallo Cedrone (prof. d'inglese la cui capigliatura era una sorta di cresta) e una volta che ci ha detto di smettere con quel baccano che non eravamo mica in un pollaio siamo scoppiate tutte a ridere... ma avevamo solo 16 anni e adesso gran parte della comicità è evaporata.
Molto meno comico è stato scoprire che il penultimo Direttore del Personale della nostra azienda, quando parlava genericamente di noi impiegati con i suoi stretti collaboratori usava l'appellativo "i peones".
Situazioni del tipo: "Leggi questa comunicazione: secondo te i peones la capiscono?"
Tranquillo, dottò: i peones hanno capito che lei è uno str....
Ahahah...io il mio non lo divulgherò mai!
RispondiEliminaLa ricetta comuqnue è stupenda, adoro le salsine e non vedo l'ora di leggere quella dei paninetti... ^_^
Per i colleghi italiani sono Wall, per i colleghi americani sono ValAria (con la A), per gli amici/conoscenti sono a turno Vale (siamo sul classico), Valli (o forse con la Y finale?), Wally, Valerie, Ieia, mentre mio marito mi chiama...Giulio (con la 'o' finale...)o Toni
RispondiEliminaQuando sento chiamare Valeria, oramai non mi volto neanche!!!
Baci,
Valeria
ciao bello l'arrosto ed anche buonissimo...quanto ai soprannomi vai a chiedere alla tua socia Daniela il soprannome che ha affibbiato a me, che tra parantesi ho anche un bel nome...quando mi chiama così...non so che farei!
RispondiEliminaCIAO CIOLI!!!!!!!
RispondiEliminaeh eh eh eh eh......
Quanto alla riceta nulla da dire, anzi sì,è meravigliosa... quanto ai soprannomi li odio profondamente anche io, soprattuto le storpiature. Ne approfitto per dire che mio marito si chiama Salvatore e non Salvo!!! Quanto a me, un mio alunno con handicap che non pronunciava bene le parole mi chiamava Befana (per dire Stefania), provai allora con professoressa e diventava Fessa (stupida), prof. proffi, come mi chiamano molti altri ed è diventato coffi, coffa (donna dalle forme talmente abbondanti da assomigliare ad una grande borsa)... alla fine ho rinunciato!
RispondiEliminami fate morire dal ridere... Vale, da ora in poi ti chiameremo "giulio"- ma posso chiederti come mai???
RispondiEliminaMapi, io di anni ne ho 43 ma alla scena del gallo cedrone e del pollaio ho riso come una deficiente, esattamente come ho riso sul tuo commento, Stefania... certo che se mai raccogiessimo i soprannomi che ci han dato gli alunni, non so cosa ne verrebbe fuori. I fratelli ( e le sorelle) sono i peggiori, comunque: Dile, ce lo dici, il tuo tormentone dell'infanzia? Io non son stata da meno, nel senso che mia sorella, Roberta all'anagrafe, è stata da me ribattezzata Berta appena sentita l'omonima canzone degli Squallor ( trent'anni fa o giù di lì) e da quel momento è Berta quasi per tutti. Mai figlia chiama mio marito (1,80X quasi un quintale) "giulino" e la cosa più ridicola è che, passato il primo momento di choc, ora ci si è adeguata pure la suocera- che è la metà di suo figlio. La quale è familiarmente detta bimby ( un nome, un elettrodomestico...) e così via. E sorvolo su quello che succede in casa P. dove si salva solo il magggico Frank...
ciao
ale
Raravis, fatte le due salse. OK OK!! quella d'uva è da sballo, profumata e delicata. riscosso successo anche se servita con una anitrina arrosto. Ho frullato tutto, venuta una crema. Secondo me si puo' fare e poi invasare come una marmellata/composta d'uva(usato moscato d'Amburgo).
RispondiEliminanella salsa di mela prevaleva un po' il gusto della cipolla (Tropea).Forse ne ho messa troppo!
Gis
Gis, non ne hai messa troppa: hai usato il tipo sbagliato! la cipolla di Tropea ha un sapore deciso che prevale sulle mele, perforza di cose. Se provi con quella bianca, vedrai che il gusto sarà più equilibrato. Invece, grazie grazie grazie per l'idea della salsa frullata: ma sai che non ci avevo pensato? Ho ancora un bel grappolo d'uva in attesa di sentenza; quasi quasi lo "finisco" così e poi ti dico...
RispondiEliminabuona giornata
ale