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Visualizzazione post con etichetta ora del tè. Mostra tutti i post
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lunedì 11 giugno 2012

Strawberry and Basil Scones- e la ricetta base degli Scones

strawberry and basil scones


Con tutta che, al giro di boa dei tre anni, l'archivio di questo blog contava quasi mille ricette,  manca la maggior parte di ciò che preparo con più frequenza e più soddisfazione. Il motivo mi sfugge, ma questi vuoti mi rinscrescono, non foss'altro che per la noia di dover stare a trascrivere dosi e procedimenti per l'universo mondo, quando sarebbe infinitamente più semplice poter dire "è tutto sul blog". E' stato così per la frangipane, è così per il filetto di maiale, per gli gnocchi alla parigina, per il petto d'anatra col gelato al caramello salato, per la torta di mele più buona del mondo- ed è così anche per gli scones. Che da sempre, in casa mia, sono il buongiorno più fragrante, più goloso, più profumato che mi possa far venire in mente. 

giovedì 23 giugno 2011

per il piatto storico : il tè freddo

Di Daniela
Iced tea ovvero, storia di un’idea americana al 100%

"Neoclassical architecture in the Government Building at the Louisiana Purchase Exposition," from: David R. Francis, The Universal Exposition of 1904 (St. Louis: Louisiana Purchase Exposition Company, 1905), p. 91. Da http://en.wikipedia.org/wiki/Louisiana_Purchase_Exposition
Ora, come al solito devo confessare la mia ignoranza sull’argomento: mai avrei pensato che ci fosse qualcuno al mondo che potesse vantare la “scoperta” del tè freddo! Credevo sinceramente che fosse una dei quelle preparazioni che, come dire, si evolvono così, strada facendo, senza avere un inizio né, presumibilmente, una fine. E invece no! La storia di questa bevanda ha degli creatori e molte leggende che la riguardano oltre che parecchie date di nascita. L’unico punto su cui non ci sono dubbi è la nazionalità del tè freddo: gli Stati Uniti d’America. Le storie invece sono diverse. La più celebre riguarda la persona del mercante Richard Blechynden, e siamo nell’estate 1904 a St.Louis nel Missuri.
Entrance to Creation Exhibit on the Pike.Da http://en.wikipedia.org/wiki/Louisiana_Purchase_Exposition


Il nostro Richard, proprietario di una grande piantagione di te, aveva infatti deciso di far assaggiare per farne apprezzare la bontà e l’aroma ai suoi possibili acquirenti, una tazza del suo tè nero dell’India,che voleva commercializzare alla Louisiana Purchase Exposition. Ma nell’estate del 1904 appunto, un’estate particolarmente calda, la sua offerta non suscitava grandi entusiasmi tra i compratori… anzi i più proprio rifiutavano di bere la bevanda bollente. Allora il signor Blechynden prese una decisione storica. Decise di spezzare un po’ di ghiaccio per metterlo nelle tazze ed offrire agli assaggiatori un po’ di refrigerio, oltre al sapore e all’energia del suo tè: il successo fu strepitoso, immediato ed a livello mondiale! Tant’è che venne attribuita proprio a questo momento l’invenzione del tè freddo.
Altra storia: siamo nel 1890 : in un giornale del 28 settembre, il Nevada Noticer, si racconta in una nota , tutto ciò che viene servito durante la riunione dei veterani ex-confederati nella Riunione dello stato del Missuri di quell’anno . Ecco la parte che ci interessa:
Da qui
Il fatto che venga menzionato il tè freddo senza altre aggiunte, vuol dire che già doveva essere conosciuto a chi leggeva : spostiamo così indietro di 14 anni la data di nascita . Pat Villmer della “ St. Louis World's Fair Society” scrisse che questo tè " wasn't 'invented' at the World's Fair. The good people of the South were serving iced tea in their homes long before the Fair. It was just popularized at the Fair. It was called sweet tea served cool not hot in the summer in the South. Ice, when available, was used. Remember, ice was the premium in the early days before refrigeration, not tea." (non è stato inventato al World’s Fair
da qui


[L’esposizione del 1904 di cui abbiamo parlato prima] . La brava gente del Sud, serviva nelle proprie case tè freddo ben prima della Fiera. La Fiera lo rese solo popolare. Si chiamava Sweet Tea ed era servito fresco, non caldo, in estate al sud. Il ghiaccio, veniva usato solo quando disponibile. Bisogna ricordare che il
ghiaccio era il premio, nei giorni precedenti l’uso della refrigerazione, non il tè!)
Altra nota storica : sappiamo da varie fonti che alla World's Columbian Exposition (detta anche World's Fair: Columbian Exposition o The Chicago World's Fair) del 1893 ci fu un espositore che riuscì a guadagnare ben 2.000 $ solo vendendo tè freddo e limonata!
World exhibition in Chicago, 1893 (da Wikipedia)
La storia allora poi, ci racconta che il tè venne introdotto in America nel 1700, dal naturalista Francese A. Michaux (1746-1802) insieme ad altre piante nuove per il continente come camelie, gardenie e azalee. Lo piantò nella zona intorno a Charleston (vi sovviene , per caso, Via col vento ?) e la nuova coltura ebbe grande successo.
da qui
Proprio li, infatti, dato il calore delle estati, oltre al tè caldo, nei primi dell’800, alcuni libri di cucina cominciarono a proporre anche tè da servire freddi, creati con tè verde e spesso arricchiti con liquori, che chiamavano punch e cui spesso davano nomi altisonanti, come Regent’s Punch, il punch dedicato al principe di Galles , poi re Giorgio IV; più tardi invece, a metà ‘800 vennero preferiti nomi patriottici, come Chatam Artillery Punch, una “piccante” versione di Savannah. Ecco una ricetta di questo Punch di tè del 1839 tratta dal libro di cucina The Kentucky Housewife : Tea Punch - Make a pint and a half of very strong tea in the usual manner; strain it, and pour it boiling (hot) on one pound and a quarter of loaf sugar. (That's 2 1/2 cups white sugar) Add half a pint of rich sweet cream, and then stir in gradually a bottle of claret or of champaign (sic). You may heat it to the boiling point, and serve it so, or you may send it round entirely cold, in glass cups. ( Tea Punch - Fare una pinta e mezzo di tè molto forte nel modo consueto e versarlo bollente su una libbra e un quarto di pan di zucchero(che sono 2 tazze e mezzo di zucchero bianco). Aggiungere mezzo litro di panna dolce, e poi aggiungere a poco a poco una bottiglia di vino rosso o di champagne (sic). Lo si può riscaldare al punto di ebollizione, e servire così, oppure freddo, in tazze di vetro).
L’alternativa era l’utilizzo di tè nero , invece del verde. La prima ricetta con questo tè stampata risale al 1884 , nel Mrs. Lincoln's Boston Cook Book: What to Do and What Not to Do in Cooking. (Ice Tea o Russian Tea – Preparate il tè e tenerlo fresco. Al momento di servire, mettete due cubetti di zucchero in un bicchiere, riempire fino a metà con ghiaccio rotto, aggiungere una fetta di limone, e riempire il bicchiere con il tè freddo.)
In uno studio completo, Linda Stradley sottolinea anche che c'è una differenza tra "tè dolce" servito a sud con l'aggiunta di zucchero per la brocca e "tè freddo" servita al nord, con lo zucchero offerto a parte, se non assente del tutto.
C'è un altro elemento introdotto nel 1904 che ha notevolmente influenzato la
propensione nazionale Americana per il tè, freddo o no. In quell’anno, infatti, è stata inventata la bustina di tè, da un mercante di New York, Thomas Sullivan, in modo peraltro assolutamente fortunoso, come spesso accade: voleva solo trovare un modo meno costoso per commercializzare il tè...Tutti al mondo, almeno una volta abbiamo adoperato le bustine invece del tè sfuso (che noi per esempio preferiamo), per la loro maggiore praticità di utilizzo e forse anche questo ha contribuito a esportare nel mondo l’idea del tè freddo.
In ogni caso, che sia originario del Missuri, o della Carolina o di qualunque altra zona d’America, il tè freddo ha indubbiamente conquistato il mondo e reso piacevole una bevanda che anche si apprezza per la sua freschezza  che da carica e gusto : sto naturalmente parlando di preparazioni home made….
Eccovi alcune ricette che mi sembrano decisamente apprezzabili:
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Te freddo classico
Preparate un infuso con una varietà non affumicata di tè nero, con bustine di tè 3-4 per litro di acqua bollente. Lasciare in infusione 5 minuti. Rimuovere bustine di tè e portare a temperatura ambiente. Versare sopra i cubetti di ghiaccio e servire con fettine di limone e rametti di menta e zucchero a piacere. O conservare in frigorifero per un massimo due giorni e poi servire
.
Tè del sole dagli anni Cinquanta
Aggiungi 8-10 sacchetti di Orange Pekoe o tè prima colazione inglese a 1 gallone (3,7 l) di acqua filtrata o acqua di sorgente (direi che possimo usare una minerale naturale :-)) in un barattolo di vetro o brocca con coperchio. Mettetelo, coperto, in pieno sole per 3-5 ore. Rimuovere bustine.
Raffreddate in frigorifero per servire senza ghiaccio dopo, o versare sopra i cubetti di ghiaccio e servire subito.

Tè verde freddo dal Giappone
Luogo 2-4 bustine di tè verde in vaso di vetro o brocca con coperchio e aggiungere 1 litro di acqua fredda. Mettete in frigorifero da 2 a 6 ore. Rimuovere bustine di tè e servire con o senza ghiaccio.

Te multigusto freddo
(Adattato da Cucina TV Martha Stewart)
6-8 bustinedi tè alla frutta assortita o alle erbe (es. agrumi, ribes, mela, ciliegia, ibisco)
1-2 bustine di Orange Pekoe o tè colazione inglese
8 tazze d'acqua (meglio se filtrata o acqua di sorgente )

Portate l'acqua ad ebollizione e versatela sopra le bustine di tè in una brocca o contenitore resistente al calore. Lasciate in infusione il tè per dieci minuti, quindi rimuovete i sacchetti e lasciate raffreddare il tè  a temperatura ambiente. Servite immediatamente con ghiaccio o conservate in frigorifero per un massimo di due giorni. Aggiungere le fette di limone, rametti di menta e zucchero a piacere.
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Inutile dirvi le infinite varietò di tè con ogni tipo di frutta di stagione che potrete realizzare a vostro piacimento.
Qui da noi vaanno fortissimo
Tè alla fragola e menta fresca
4 bustine di te ai frutti rossi , oppure English breakfast
2 l. di acqua
1 cestino di fragole
6 foglie di menta
2 o 3 cucchiai di zucchero (facoltativi)
Preparate il te come sempre. Mettete in infusione le bustine insieme alle fragole fresche pulite e tagliate in quarti o anche intere se sono piccole. Zuccherate se vi piace. Quando è freddo togliete le foglioline di menta e servitelo subito con ghiaccio. Alle ragazze piace moltissimo!
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Tè verde al limone e menta fresca
2 litri d'acqua
4 bustine di tè verde
il succo di 1 piccolo limone più alcune fette di limone per decorare i bicchieri
Menta fresca per decorare e qualche foglia per l'infusione
4 cucchiai di zucchero (facoltativi)
Procedete al solito modo. Mettete in infusione con le bustine il succo del limone, le foglie di menta e zuccherate se vi piace. Quando è freddo togliete la menta, servitelo nei bicchieri con ghiaccio e decorate con foglie di menta e 1 fetta di limone.
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Tè alla pesca

4 bustine di tè alla pesca o English Breakfast
3 pesche sode e mature
2 o 3 cucchiai di zucchero (facoltativo)
succo di 1/2 limone
2 litri d'acqua
Procedete come sopra. Quando mettete in infusione le bustine aggiungete le pesche tagliate a spicchi o a dadini, il succo del 1/2 limone e zuccherate (se vi piace). Appena freddo servite con ghiaccio. Rinfrescante e buonissimo
Buon pomeriggio
Dani


http://www.h-tea-o.com/h-tea-o/www/scripts/main/downloads/hundred.pdf
http://whatscookingamerica.net/History/IcedTeaHistory.htm
http://members.cox.net/jjschnebel/cookin.html
http://www.lyndonirwin.com/1904%20Tea.htm
http://en.wikipedia.org/wiki/Louisiana_Purchase_Exposition


martedì 26 aprile 2011

Lemon Drizzle Cake- e non si butta via niente....

lemon drizzle cake


Secondo mia sorella, per avere sempre una casa efficiente e sotto controllo, bisognerebbe fare un trasloco ogni cinque anni. Certo, poi ci sarebbero altri traumi, ma la soddisfazione di conoscere il contenuto di tutto quello che abbiamo in casa nostra, nonchè ogni singola posizione in dispense-armadi-cassetti ,è  roba che va oltre ogni "stress da moving on" e che ci ripaga di qualsiasi  sforzo: perchè se è vero che imballare-trasportare-disimballare o come cavolo si dice comporta uno straordinario non da poco di fatiche, smoccolamenti e stanchezza, è altrettanto vero che poter avere una casa pienamente sotto controllo è una soddisfazione mica da ridere. E se questo accade in una stagione della vita in cui, da figli adolescenti a specchi insensibili e maleducati, ti rendi conto che "controllo" è un concetto che ormai non ti appartiene quasi più, è inevitabile aggrapparsi a tutto, anche a robe che, fino a pochi anni fa, venivano considerate semplici accessori di una vita con ben altre priorità- e la casa rientrava fra queste. 
Fino a poco tempo fa, infatti, "casa" e "macchina" stavano esattamente sullo stesso piano, per me: niente di più che due mezzi necessari per il tipo di vita che avevo scelto, tutta proiettata all'esterno- e quindi all'insegna degli spostamenti,  dei  cambiamenti, delle panacee di un'irrequietudine di fondo che l'età, la famiglia e la figlia hanno solo smussato agli angoli. Erano luoghi di permanenza brevi, dove ci si fermava il tempo strettamente necessario per riorganizzarsi e ripartire (la prima) o per farsi trasportare da un luogo all'altro (la seconda) e quindi non avevano nulla che potesse invogliare me o chicchessia a restarvi per un pò'. Che poi, nei fatti, io abbia sempre avuto case piene di gente e macchine che han visto sviscerati tutti i massimi sistemi in discussioni interminabili, meglio se da mezzanotte in poi, questa è un'altra faccenda, di cui, però, nè il mio salotto nè l'abitacolo della mia auto hanno mai avuto la benché minima responsabilità: da quelli, infatti, veniva solo voglia di scappare.
Superfluo aggiungere che, curandomi poco dell'una e dell'altra, non mi sono mai preoccupata dei loro contenuti: l'auto era una specie di cabina armadio con libreria annessa, visto che spesso e volentieri uscivo all'alba e tornavo a notte fonda- e in mezzo dovevo andare a lavorare in tre posti diversi- con tre abbigliamenti diversi- prendermi caffè con tizi, aperitivi con cai e pranzi con semproni, per non parlar degli amici e delle cene e dei tempi morti  da  resuscitare con un libro.
La casa, invece, era un luogo di parcheggio di qualsiasi cosa mi venisse in mente. A me, a mia sorella e ai nostri amici, visto che, all'epoca, le uniche privilegiate ad avere a disposizione un appartamento tutto per loro eravamo noi (e pazienza, se era proprio attaccato a quello di mamma e papà). Nel giro di poco tempo, l'avevamo trasformata in una sorta di antro delle meraviglie, piena zeppa di cose che prima o poi sarebbero servite, a me o a chiunque altro, e che intanto, per il momento, stavano lì, ammassate in dispense vere e di fortuna, stipate negli armadi, nascoste dietro alle immancabili pile di libri.
Superfluo aggiungere che  c'era una gran confusione, dappertutto- e non vi dico cosa è stato il mio primo trasloco: vi basti sapere che da lì per i dieci anni a venire ho pagato la tassa della rumenta senza batter ciglio. 
Tuttavia, ad ogni viaggio che facevo nel bidone della spazzatura, era una litania di "mai più". "Mai più mi ridurrò così, mai più comprerò cose che non uso, mai più terrò sempre tutto, mai più, mai più, mai più". 
Lo stesso copione si è ripetuto tre anni dopo, quando ci è toccato un secondo trasloco che ha riproposto grosso modo un identico trionfo dell'inutile- inutilizzato-inutilizzabile da una parte e del gran casino dall'altra: e i "mai più" si sono arricchiti di altri buoni propositi, pure a scadenza: "una volta alla settimana, controllo la dispensa; una volta ogni 15 giorni, rifaccio i cassetti; una volta al mese, sistemo i documenti; una volta a trimestre, la libreria" e così via, secondo un florilegio di buone intenzioni che non avrebbe sfigurato sui libretti del Catechismo per la Prima Comunione che usavano ai miei tempi. 
Stavolta, c'era tutto: programmazione, raziocinio, coerenza, volontà e pure con il rischio  brutta figura annesso, visto che per motivarmi ulteriormente l'ho detto a mari e monti, che "da questa casa, si cambia".
E allora com'è che ieri, nell'armadietto dei medicinali, ho trovato aspirine scadute nel 2004 e sciroppi per la tosse del 2006?
Ditemi che erano due ottime annate, vi prego....

LEMON DRIZZLE CAKE

lemon drizzle cake

Non so se questo libro avrà mai l'onore dello Starbooks, perchè è un po' troppo connotato: ma di sicuro è uno degli acquisti migliori dell'anno. Ha fatto battere il cuore a me e a mia madre, a cui ha risvegliato una serie di ricordi che si son trasformati in impellente bisogno di cucinare, quando è capitata su questa ricetta. 
"La prima torta che ho preparato in Inghilterra!" ha detto- e a me si è gelato il sorriso: perchè io ero convinta che questa fosse una specie di novità, visto che fino a due o tre anni fa non l'avevo mai assaggiata. Invece, mi sbagliavo di grosso: pare che sia il classico dei classici, assieme ai vari trifle ricoperti di meringa, alla torta di biscotti, alla carrot cake e a un sacco di altre cose che ho preparato nei mesi scorsi, proprio sulla scia delle emozioni suscitate da questo meraviglioso ricettario e che prima o poi posterò anche qui sopra. 
Tornando alla torta, è una meraviglia. 
Presumo che in tutti questi anni sia sfuggita al mio palato perchè poco coreografica: conoscendo i miei gusti (soprattutto quelli di un tempo) avrà finito di fronte agli spettacoli delle layer cake e delle creme, tanto belli da vedere quanto stucchevoli da mangiare- ma ora mi sto rifacendo, perchè la preparo appena posso. L'impasto è incredibilmente morbido e il tocco in più dello sciroppo di limone versato sulla torta ancora calda è roba da candidatura al terzo Cerhio, per intenderci. In più, va bene per ogni momento della giornata, dalla colazione all'ora del tè e se la accompagnate con una crema anche per cena. Insomma, ogni occasione è buona ma, fidatevi, non sto esagerando...

per la torta
200 g di burro morbido
250 g di zucchero
3 uova medie, leggermente sbattute
la scorza grattugiata di 2 limoni
250 g di farina autolievitante 
1/2 cucchiaino di lievito
100 g di latte

per la glassa
100 g di zucchero
il succo di due limoni
la scorza grattugiata di un limone

Preriscaldare il forno a 180 gradi, modalità statica
Mettere il burro, lo zucchero, le uova e le zeste di limone in un'ampia terrina e setacciarvi sopra la farina e il lievito, poi aggiungere il latte, sempre senz mescolare. 
Con un cucchiaio o con le fruste elettriche incorporate tutti gli ingredienti, fino a formare un composto morbido e liscio. 
Versatelo in uno stampo (diametro 22 cm) precedentemente imburrato, e coperto di carta da forno, livellando in superficie e infornatelo per 50-60 minuti (meno, nel mio forno: fate la prova stecchino)

Nel frattempo, preparate lo sciroppo, mischando lo zucchero con il succo e le zeste di limone, a freddo. 
Appena la torta è pronta, toglietela dal forno e, lasciandola nella teglia, mettetela su una gratella. Punzecchiate la superficie della torta con un lungo stuzzicadenti o con i rebbi di una forchetta e poi versatevi rapidamente lo sciroppo, facendo attenzione a distribuirlo su tutta la superficie in modo che  penetri uniformemente all'interno della torta. 
Lasciate raffreddare completamente prima di sformare il dolce dallo stampo. 

lemon drizzle collage

Note mie
Partiamo dagli ingredienti
  • ovviamente, i limoni si intendono non trattati. Meno ovviamente, si dovrebbe usare una grattugia in microplane, perchè non c'è confronto con quelle tradizionali. La scorza del limone viene via senza sforzo e quindi mantiene tutti gli aromi intatti. 
  • il burro deve essere morbido, ma non acquoso. 
  • uova e latte a temperatura ambiente
  • per quanto riguarda il lievito, se non avete la farina autolievitante usate una bustina intera di lievito per dolci. Intera, perchè se fate caso, la ricetta prevede l'aggiunta di un cucchiaino supplementare. Quindi, deve crescere bene
Procedimento
  • è quello che gli Inglesi chamano "all-in-one": si mettono tutti gli ingredienti in una terrina e si mescolano, tutti in una volta. Complicatissimo, direi :-)
  • è fondamentale che lo stampo sia rivestito di carta da forno e se la fate trasbordare un po' è meglio. Vi aiuterà a sformare la torta che, una volta impregnata di succo, resterà un po' umida e quindi più esposta al rischio di spatasciamenti vari. 
Cottura
  • nei dolci col lievito, preferisco sempre il forno a modalità statica. Se usate il ventilato, 170 gradi per 30 minuti- e poi fate la prova stecchino. Deve uscire umido, ma non bagnato o meno che mai con i grumi di impasto attaccati sopra. Per il mio forno, come ho detto, 50 minuti sono troppi. 
Sciroppo
  • un'altra cavolata: è a freddo, quindi si tratta solo di mescolare gli ingredienti. Gli Inglesi usano il caster sugar, che è uno zucchero a "grana" più fine del nostro zucchero semolato e che, quindi, si scioglie più facilmente. Volendo, potete sostituirlo con lo zucchero a velo ma secondo me non è il caso. 
Buona ripresa :-)
ale

    mercoledì 28 luglio 2010

    Cominciamo a prepararci? Gli shortbread!!!

    di Alessandra
    shortbread
    Mai come quest'anno, faccio il conto alla rovescia- e questo a discapito dei molti fine settimana lunghi e corti che ci siamo ritagliati contro il logorìo della vita moderna: ma davvero, stavolta, arrivo alle ferie sui gomiti.
    Per inciso, mai come quest'anno siamo stati indecisi sulla meta: prima, doveva essere il Giappone, poi l'Irlanda, poi -orrore degli orrore- un villaggio turistico a Santo Domingo (mia figlia aveva inaugurato il disco "non voglio venire in viaggio con voi, voglio stare al mare con le mie amiche)" e infine, dopo un rinsavimento in zona Cesarini della creatura e un patteggiamento all'ultimo sangue, lei ha deciso la meta, noi l'abbiamo un po' aggiustata e finalmente si è deciso: tre settimane fra la Scozia e le Orcadi e, udite udite, tutte in macchina. Partendo da Genova, ovviamente.
    Prima che pensiate che siamo matti, va detto che a me i viaggi in auto piacciono da morire. Perchè vedo tutto e, soprattutto, posso fermarmi quando mi pare e piace. In più, mi sembra di non perdere tempo. Lo so che questa è una scemenza, ma i trasferimenti all'aereoporto, le attese per il check in, il doversene stare legati su quegli orribili sedili prima che si accendano i motori dell'aereo, a me sanno di tempo buttato: il che, se normalmente è cosa da evitarsi, riferita ai viaggi è un sacrilegio.
    Sia chiaro: se non fosse stato per i costi allucinanti di un noleggio auto (in pratica, ci facevamo un altro viaggio), avremmo optato per il fly&drive: ma considerato quanto sopra e visto anche che il marito non fa che giustificare l'ultimo acquisto in fatto di motori dicendo che è stato costretto ad un bagagliaio enorme per colpa mia, ci siamo felicemente rassegnati a questo cambio di programma.
    Ovviamente, facciamo delle tappe: una in Francia e due in Inghilterra a salire e qualcosa di più a scendere (devo ancora finire di programmare gli ultimi giorni). Ma fino alle Orcadi, maciniamo km su strada.
    Questo, però, come vi dicevo, non è un problema. Il problema, semmai, sarà fare i bagagli, considerato che solo in un caso- per giunta nei primi giorni- dormiamo per due sere di fila nello stesso posto e il lavare la biancheria la sera perchè sia asciutta la mattina, in Gran Bretagna, rasenta la follia. In più, dobbiamo affrontare non so quante fasce climatiche, dal caldo torrido genovese al freddo cane di lassù; sopra Inverness non sono mai arrivata, ma le foto della Scozia mi rimandano solo dei gran maglioni e dei sorrisi intirizziti, al limite della paresi- e questo ad Agosto, sia chiaro: il Natale ad Edimburgo non venne mai immortalato, in esterno, perchè nessuno osava togliersi i guanti per fare uno scatto.
    Nell'attesa, comunque, leggo guide, rovino carte stradali (nele higlands del centro, ho già cambiato itinerario almeno cinque volte), prenoto traghetti e seleziono B&B. E faccio gli shortbreads, ovviamente, pregustando la visita alla fabbrica della Walkers e gli acquisti a man bassa dei biscotti rotti. E alle distillerie sulla strada del whisky, ai ristorantini nei fondi delle chiese, ai salmoni e agli haddock e alle scottish breakfast, che al confronto gli Inglesi sono delle signorine vittoriane inappetenti. Al ritorno, vi racconto tutto, tutto, tutto, nei minimi dettagli: e voi, nel frattempo, ingannate l'attesa con questi...


    SHORTBREAD
    ( moooolto liberamente tratto da Anne Wilson, Cucina Scozzese)


    shortbread



    Come in tutte le ricette della tradizione che si rispettino, anche gli shortbreads vengono preparati in mille modi diversi. A casa mia, si fanno questi qui, imparati chissà dove, con il trucco del taglio a metà cottura e i bordi irregolari, che sono poi la prima differenza fra la produzione industriale e quella homemaid. In ogni caso, si tratta del biscotto più tipico della Scozia, che qui si prepara da tempo immemorabile, come attesta il suo stesso nome, visto che il termine "short" risale alla notte dei tempi e ormai non si usa più. Letteralmente, "shortbread" significa "pane friabile" e questo già dovrebbe mettere in allarme quelli che, per dovere o per scelta, hanno detto no al colesterolo: nello stesso tempo, però, le dosi di burro non sono poi così eccessive, come si potrebbe pensare al primo morso. L'impasto, infatti, è il classico 3-2-1 della pasta frolla e, se andiamo a vedere, una fetta di crostata vi fa incamerare più grassi di uno shortbread o due. Però, volete mettere offrire questi biscottini per il tè, invece che la solita crostata?
    Tornando alla ricetta, questa volta ho provato la versione con la farina di riso: anzi, già che c'ero, ho pure cambiato la forma, facendoli rotondi e senza le tradizionali punzecchiature di forchetta e cuocendoli come dei normali biscotti. Il risultato mi ha soddisfatto, anche se rinvio ad una degustazione comparata, per poter esprimere un giudizio più certo- e guai a chi dice che non mi sacrifico per voi.

    Siccome le dosi sono in cup, ve le converto e, già che ci sono, vi metto anche le quantità che ho usato io, per fare una ventina di biscotti

    200 g di burro freddo
    220 g di farina
    80 g di farina di riso
    100 g di zucchero

    La Anne Wilson dice di montare il burro con lo zucchero e poi di aggiunger e e farine ma, fidatevi, questo procedimento non funziona. Bisogna lavorare gli ingredienti come per fare una frolla, nè più, nè meno. Quindi, si impastano le farine e lo zucchero con il burro tagliato a tocchetti, all'inizio amalgamandolo al composto con la punta delle dita, per non scaldarlo troppo, poi lavorandolo col palmo della mano, per il più breve tempo possibile. Appena la pasta sarà liscia, via in frigo a riposare per un'oretta. Dopodichè, la stendete sulla spianatoia allo spessore di mezzo cm (o giù di lì: guardate la foto, per regolarvi) e con un tagliabiscotti rotondo fate tanti shortbread. Li disponete su una teglia quadrata, rivestita di carta da forno e li fate cuocere in forno statico a 160 gradi fino a quando iniziano a colorire leggerissimamente.
    Il segreto, come avrete capito, è nella cottura: fuoco basso e guai a farli brunire. vV ci vorranno grosso modo 20 minuti (dipende dal forno, il mio in modalità statica è lentissimo), ma non devono assolutamente scurire. Tirateli fuori quando sono appena appena consistenti e lasciateli raffreddare, prima di toccarli. All'aria, infatti, si "rassoderanno" il giusto, per potersi mantenere friabili.
    Al pari di tutte le frolle, più riposano, più sono buone: il consiglio è di conservarli un giorno o due in una scatola di latta, prima di consumarli: poi, si sa, la carne è debole- e di fronte a questi cosini qui, lo è ancora di più!
    buona giornata
    Alessandra

    lunedì 26 luglio 2010

    E meno sette....Gateau tutti frutti


    torta ai frutti rossi e blu


    Con oggi, siamo ufficialmente entrati nell'Ultima Settimana Prima delle Vacanze: il che, in soldoni, sta a significare che nei sette giorni che seguiranno, dovre riuscire a fare tutte le seguenti cose
    1) smaltire le 4 pile di arretrato sulla scrivania dell'ufficio
    2) svuotare il freezer e sbrinarlo
    3) svuotare il frigo e pulirlo
    4)imparare a fare la spesa, almeno questa settimana, oppure
    5)recuperare 14 inviti a pranzo e cena e far colazione al bar
    6)perdere cinque kg
    7)preparare CD per 5000 km
    8) finire itinerario degli ultimi 4900 km
    9)trovare il santo preposto a far liberare una camera tripla a ferragosto sull'isola di Sky
    9 bis) trovare il santo preposto ai compiti di greco per le vacanze
    9 ter) augurarsi che sia lo stesso e attaccare con un contentrato di novene
    10) pensare ad un bagaglio che possa coprire tutte le fasce climatiche dell'emisfero boreale, in totale assenza di tempo e spazio per fare un bucato per tre settimane
    11) moltiplicarlo per tre
    12) ricordarsi che avere un blog di cucina non significa telefonare alla Dani e chiederle se può provvedere lei....solo per oggi, naturalmente...

    GATEAU TUTTI FRUTTI

    torta ai frutti rossi e blu

    La fonte è Elle à Table, un'altra di quelle riviste su cui mi perdo a fantasticare per delle ore, per poi realizzare che, tutto sommato, a preparare un'insalata di frutti rossi con la trota affumicata ed il crescione ci avrei messo grosso modo un decimo del tempo, ma tant'è: tutto sta a sapersi vendere, al giorno d'oggi- e certe riviste della douce France sono maestre, in questo senso.
    La torta che vedete qui sotto, però, è la fine del mondo. E lo è a dispetto di un impasto a "lo famo normale" e di una forma casalinga, che più casalinga non si può. Senza contare la facilità dell'esecuzione, la sua rapidità, la reperibilià degli ingredienti, insomma: tutte le carte in regola per lasciarvi appena il tempo di dare un'occhiata al procedimento e correre in cucina a prepararla...


    800 g di frutti di bosco misti *
    50 g di pinoli
    3 uova
    50 g di zucchero
    120 ml di latte
    100 g di burro fuso, a temperatura ambiente
    150 g di mandorle tritate (o farina di mandorle)**
    150 g di farina
    1/2 bustina di lievito
    1 cucchiaino di cannella
    1 cucchiaino di vaniglia in polvere***
    una grattugiata di noce moscata


    * direi ribes, lamponi e mirtilli. Assolutamente no alla nota acida delle more, nì all'uva spina. L'assenza delle fragole dipende dalla stagione.
    ** siccome non avevo farina di mandorle e- orrore- neppure mandorle pelate, nè avevo voglia di pelare le altre, le ho frullate direttamente con la buccia. Fantastico: si ottiene un sapore più rustico, che si sposa benissimo con le spezie
    ***presumo che qui si alluda alla vanillina, che ormai è bandita dalla mia dispensa: un cucchiaino da caffè di estratto di vaniglia. Volendo, potreste anche lasciare in infusione mezza stecca nel latte, portato ad ebollizione e poi fatto raffreddare, ma secondo me un buon estratto di vaniglia va benissimo ugualmente

    torta ai frutti rossi e blu

    Pulite i frutti di bosco, e lavateli. Se usate le fragole, tagliatele a pezzettino grossi come l'unghia di un pollice.
    Montate le uova con lo zucchero, fino a quando raddoppiano di volume, aggiungete le spezie, il burro e il latte; mescolate molto bene e, in ultimo, unite le due farine setacciate e il lievito. Non ha importanza che le farine si setaccino insieme o prima l'una e poi l'altra: l'essenziale è che si amalgamino bene al composto e non facciano grumi
    Rivestite con carta da forno uno stampo quadrato di 24 cm di diametro, versatevi il composto e cospargetelo di frutti di bosco e di pinoli
    Infornate a 180 gradi e fate cuocere per una mezz'oretta, fino a quando la torta sarà gonfia e la superficie dorata. Regolatevi con la prova stecchino: è meglio sfornare quando l'interno leggermente umido.
    Lasciar raffreddare e servire a temperatura ambiente
    Buona Settimana
    Alessandra

    sabato 13 febbraio 2010

    CAKE DI PATATE AL CIOCCOLATO SPEZIATO

    di Alessandra
    English Version Below

    cioccop


    Dopo la visione ( in tutti i sensi) di Darcy/Colin Firth in Orgoglio e Pregiudizio, e dopo gli amarcord di questo post qua vi cominico che la ormai fossilizzata classifica degli uomini della mia vita ha subìto una epocale modifica, per cui da questo "prima"

    1. Atticus Finch (Il Buio oltre la Siepe)
    2. Archie Goodwin ( tutto Nero Wolfe)
    3. Darcy ( Orgoglio e Pregiudizio)


    si è drasticamente arrivati a questo "poi"

    1. Atticus Finch (Il Buio oltre la Siepe)
    2. Darcy ( Orgoglio e Pregiudizio)
    3. Archie Goodwin a parimerito con Massimo ( Fanali Gialli)


    E visto che all'orizzonte non vedo proci degni di questo nome, mi sa che la lasciamo così ancora per un bel po'. A meno che non abbiate dei suggerimenti....

    CAKE DI PATATE AL CIOCCOLATO SPEZIATO

    cake ciocco patate

    Grande, grande, grandissima torta della nonna di mio marito, che ci riporta ai tempo in cui con poche parole, pochi ingredienti, molta umiltà e nessun palcoscenico si creavano dei veri capolavori*
    Questa versione risente del contributo del numero di febbraio 2009 di CI, dove una delle ospiti in redazione la riproponeva pari pari, ma con la glassa al cioccolato e una nota speziata.
    Di mio, c'ho messo lo stampo da mini cake, che, come ben sapete, è quello che fa la differenza

    * lungi da voi il sospetto di una nota polemica, da parte mia: c'è- e basta, senza bisogno di far tante elucubrazioni....

    Per la torta ( versione della nonna)
    200 g di zucchero
    1 patata grossa (150 g circa)
    1 tavoletta di cioccolato fondente
    50 g di burro
    un uovo
    150 g di farina
    1/2 bustina di lievito
    farina e burro per lo stampo

    Versione speziata
    200 g di zucchero
    150 g di patate
    70 g di cioccolato fondente al 72%
    60 g di burro salato
    150 g di farina
    un'arancia biologica
    8 g. lievito in polvere per dolci
    farina e burro per lo stampo

    Versione mia
    200 g di zucchero
    1 patata
    100 g di cioccolato fondente ( 50 g al 50%; 50 g al 70%)
    scorza grattugiata di un'arancia
    mezzo bicchierino di cointreau
    60 g di burro salato
    120 g di farina
    30 g di fecola
    1/2 bustina di lievito

    Procedimento (vi metto solo il mio, che facciam prima)
    Far lessarela patata con la buccia, in acqua non salata. Aggiungere il sale pochi minuti prima della fine della cottura.
    Nel frattempo, sciogliere a bagnomaria il cioccolato con il burro
    Mettere la patata in acqua fredda, meglio se con del ghiaccio, sbucciarla e schiacciarla bene. Amalgamarla al cioccolato e al burro fuso, fino a formare un composto morbidissimo. A quel punto, aggiungere l'uovo, la scorza grattugiata dell'arancio e le farine setacciate insieme al lievito. Mescolare bene e, in ultimo, aggiungere il Cointreau.
    Stampo da 22 cm imburrato e infarinato, a 170 gradi per una ventina di minuti. Fate la prova stecchino, considerando che comunque l'interno è molto morbido

    Nella versione della nonna, c'era solo lo zucchero a velo. Nella ricetta di CI c'è una glassa speziata che ho seguito abbastanza alla lettera

    100 g di zucchero a velo
    50 g di cioccolato fondente tritato al 75% (io al 70%)
    12 g di rum ( ah ah: mi ci vedete, a pesare 12 ml??? mezzo tappo)
    cannella in stecca (in polvere, la punta di un cucchiaino)
    pepe in grani (no: meno della punta di un cucchiaino di pepe BIANCO: col cioccolato fondente, è la morte sua)
    chiodi di garofano (NO: in così poche spezie, sovrastano)
    gelatina di albicocche (NO: in teoria, si sarebbe dovuta spennellare la torta con la gelatina calda, prima di versar sopra la glassa. Trattandosi di trovata troppo innovativa per i miei gusti ;-) ho lasciato perdere)
    invece, ho aggiunto un pizzico di cardamomo

    Ho fatto sciogliere il cioccolato a bagno maria, ho aggiunto lo zucchero a velo e il rum, goccia a goccia. Dopodichè, ho diluito con due cucchiai di acqua bollente. Non preoccupatevi se vi si raggruma: a parte che se l'acqua è bollente non dovrebbe capitare, basta aggiungere ancora un cucchiaio d'acqua per avere una glassa morbida. Alla fine, unire le spezie, mescolare e versare sulla torta.

    English Version

    SPICY CHOCOLATE AND POTATOES CAKE

    cioccop



    After vision (in the true sense of the world) of Darcy/ Colin firth, in Pride and Prejudice, and afetr amarcords in this last post I'm proud to announce you that the old hit parade of the men of my life has undergone a momentous change, which by this " first "

    1. Atticus Finch (To Kill a Mockingbird )
    2. Archie Goodwin (Nero Wolfe, all the novels)
    3. Darcy (Pride and Prejudice)


    has drastically come to this "later"

    1. Atticus Finch (To Kill a Mockingbird )
    2. Darcy (Pride and Prejudice)
    3. Archie Goodwin tied up with Massimo (Yellow Tail)


    And since I do not see on the horizon any suitors , I think that i'll leave this one for a while '. Unless you have any suggestions of course


    My own version of this cake comes from two others versions- one from my husband's gramma, the other from a popular food review, Cucina Italiana. Herebelow you can find both- and my one too: choose what you prefer, considering that the process is always the same one.

    For the cake (Grandma's version)
    200 g sugar
    1 large potato (150 g approximately)
    1 bar of dark chocolate
    50 g butter
    egg
    150 g flour
    1 / 2 packet of yeast
    flour and butter for the mold

    Spicy version
    200 g sugar
    150 g potatoes
    70 g dark chocolate 72%
    60 g salted butter
    150 g flour
    Organic orange
    8 g. baking powder for cakes
    flour and butter for the mold

    My version
    200 g sugar
    1 potato
    100 g dark chocolate (50 g to 50%, 50 g 70%)
    grated rind of one orange
    half glass of Cointreau
    60 g salted butter
    120 g flour
    30 g starch
    1 / 2 packet of yeast

    Boil potatoes with their skins in unsalted water.
    Few minutes before potatoes are completely cooked, add salt.
    Meanwhile, melt the chocolate in a water bath with butter
    Put the potatoes in cold water, preferably with ice, peel and mash well. Stir chocolate and butter melt, to form a soft compound. At that point, add the egg, the grated rind of orange and flour sifted with the baking powder. Mix well and, finally, add the Cointreau.

    - Mold 22 cm buttered and floured at 170 degrees for twenty minutes.
    Do the toothpick test, whereas the interior is still very soft

    In Gramma' version, there was only the icing sugar. In C.I, 's recipe there is this spicy chocolate glaze, with my changes

    100 g icing sugar
    50 g chopped dark chocolate 75% (I used 70%)
    12 g of rum (ah ah: could you see me weighing 12 ml?? Half cap)
    cinnamon stick (in powder form, the tip of a teaspoon)
    peppercorns (NO, only white pepper, and no more than the tip of a tsp:white pepper is faboluous, with chocolate)
    clove (NO: in just a few spices, it'll overlook)
    apricot jelly (NO: in theory, you would have to brush the cake with the jelly warm before pouring over the icing. dealing with a bright idea, too much original and innovative for me;-) I forgot it)
    Instead, I added a pinch of cardamom

    I melted the chocolate in a bain-marie, I added the icing sugar and rum, drop by drop. After that, I diluted with two tablespoons of boiling water. Do not worry if it curdles: just add one more tablespoon of water to have a soft glaze. Finally, add the spices, stir and pour on the cake

    Buon Appetito
    Alessandra


    sabato 19 settembre 2009

    Baci di dama con farina di riso (per celiaci e anche no)

    di Alessandra
    DSC_6950

    Problema: Alessandra possiede una vecchia ricetta di famiglia di baci di dama grazie alla quale ottiene sfere perfette. Diletta ne possiede un'altra, di Luca Montersino, grazie alla quale anche lei ottiene sfere perfette. Alessandra, però, possiede anche il libro di Montersino dedicato alla pasticceria per intolleranti, dove trova la versione dei baci di dama per celiaci, con dosi e procedimenti tutti diversi da quelli che conosce lei. Considerato che Montersino sta ad Alessandra come Paganini sta a Carubba, può Alessandra prendere solo spunto dal Maestro e strafregarsene di tutto il resto, usando la collaudata ma semisconosciuta ricetta della nonna?

    DSC_6963


    La risposta, ovviamente, è sì.
    Per cui, prendete carta e penna e cominciamo
    Il segreto dei baci di dama non sta tanto negli ingredienti, ma nel procedimento e-soprattutto- nella cottura. Se sbagliate questi, rassegnatevi a servire ai vostri ospiti "dischi volanti di dama", perché più che delle ostie piatte e crude non otterrete.
    La base è il famoso tpt, vale a dire l'abbreviazione di tant pour tant: la stessa quantità di tutti gli ingredienti., che sono:
    farina- burro-zucchero e nocciole, per la zona del feudo di famiglia ( tenevo nonna paterna madrogna), oppure mandorle ( nel tortonese, per esempio) oppure mezzo e mezzo. L'importante è che siano macinate finissime.
    Normalmente, si fanno 2 etti di tutto- ma il consiglio è di partire con un etto solo, per fare una prova. Ve ne verrà una teglia piena ( usate quelle da biscotti, con i bordi bassi) per un totale di una cinquantina di dolcetti
    Si parte dal burro a temperatura ambiente (non pomata: cioè, appena lavorabile) e si mischiano insieme tutti gli ingredienti, lavorando con le mani. Anche questo è un punto importantissimo: le lame dei robot "bruciano" il burro, se non siete più che abili a lavorarlo , e recuperarlo è una fatica, perché dovete lasciare l'impasto in frigo per un bel po', anche una giornata intera. Se invece lavorate con le mani, molto velocemente, potete cavarvela con un riposo ragionevole un'oretta), se non addirittura niente: questi che vedete nella foto, con tutta che, come vi dirò, hanno la farina di riso che assorbe meno e che ha richiesto una lavorazione più lunga, sono andati subito in forno e sono rimasti belli tondi. Fate un po' di pratica e poi vedrete che sarà possibile anche a voi.
    Quindi, una volta mischiati bene tutti gli ingredienti, mettete l'impasto in frigo a riposare. E' pronto quando il burro si è un po' indurito: non tantissimo, perché altrimenti dovreste scaldarlo di nuovo con le mani per renderlo lavorabile, e saremo di nuovo ai punti di prima. Quel tanto che basta, tutto qui.
    Prendete una tegla da biscotti, foderatela con carta da forno e disponetevi tante palline, di circa un cm. di diametro, un po' distanziate le une dalle altre: io non li faccio troppo gross e in una teglia ne faccio stare circa un'ottantina.
    A rigore, il riposo dell'impasto andrebbe fatto in questa fase, perché il burro, con la lavorazione e il calore della mani, si ammorbidisce di nuovo: ma se avete de frigoriferi normali, la teglia non entra: per cui, lavorate velocemente il composto, meglio se con la punta delle dita, e bagnatevi spesso le mani con acqua fredda ( e poi asciugatele) ed il problema è risolto.

    baci di dama
    Ed ora, arriviamo al secondo segreto, che è la cottura- ma prima, consentitemi uno sfogo: avrò letto decine di ricette che indicavano temperature del forno allucinanti e permanenze altrettanto spaventose (dai 180 ai 200 gradi, per venti minuti, mezz'ora) e ogni volta che le ho seguite, ho sempre dovuto buttare via tutto. Se vi si spatasciano, è anche per questo, perché vanno cotti a temperatura bassissima: 130- 140-150 gradi al max, dipende dai forni, per un quarto d'ora, venti minuti. Vanno tirati fuori ancora friabilissimi e lasciati all'aria a raffreddare: in questo modo, prendono la loro consistenza caratteristica, che va di pari passo con il loro sciogliersi in bocca.
    E' chiaro che dovete fare un po' di prove: io vi direi di cominciare a 140 non ventilato, per 15 minuti e di stare a vedere. Non aumentate la cottura oltre i venti minuti, però, perché altrimenti diventano duri- buoni, ma più sul tipo degli amaretti, che non dei baci di dama.
    Non toccateli in nessun modo, prima che si siano raffreddati completamente.
    Dopodiché, fate sciogliere a bagnomaria un po' di cioccolato fondente al 50% e spennellatelo (TERZO SEGRETO!!!) su entrambe le metà dei baci di dama: in questo modo, vi verrà un ripieno bello spesso e il cioccolato si sentirà di più. Unite le due metà e lasciate solidificare il cioccolato. Dopodiché, sono pronti.
    Migliorano col riposo, ma solo se conservati ermeticamente: la vecchia scatola di latta per i biscotti va benissimo.
    baci di dama

    La versione per gli intolleranti alle farine, prevede la sostituzione della farina normale con la farina di riso: ero un po' dubbiosa, all'inizio, perché, come vi ho detto, temevo che assorbisse meno della farina di grano, ma alla fine la questione si è risolta in qualche minuto in più di lavorazione. Non è stato necessario neppure il passaggio in frigo e sono venuti belli "cicciotti" lo stesso.
    Quindi, ricapitolando, i tre segreti per baci di dama perfetti sono
    1. non "bruciare" il burro
    2. cuocerli a temperatura molto bassa
    3. spennellare entrambe le metà con il cioccolato.
    E a questo punto, non avete più scuse...
    Buon Appetito
    Alessandra

    domenica 21 giugno 2009

    Coconut bread ( il plum cake della cecilia)


    di Alessandra

    cocco bread

    Quello che segue è un post datato, che risale al 7 gennaio di quest'anno, quando Genova si è svegliata coperta dalla classica coltre di neve. Il che potrebbe far sollevare il sopracciglio anche al più ben disposto di voi, perché va bene che non c'è più la mezza stagione, va bene che facciamo prima ad aspettare Godot che tre giorni di fila di bel tempo, va bene che anche il bucato di ieri sera è andato a farsi benedire, sotto l'ultimo dei temporali, ma inaugurare l'inizio dell'estate con un memoir della nevicata del 2009 , forse, è un po' troppo.
    In verità, però, la neve non c'entra : o meglio, all'epoca era stata la fonte di una serie di ispirazioni culinaria fra cui il mitico plum cake del sottotitolo, ma oggi non ha più nessun senso, anzi: anch'io, come tutti, ho voglia di sole, di vacanze, di aria aperta.
    Tuttavia, non posso fare a meno di inserirlo qui ed ora, per il semplice fatto che è da qualche tempo che mi accorgo che a questo blog manca un pezzo e che questo pezzo si chiama Cecilia. Che, nel tourbillon di amicizie della mia vita, è quella che resiste impavida da oltre vent'anni, secondo me perché è l'unica dotata di un seppur minimo bagaglio di doti intellettuali tali da poter riuscire ad apprezzare le mie altissime virtù, secondo lei perché è l'unica che ancora riesca a sopportarmi.
    Quindi, siccome questo blog è un diario quotidiano della mia vita, e siccome una bella fetta di quest'ultima la condivido con lei, mi tocca presentarvela, attraverso uno dei ritratti più sublimi che mai siano usciti da questa penna, e non capsico perché, dopo averlo letto, mia figlia mi abbia tenuto i musi per una settimana ( la Cecilia è da anni sulla vetta dell'Olimpo personale della creatura e non accenna a schiodarsi da lì) e sia stata inversata come un guanto da mio marito, perché pare che non sia così che si trattano le amiche. A conferma di quello che dicevo sopra, la protagonista, per contro, ci ha riso alle lacrime, al punto che ancor oggi, a distanza di mesi, quando le ho preannunciato che sarebbe uscita dall'anonimato delle persone reali per diventare un personaggio di questo blog, ha convenuto che migliore presentazione di questa non ci potrebbe essere. Anzi, ha anche aggiunto di metterci il sonoro....
    Stamattina ci siamo svegliati sotto la neve. O meglio: voi vi sarete svegliati, perché io sono stata tutta la notte in piedi, a saltellare per casa, un po' per il freddo e un po' per l'eccitazione che ogni volta mi prende quando nevica. Può essere che sia una sintomatologia grave, di sicuro è congenita e non curabile, visto che ce l'ho praticamente dalla nascita, l'ho trasmessa alla figlia e con gli anni peggiora: è che la neve, per me, esalta il lato più bello della parte domestica della mia vita, dai plaid della nonna con un bel libro giallo, fino alle tazze fumanti di cioccoalta calda. Da accompagnarsi, rigorosamente, con un dolce antico, di tradizione, di quelli che, già dalla preparazione, ti riportano indietro nel tempo, a quando queste cose le facevano la nonna e la mamma e tu, al massimo, potevi sperare di pulire la pentola o di avere un pezzetto di pasta cruda, in attesa che fosse tutto pronto. Una torta di mele, una crostata con la marmellata di prugne, un ciambellone soffice da prima colazione, per intenderci. Oppure un bel plum cake, come questo qui, preparato con la ricetta della prima land lady ( che sarà morta e sepolta da vent'anni, mi sa), un trionfo di canditi, di uvetta e di burro, uscito fragrante dal forno giusto ieri pomeriggio e che sembrava quasi aspettasse la neve, per essere mangiato.
    Quasi.
    Già, perché fra l'operazione di sforno e la nevicata, è arrivata la Cecilia.
    Che, per i due o tre che non lo sapessero, è la mia segretaria lionisitica- o meglio: l'incarnazione dell'idea platonica della segretaria: efficiente, puntuale, misurata in tutto...
    In tutto, tranne che negli appetiti.
    Mai vista persona mangiare di più, giuro: e questo a discapito dell'aspetto da "così piccola e fragile" per cui nessuno, vedendola, si immaginerebbe che dietro quelle fattezze preraffaellite e sotto quei chili di maglioni si nasconda uno stomaco senza fondo, da fare invidia ad intere colonie di struzzi.
    E' evidente che parlo a ragion veduta, forte delle decine di cene che l'hanno vista arrivare in rigoroso anticipo, con il solo intento di abbuffarsi prima dell'arrivo degli ospiti. Presentandosi sistematicamente con un " che cosa c'è da mangiare???" e finendo ogni volta per scegliere ora il bigné che tiene in piedi la montagna di profiterol, ora la tartina faticosamente incastrata in mezzo al piatto, ora rovinando tutti gli effetti artistici studiati per giorni dalla sottoscritta e realizzati con sudore, fatica e lacrime.
    E sorvolo sulla volta che, con l'intento di aiutarmi, si è fatta fuori tre quarti ( 3/4) del gelato che sarebbe dovuto servire a riempire un panettone da un chilo, sotto gli sguardi atterriti delle mie amiche che ancora non la conosncevano e che non osavano dirmi che, per ogni cucchiaio che finiva al posto giusto, ce n'erano tre che si ingollava beatamente giù dal gargarozzo...
    Ieri, ovviamente, non è stata da meno: giulio non aveva ancora finito di tagliare la prima fetta che già era sotto con la mano, "su, su, muoviti che c'ho fame", e poi un'altra e poi un'altra ancora, fino alla completa sazietà. dopodiché, cosa pensate che abbia fatto? Che mi abbia ringraziato, per averle dato la merenda? Che abbia fatto una novena alla befana, per aver avuto in sorte un'amica come me, che son vent'anni che la sostiene, tipo punto di ristoro ai raduni degli Alpini? Che abbia detto, " complimenti, che buono, mi dai la ricetta?"
    nossignori: prima si è fatta un garbato ruttino di gradimento che le vetrerie di casa hanno tintinnato per mezz'ora, dopodiché, guardandomi con fare accusatorio, ha sentenziato che c'era troppo burro e infine, non paga di quanto già non avesse fatto, ha iniziato a tirar fuori metri di rotolini di ciccia dalla cintura dei calzoni, dicendomi che adesso, per colpa mia, si sarebbe dovuta fare gli straordinari in palestra e un guardaroba nuovo. Il tutto, ovviamente, sorseggiando una pinta di camomilla- perchè il tè- guai al mondo- le sta indigesto...


    COCONUT BREAD

    cocco bread 1


    300 g di farina
    70 di burro
    150 di farina di cocco
    300 di zuchero
    2 uova
    2 cucchiaini di cannella
    200 ml di latte
    una stecca di vaniglia
    2 cucchiaini di lievito

    Far bollire il latte e mettere in infusione i semi di vaniglia.
    Far fondere il burro e lasciar raffreddare.
    Quando latte e burro sono a temperatura ambiente, versare tutti gli ingredienti nel robot da cucina e mescolare bene il composto: dovrà rimanere piuttosto liquido e un po' grumoso, a causa della farina di cocco.
    Imburrare e infarnare uno stampo da plum cake da un litro e mettere inn forno caldo a 180 gradi, modallità statica, per 50 minuti. Se dovesse scurire troppo in superficie, cuocete gli ultimi dieci minuti coprendo lo stampo con carta stagnola.
    Rispetto ai plum cake tradizionali, che partono da una base di 4/4, questo è molto più leggero: solo 70 g di burro e 2 uova, per un totale di almeno quindici fette di dolce...
    Perfetto così, ma anche con banane fresche ( io le odio e non lo farò mai, ma la morte sua mi sa che sia quella) oppure con altra frutta a picere. Se preferite che si senta di più il cocco, dimezzate la cannella o toglietela del tutto.
    Va da sè che il plum cake del post fosse quello very british, ma stavolta mi son messa a vento: la stiamo aspettando da un momento all'altro ( la Cecilia, si intende) e non sia mai che mi accusi di averle rovinato la prova costume...
    buon appetito
    alessandra

    domenica 14 giugno 2009

    I Lamington, l'Australia e i dolcetti

    Di Daniela





    lamington 016



    “C’era una volta, molti , molti anni fa, a cavallo tra ‘800 e ‘900, nella lontana Australia, un gentiluomo di nome Charles Wallace Baillie, Barone di Lamington, Governatore dello stato del Queensland. ….. Questo gentiluomo, era noto per essere molto goloso, oltre che per la sua estrema severità nei confronti della servitù, e così tutti lo temevano moltissimo e cercavano di accontentarlo sempre….
    Un giorno la sua cuoca, commise un gravissimo errore: bruciacchiò la superficie dello “sponge cake”, il dolce preferito dal Barone…..
    La poveretta cadde in preda ai più gravi tormenti: come fare a servire il dolce al goloso e meticoloso padrone senza essere duramente sgridata o magari addirittura licenziata…….”
    Bene, questo potrebbe essere l’inizio di una favola per piccoletti….. e invece sembra che sia la possibile causa della nascita di questi profumati e sfiziosi dolcetti australiani dalla storia piuttosto pittoresca .
    Per finirvi velocemente il racconto, vi dirò che la tradizione narra che la cuoca, per non far notare la bruciacchiatura, immerse il dolce, tagliato in pezzetti, in una morbida glassa di cioccolato, e poi, per non far sporcare le dita al nobiluomo, li rotolò nella farina di cocco.
    Altre versioni della storia parlano di cameriere affrante, o di cappelli di feltro come modelli del dolce o di lady Lamington golosa moglie del governatore….
    Anzi per la verità, questo dessert è così celebre che anche scozzesi e neo zelandesi ne reclamano la paternità.
    Gli scozzesi, trovando incredibili somiglianze tra il vello delle pecore, quasi simbolo nazionale, e il cocco che riveste i dolcetti, ne attribuisce la creazione ad una ingegnosa donna scozzese che li preparò la prima volta per dei tosatori di pecore itineranti.
    I neo zelandesi, invece per attribuirsene il merito storpiano il nome dei dolcetti in leamington o lemmington , dal nome di due loro città.
    Ma la sostanza non cambia
    Questo dolce è amatissimo dall’altro capo della terra, ed sarà una deliziosa scoperta anche per tutti quelli che non lo conoscono ancora qui da noi.
    Provate e sappiatemi dire, come sempre!!

    DOLCETTI LAMINGTON

    lamington 025



    Per 12 dolcetti ( dipende dalla “pezzatura però)
    · 500 gr di farina 00
    · 250 gr di cocco grattugiato
    · 125 di burro
    . 60 gr di zucchero
    · 2 uova
    · 1,2 dl di latte
    · 1 bustina di lievito in polvere
    · ½ cucchiaino di essenza di vaniglia
    Per la farcitura
    · 60 gr di burro
    · 50 zucchero
    · Gocce di essenza di vaniglia
    Per la glassa al cioccolato
    · 50 gr di cacao amaro in polvere
    · 3 cucchiai pieni di zucchero a velo
    · 20 gr di burro
    · Gocce di essenza di vaniglia

    Per la torta
    Scaldate il forno a 180°. Fate ammorbidire a temperatura ambiente il burro in una terrina e poi aggiungete lo zucchero e sbattete con la frusta (meglio se elettrica) il composto fino ad ottenere una crema omogenea e leggera.
    Unite poco alla volta la farina setacciata e incorporate le uova e poi il latte versato a filo come per la maionese. Poi unite l’essenza di vaniglia e mescolate bene.
    Qui la ricetta, scritta evidentemente solo per un eventuale maitre-patissier interessato dice “versate l’impasto in una teglia”, e uno (cioè io per esempio) si aspetta un specie di cremosa delizia che in morbide volute si deposita sul fondo di una teglia ….. No , mi dispiace deludervi ma non è così…. Io sono rimasta con l’ansia di aver sbagliato tutto, finché non ho assaggiato la torta il giorno dopo. Il composto risulta piuttosto denso e per metterlo in una teglia di 20 x 30 cm occorre aiutarsi con una spatola.
    Dopo averlo ben pareggiato, mettete la teglia in forno a media altezza per circa 30 minuti a 180°. Poi tiratelo via dal forno e dopo averlo fatto intiepidire sformatelo su una gratella per farlo raffreddare del tutto
    A questo punto la mia ricetta prevede di far riposare lo sponge cake per 12 ore prima di utilizzarlo. Io l’ho fatto, ma confesso che non ne capisco bene il motivo e non credo sia assolutamente necessario. In ogni caso, una volta raffreddata, tagliate la torta a metà in senso orizzontale e farcitela con la crema al burro ottenuta così:
    · fate sciogliere i 50 gr di zucchero con 2 cucchiai d’acqua e con qualche goccia di essenza di vaniglia, poi, dopo aver mescolato con la solita frusta, elettrica ove possibile, i 60 gr di burro, aggiungete lo sciroppo di zucchero intiepidito a filo sempre mescolando.
    Per amor di precisione va detto che i dolcetti originali hanno il ripieno fatto con marmellata di susine o di lamponi, ma questa nostra variante li rende particolarmente delicati. Comunque sono ottimi con tutte e tre le farciture.
    Ricomponete la torta, lasciatela assestare per qualche minuto e poi tagliatela in approssimativamente 12 quadrotti, come dice sempre il tipo strano che ha scritto la ricetta, anche se le misure non sono necessariamente obbligatorie….. io per esempio ho tagliato pezzi un po’ più piccoli, ma comunque indicativamente le misure sono queste.
    Preparate ora la glassa al cioccolato con il cacao (50gr) in polvere e lo zucchero a velo (3 cucchiai) setacciati insieme in un piatto fondo o una ciotola larga, sciolti con 0,8 dl di acqua bollente. Amalgamare bene, unendo poi il burro e le gocce di vaniglia.
    Ora viene il difficile: prendete i dolcetti uno alla volta e immergeteli nella glassa. Consigliavo prima una dimensione ampia della ciotola proprio per facilitare questa cosa non semplicissima.
    Appena il pezzetto è ricoperto mettetelo a sgocciolare su una gratella da pasticceria con un piatto o un foglio di carta sotto, per evitare di sporcare ovunque con le gocce di cioccolato in eccesso.
    Consiglio di effettuare questo passaggio con le mani: il risultato è decisamente migliore!!
    Ultimo suggerimento. A mano a mano che immergete i Lamington nel cioccolato la glassa si raffredda e si ispessisce. Dovesse accadere, riscaldatela a bagnomaria per qualche minuto o aggiungete poche gocce di acqua bollente. Se, come me, non foste dei piccoli Mozart della pasticceria, consiglierei di raddoppiare le dosi per la glassa: se ne spreca sempre un po’ e, così, non basta per ricoprirli tutti.
    Passato qualche tempo mettete la farina di cocco in un piatto e rotolateci dentro i dolcini.
    Risultato bello e soprattutto buonissimo!!!!
    Potete conservarli per alcuni giorni in un contenitore ermetico.
    lamington 002
    Buon tea time!!
    Daniela

    venerdì 29 maggio 2009

    Armiamoci e partiamo....Tarte aux cerises et chocolat


    di Alessandra


    tarte aux cerises et chocolat

    Io sono una che fa il tifo. Si, lo so che detto così è poco elegante, che fa tanto curva nord e che alla mia età starebbe meglio dire "che si schiera", ma a me questa è un'espressione che proprio non piace. Mi sa tanto di "politically correct", di strategico - meglio: di tattico- di mosse studiate a tavolino nell'attesa di entrare in gioco, al momento giusto, con la parte giusta. Io non sono per niente così: sono una specie di mediano di sfondamento, tutta cuore e viscere, che si emoziona e si esalta e si innamora, e coinvolge e trascina e travolge, e finché non si arriva fino in fondo, non c'è verso che mi dia una calmata. Faccio il tifo per un sacco di cose, ogni giorno: e se, a lungo andare, riconosco che ci sono alcuni punti fermi ( la libertà, per esempio, declinata in tutte le forme, dai diritti personali giù giù fino al significato del nome di mia figlia, o la giustizia, del rispetto della quale ho finito per farne una professione, o il Genoa, la sola bandiera sotto la quale mi riconosca sempre e comunque), è anche vero che ogni volta c'è ancora qualcosa per cui valga la pena di mettersi l'elmetto e partire in quarta, sia che si tratti dell'ennesima gabella iniqua del nostro Comune o dell'ultima discussione davanti alla macchinetta del caffè.

    ciliegie

    E' da ieri per esempio, che faccio il tifo per questa torta- e lo faccio con la stessa visceralità (stavolta, è proprio il caso di dirlo), con cui sostengo le altre cause; la ricetta proviene da uno dei milioni di libri che compro, sfoglio, riempio di "uuhhhh, aaaahhh, iiihhhhh" e promesse varie (questa la facciamo per tizio, quell'altra per caio) e poi finisco immancabilmente per dimenticare su qualche scaffale, sommerso dagli acquisti compulsivi dei giorni successivi. Il testo in questione è "Cioccolato, nuove armonie" di Rosalba Gioffrè, ed. Giunti, che cito solo per chiederle scusa delle numerose modifiche da me apportate all'originale, sicuramente migliore di questa tarte. Che però è una roba mai vista, un tripudio dei sensi, l'idea platonica della goduria somma, come si vede dalla prima foto, quella con lo sbuffo di cioccolato che cola denso e voluttuoso dalla crema frangipane e per cui so che siete già lì, fra lo sbavante e il maledicente, a dirmi che non è nè l'ora nè la stagione per indurvi in queste tentazioni. A parte che alla mia età, di tentazioni mi son rimaste queste e ben poche altre, l'ora è quella giusta (qui sono le 6.26, abbiamo una giornata intera per smaltire le calorie) e la stagione anche, perché se non le mangiamo adesso, le ciliegie, quando lo si fa più???? quindi, armatevi e partite e cominciate subito....

    TARTE AUX CERISES ET CHOCOLAT

    tarte aux cerises et chocolat

    per la frolla
    300 g di farina 00
    200 g di burro
    100 g di zucchero
    1 tuorlo
    scorza grattugiata di limone ( poca)

    per la crema frangipane al cioccolato
    120 g di burro morbido
    150 g di farina di mandorle ( o mandolre tritate finissime, con un cucchiaio di zucchero)
    2 uova intere
    1 cucchiaio di cacao amaro
    20 g di farina
    150 g di zucchero a velo (è preferibile, perché vi fa risparmiare un po' di tempo nelle operazioni di montaggio, ma non è fondamentale)

    400 g di ciliegie (il plurale è all'antica, chiedo venia, ma un'altra delle minoranze per cui faccio il tifo è la grammatica italiana)
    100 g di cioccolato fondente

    Si inizia dalla frolla, che si prepara impastando velocemente tutti gli ingredienti: la si stende in uno stampo da crostata e la si lascia riposare in frigo per un'oretta. Poi si fa una prima cottura in bianco, in forno statico a 170-180 gradi, per dieci minuti.
    Nel frattempo, si grattugia il cioccolato e si snocciolano le ciliegie
    Si prepara poi la crema frangipane, montando bene il burro con lo zucchero: per "bene" si intende, di solito, che i granelli dello zucchero semolato non si dovrebbero sentire più. Con lo zucchero a velo si fa prima. Si incorporano poi le due uova, una dopo l'altra, sempre montando con le fruste e in ultimo la farina di mandorle, la farina bianca e il cacao: l'aggiunta delle farine va fatta mescolando con un cucchiaio.
    Si prende il guscio di frolla e si cosparge il fondo di cioccolato tritato; poi, vi si adagiano le ciliegie snocciolate e si versa su tutto la frangipane, livellandola bene con una spatola. Di nuovo in forno, alla stessa temepratura di prima, per mezz'ora.
    Teoricamente, bisognerebbe lasciarla raffreddare e poi glassarla con qualche filo di cioccolato fuso, fatto scendere dal cono di carta forno. Per me, è stata già una fatica erculea aspettare che si raffreddasse per poterla sformare ( appena esce dal forno è molto molle, ma non vi preoccupate, la frangipane fa così, si consolida dopo), figuriamoci se stavo a perder tempo con le decorazioni. Perfetta per la colazione, il tè delle cinque, il fine pasto, la merenda, lo spuntino di mezzanotte, la pausa caffé e qualsiasi altra occasione ci sia per potersela mangiare.
    Per inciso, io e la Dani abbiamo rischiato la morte (siamo entrambe allergiche alle ciliegie), ma per voi questo e altro...
    buona giornata
    alessandra




    Questa ricetta partecipa alla raccolta " Ma com'è rossa la ciliegia", indetta da Rosso di Sera

    http://rossa-di-sera.blogspot.com/2009/05/ma-come-rossa-la-ciliegia-parte-la.html





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