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venerdì 14 maggio 2010

Fred Vargas- Prima di morire , addio


Ho smesso di darmi i pizzicotti, pregando che si trattasse di un incubo, solo quando ho appreso la rassicurante notizia che l'ultima pubblicazione della Vargas targata Einaudi altro non è se non il terzo romanzo, in ordine cronologico, di un' autrice che, sino ad oggi, ci aveva abituato a ben di meglio. Fino a quel momento, però, avevo seriamente temuto che avessimo perso pure lei, come già era successo con la Cornwell e con altre scrittrici di successo, la cui vena letteraria è caduta sotto i colpi di contratti micidiali che, in cambio di un libro l'anno, promettevano sonanti dobloni. Invece no, per fortuna: è solo la solita casa editrice che, perseguendo nella sua scellerata operazione di pescare a caso fra le pubblicazioni della Vargas, ha dato alle stampe questo Prima di Morire, Addio, giocando nuovamente sul fraintendimento dell'"ultima uscita".
Di fraintendimenti, poi, ce ne sono molti altri, a cominciare dalla copertina- che ritrae la tonaca di un Porporato- e per finire con l'insistenza dell'ambientazione del romanzo in Vaticano, quasi che una signora scrittrice come Fred Vargas avesse bisogno del traino delle evocazioni di Dan Browne&Co per poter invogliare i lettori all'acquisto dei suoi libri.
Non a caso, il Vaticano resta sullo sfondo, relegato ad un ruolo di semplice scenario, essenzialmente strumentale al rafforzamento della trama e del profilo dei personaggi: e se mai di scandalo c'è traccia, questa va ricercata più nelle morbide pieghe di segreti dal sapore rinascimentale, evocati sin dalle prime pagine con il furto dei disegni di Michelangelo,che non nella spietata freddezza da intrigo internazionale a cui ci si è abituati, da qualche tempo.
Un furto di un disegno del Buonarroti è dunque il punto di partenza di questa indagine, che si dipana ben presto su tre fronti: quello della polizia italiana, chiamata a fare il proprio dovere, quello di un investigatore francese, cooptato per insabbiare la verità e, infine, quello dei tre Imperatori, Tiberio, Claude e Nerone, tre ragazzi francesi che studiano a Roma e che, dietro i loro soprannomi, nascondono di tutto- qualità, debolezze e segreti.
Ovvio il paragone dei Tre imperatori con i tre Evangelisti (Chi è morto alzi la mano che, se non vado errata, è il romanzo che segna l'esordio di questi ultimi è del 1995, un anno dopo la pubblicazione di Prima di morire, addio), meno ovvi quelli dell'investigatore francese e di Laura con Adamsberg e Camille: la critica ce li ha tirati dentro, perchè non sene poteva fare a meno, ma le affinità, se mai ci sono, restano sbiadite, sullo sfondo.
Ciononostante, la Fred Vargas che conosciamo e che amiamo è di là da venire, sia nella trama che nei personaggi che nello stile: scontata la prima, poco credibili i secondi, privo di tensione l'ultimo. Gli equilibrismi sul filo sottile con cui la scrittrice ci ha conquistato qui appaiono solo a tratti e l'immagine è proprio quella di un atleta che affina la propria arte attraverso errori e cadute. Il che, se da un lato ci dà la misura della straordinaria capacità narrativa della Vargas quando è in forma, dall'altro ci lascia un retrogusto di insoddisfazione, un morso a un frutto acerbo, in mezzo ad altri già del tutto maturi.
Ve lo presto...:-)
ciao
Ale



6 commenti :

  1. E allora dobbiamo vederci per forza!!! ;)))

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  2. Non mai letto nulla della Vargas, ma ho dato un bel calcio alla Cornwell parecchi anni fa!
    Vorrei provare a leggere almeno uno dei libri della saga di Adamsberg, immagino mi convenga partire col primo in ordine cronologico, oppure non è strettamente necessario?
    Hai qualche consiglio da darmi in merito?
    Thanks :-)

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  3. ho letto tutti i libri della vargas...meno questo, che, non so perchè , mi sapeva un pò di "bufala"...mi spiacerebbe che la vargas diventasse una scusa per far soldi sfruttando la fedeltà dei suoi lettori...:-(

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  4. anch'io ho letto tutti i libri della "vargàs", alcuni anche in francese, e dire che l'adooooooro è poco! ovviamente ho comprato anche quest'ultimo e ho volutamente ignorato il commento di ale per non farmi anticipare nullamaproprionulla. anche se un vago presentimento ce l'avevo... ecco, adesso ho finito il libro e ho letto il commento su MT: ale, ma sei stata anche fin troppo generosa! diciamolo: questa storia fa acqua da tutte le parti ed è anche un po' noiosa, i personaggi sono descritti così male ma così male che non si riesce neanche ad immaginarseli, roma poi... secondo me la vargas non ci è mai nemmeno stata e vi dirò di più, questo libro non l'ha neanche scritto lei!! vabbè, forse esagero, ma sono veramente, veramente delusa...
    cristina b. - milano

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  5. Uno dei campanelli d'allarme più plateali per far sorgere il legittimo sospetto che un romanzo sia una "sòla", sta nella scelta di nomi propri dei personaggi che suonano assolutamente poco credibili, in una lingua diversa dalla propria.

    In qualche caso sono proprio stonati, inconsistenti: cognomi che "sembrano" italiani ma in realtà sugli elenchi telefonici italiani proprio non esistono, oppure cognomi tipicissimi di una certa regione che vengono piazzati in un'altra completamente fuori contesto.

    Oppure, nomi di battesimo apparentemente corretti, ma del tutto fuori fase con l'età e con l'ambiente sociale del personaggio, abbinamenti di nome e cognome completamente stonati che nessuno userebbe davvero, o banalità disarmanti.

    Come a dire, per capirsi... se uno descrivesse il personaggio di una signora settantenne veneta e la chiamasse "Jessica Cannavacciuolo", o se chiamasse "Lapo" un poliziotto siciliano di mezza età, o "Giuseppa" una sedicenne discotecara di Siena, farebbe ridere i polli, o sbaglio? Nonostante tutti quei nomi, potenzialmente, esistano davvero...

    E lo stesso valga per la più elementare descrizione planimetrica di una città, o per le espressioni tipiche dei personaggi locali.

    Ma santa pazienza, uno non può farsi rileggere la bozza da un madrelingua e farsi dire se c'è qualcosa che stona?

    saluti
    Lisa

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  6. Lisa, ho riso dal secondo paragrafo del tuo commento in poi. Il "Lapo" e la Giuseppa cubista sono due chicche imperdibili (sulla Jessica Cannavicciuolo, invece, i miei ricordi di insegnante in zone depresse mi rimandano moltissime Samanthe Lo Cascio, sorelle di Rosaria e Carmelo, "ma io son nata qui, prof"
    e mentre facevo 'sto collegamento, mi son detta..."sta' a vedere che pure la lisa..." e ho fatto un salto sul tuo blog. Ora sto cercando una valida autogiustificazione per il terzo caffè, perchè voglio vedere come va a finire quella degli UFi (http://paniscus.splinder.com/post/22986430/lo-sbarco-degli-ufi-alla-castalia-creativa-prove-orali-iv) ma se non sveglio la famiglia fanno una strage qui- e un'altra in ufficio.
    Torna a trovarci, ti prego
    ale

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