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martedì 9 novembre 2010

Mandilli de saea cu u tuccu (lasagnette al sugo alla genovese)


"mandilli cu tuccu"


Com'era quella della Grecia conquistata, che aveva conquistato i vincitori? Non me ne vogliano gli amici Romani, ma con noi Genovesi questa massima non vale, quanto meno non in riferimento ad un oggetto all'epoca di lusso e comunque indizio di raffinatezza estrema, quale appunto il fazzoletto. Se non fosse stato per noi Genovesi, infatti, i Bizantini avrebbero continuato a soffiarsi il naso con le dita o sulle maniche dei vestiti, come facevano tutti, nei secoli -in questo senso- bui del Medioevo: il che, mi si conceda, ne avrebbe offuscato la fama di cultori dell'eleganza e delle buone maniere. Vi immaginate cosa avrebbero riportato le cronache del tempo se gli ambasciatori del resto del mondo fossero stati ricevuti da sovrani che , anzichè accoglierli con tutti gli onori, avessero passato il tempo a tirar su col naso? e che fine avrebbe fatto, il famoso "fuoco greco", se agli artificieri fosse venuta la febbre da fieno? Spento sotto una trafila di starnuti? Giammai....
Quindi, come vedete, noialtri de Zena ci arroghiamo una buona fetta di merito anche in questo campo: perchè, nel Medioevo, siamo stati i più grandi esportatori al mondo di fazzoletti. Che da noi, però, si chiamavano "mandilli", forse dall'arabo mindil o da mantile, termine con cui nella strada dal latino classico al volgare veniva indicata la tovaglia.
Ancor oggi, "mandillo" significa fazzoletto, come sa bene chi parla ancora il Genovese. I foresti, invece, lo associano a due altre realtà cittadine: la prima è il Santo Mandillo, la nostra Sindone, per dirla in breve, intorno alla quale ruota da secoli la devozione popolare della città: uno di questi giorni ve ne parlo, perchè merita davvero.
L'altro mandillo- anzi: gli altri "mandilli" sono invece le nostre lasagne, che la tradizione vuole che si tirino sottili come un fazzoletto di seta: mandilli de saea, infatti, è il loro nome completo e prevedono una lavorazione lunga, col mattarello e con almeno una buona mezz'ora di asciugatura.
Si mangiano per tradizione col pesto o col tuccu, il sugo di carne dell'arrosto, che di solito costituisce la seconda portata e sono talmente sottili che, una volta, si facevano cuocere a due per volta, per evitare che si rompessero in cottura.
Neanche a dirlo, la ricetta codificata non c'è.
Su Mandilli de Saea, di Franco Accame, una specie di bibbia per i gastronomi genovesi, la ricetta riporta le dosi classiche di un etto e un uovo, ma mia madreinorridirebbe- e mia nonna ancora di più, visto che in casa nostra la pasta si è sempre fatta senza uova, al massimo con l'albume o col vino bianco.
In ogni caso, io vi riporto entrambe le versioni e poi decidete voi quale preferite

Mandilli de Saea

"mandilli cu tuccu"
500 g di farina
5 uova intere
1 cucchiaio di semola
1 cucchiaio di olio

(versione senza uova)
500 g di farina
200 ml di acqua
sale

Anche i procedimenti variano un po':
nel primo caso, bisogna impastare bene tutti gli ingredienti, tirare la sfoglia sottilissima col mattarello e farla asciugare su una tovaglia pulita, per una mezz'ora. Dopodichè, la si taglia in tanti riquadri, grandi come un fazzoletto da signora e li si fa cuocere a due o quattro per volta in acqua bollente salata, scolandoli bene con la schiumarola

nel secondo caso, si ottiene una pasta più dura e il riposo non va inteso come un'asciugatura. Quindi, si impastano tutti gli ingredienti, si fa una palla e la si fa riposare avvolta nella pellicola, per una mezzoretta. Dopodichè, si procede come nella versione precedente

Importantissimo: a mano a mano che scolate i mandilli, metteteli in una zuppiera calda, con il condimento già pronto: pesto allungato con acqua calda oppure tuccu, caldo anch'esso e mescolate ogni volta, con grande attenzione

Per la ricetta del sugo di carne, anche qui ognuno ha la sua
io sono partita da un pezzo di manzo che avevo in frigo, comprato per fare una farcia e non utilizzato, l'ho fatto rosolare in olio extravergine e poi ho aggiunto un bel trito di sapori: carota, sedano, cipolla, aglio e rosmarino. Ho bagnato con mezzo bicchiere di vino bianco, ho aggiunto 3 o 4 cucchiai di passata di pomodoro, brodo fino a coprire il pezzo di carne e poi ho coperto la pentola, ho abbassato la fiamma e l'ho lasciato lì.
Ovviamente, dopo due ore stava bruciando, perchè mi sono dimenticata di avere l'arrosto sul fuoco e sono andata a fare la spesa: grazie al cielo, l'ho salvato in tempo e ho proseguito la cottura secondo copione, aggiungendo brodo di volta in volta. Calcolate comunque 3 o anche 4 ore, in una pentola non a pressione: la carne deve disfarsi e i sapori si devono stemperare nel sugo, facendolo diventare denso e profumato. Una bontà.

Buona giornata
Ale

29 commenti :

  1. Sono sottilissime e la foto lo dimostra con quelle drappeggiature deliziose sulle quali il tuccu si appoggia morbidamente: ci vuole arte e pazienza, non c'è dubbio!
    Quindi non è la classica lasagna che poi va in forno?
    Quanto mi piacciono!!!

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  2. Questi "mandrii" sono una bonta' e il tuccu poi, fantastico........ricetta per le prox festivita' senza alcun dubbio........
    Grazie!
    diana

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  3. Per quanto riguarda la preparazione del "tuccu", non è una modalità che ricorda il metodo napoletano?.......Chissà quello che facciamo a casa mia, a cosa corrispone!!!???

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  4. Bella la storia dei mandilli, non ne sapevo niente! Ma nella zuppiera quale versione di pasta hai? senza uova? E' comunque bella gialla...
    Mi sembra buonissima, da fare la prossima domenica!
    un bacione

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  5. Che bello una volta tanto rivedere i mandilli....su di un blog poi!!
    Ero convinta di continuare a farli solo io, in casa mia piacciono tantissimo a tutti.
    Nella mia versione decisamente meno uova, su 500gr. di farina ne metto 3, ma io ne metto meno anche in tutti gli altri formati, mia suocera poi ne mette solo uno.....e sì che è strapiena di galline!!

    Bacissimi, Fabi

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  6. Una scoperta!
    Non ne conoscevo nemmeno l'esistenza...direi che mi sono persa molto in questi anni!
    Buonissimi!

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  7. Meravigliosi, Ale!!!
    Sai che non sapevo la storia dei fazzoletti?

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  8. Che fame che mi sono ricordata di avere appena ho visto queste meravigliose lasagnette........ bbbbone!!!!!

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  9. Milena, no, in forno no. Noi genovesi la tradizione della pasta al forno non l'abbiamo: la nostra è una cucina povera di materie prime (non abbiamo l'aia, il cortile, pochi boschi e il mare, per noi, è stato una via di comunicazione, non una fonte di sostentamento), ma ricca di inventiva e di sapori. Mi fa piacere che si veda la differenza fra i nostri mandilli e le altre lasagne, perchè è la trasparenza della pasta a renderle così uniche.

    Diana, mandrii, da voi?
    E quando li mangiate, nelle feste? qui, all'Epifania (l'unico caso in cui le chiamiamo lasagne, per questioni di rime :-)

    Giulietta, più o meno sì. E' l'antenato della Genovese, che prende il nome proprio dai cuochi che da Genova erano venuti a Napoli nel periodo della dominazione aragonese ed erano soliti preparare il sugo in questo modo. La Campania, terra più ricca, ha aggiunto più grassi- il prosciutto, il lardo, il salame, ma la concezione di partenza è la stessa: cioè la carne cotta nel sugo con cui poi si conidsce la pasta. E se ci pensi bene, chi se non i Genovesi, avrebbero potuto inventare un 2x1 gastronomico?
    Dimmi come è la tua ricetta, che poi la confrontiamo

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  10. Giulia, con le uova. Ho seguito la ricetta del sacro tomo- che non è quella di casa mia. Da noi, pure la sfoglia dei ravioli è senza uova: vino bianco e/o albume. Ma lì ci vogliono le mani fatate di mia mamma... magari uno di questi giorni la metto sotto e la fotografo mentre lavora, perchè anche quella è una ricetta da tramandare.

    Stefania, grazie. Sono quei piatti di una volta, dove l'olio di gomito era il vero condimento ...

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  11. Fabi, sto pensando di mettercele tutte, sul blog, le ricette di casa nostra. Considerato la mamma/suocera che mi ritrovo, sarebbe un peccato. Come dicevo più sopra, noi le uova solo nel ripieno. Ma avevo la ricetta "sedicente originale" sotto il naso e non ho resistito al richiamo :-)

    Cranberry, la gastronomia genovese è un mondo a parte. Spesso poco conosciuto, offuscato da alcuni piatti, ma è un trionfo di sapori, di profumi, di tecniche raffinate e -soprattutto- parla mille lingue. E' davvero un peccato che sia così poco nota. Quasi quasi davvero mi ci dedico un po'..

    Mapi, oh yeah. Pure i blue jeans, son roba nostra :-)

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  12. Acquaviva, mi stavi venendo in mente, quando poco fa dicevo che la nostra cucina parla molte lingue. Genova è stata l'incarnazione del crocevia, in tutti i sensi- da quello commerciale a quello culturale, inteso nel'accezione più vasta del termine. Siamo da sempre un popolo senza pregiudizi, ma senza fanfare- un po' come il Pescatore di De Andrè- che ha accolto tutti in una grandiosa lezione di civiltà che ci viene ricordata ogni giorno, nella quotidianità del nostro dialetto, che pullula di nomi arabi, greci e anglosassoni, e nella quotidianità della nostra cucina.
    Davvero, bisognerebbe che mi decidessi a parlarne un po' come si deve....

    Eli :-) così, all'improvviso???
    Mirtilla: tipicissima, a cominciare dal nome

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  13. Devono essere squisite e complimenti alla mamma che fa la pasta senza uova, come si usava da noi in tempo di guerra. Viene durissima, praticamente impossibile da tirare con il mattarello, almeno per me. Mia nonna ci riusciva e narrava di tagliatelle fatte con 1 kg di farina e 1 uovo.

    Il libro di Accame l'ho anch'io, me lo regalarono una vita fa dei colleghi di Genova. L'ho solo letto e non mi sono mai azzardata a cucinare nulla, sarebbero state pallide imitazioni.
    Credo che bisogni avere nella memoria un sapore familiare per cercare di ripodurlo.

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  14. Sai che nemmeno avevo mai sentito parlare dei mandilli. A questo punto please non dimenticare il post sul Santo Mandillo. Non sapevo dell'origine della cosiddetta "genovese" anche se ad onor del vero è un sugo bianco, certo poi in ogni famiglia con le sue varianti.
    Una domanda perchè è la cosa che maggiormente non riesco ad immaginare...ma come sono i mandilli fatti con l'albume o col vino bianco? Hanno un retrogusto particolare?
    Bella ricetta e bel post, me lo sono goduto dalla prima all'ultima riga :)

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  15. silvia, il sapore familiare fa la differenza: dà il la, anzitutto, la spinta per partire e per aggiustare via via. e per capire meglio,ora focalizzando, ora ampliando gli orizzonti. La sfoglia con l'albume ve la faccio, prometto. Ma a mia mamma viene morbidissima...
    Mario, vedi sopra. Epperò, la genovese è un sugo bianco? ma sai che non lo sapevo? e senti: visto che ormai andiamo in tandem:-) perchè non ci facciamo un post a 4 mani, io col tuccu zeneize e tu con la Genovese napoletana?
    cosa dice, è una bella idea- o una belinata? :-)
    ciao
    ale

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  16. Per me è ok. Dammi il tempo di organizzarmi e la preparo anche. Considera che l'"aureolata" ha un suo debole per la genovese. Certo poi per l'alito tocca non uscire di casa per un paio di giorni almeno ma quella è una conseguenza sopportabilissima! :P ahahhahaahahaha

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  17. Il ragù di casa mia è un "classico" di carne tritata di vitello fatta rosolare in un "battuto" di aglio, cipolla e carota. Quando la carne si presenta asciutta si aggiunge il vino (io preferisco quello rosso), lo si fa sfumare e poi si aggiunge il concentrato di pomodoro; dopo poco si aggiunge la passata di pomodoro, e si fa cuocere lentamente e lungamente.... Io non lo amo: mi piace poco il ragù "sottile" (come lo chiamo io)e preferisco quello un po' più grossolano con l'aggiunta di fegatini di pollo e salsiccia.....e un po' di peperoncino: quest'ultimo, il vero tocco della gioa di vivere!!!;-). Con queste aggiunte credo si tratti di un ragù di impronta toscana...come è giusto che sia a casa mia. Ma mia madre ha sempre sostenuto che trattasi di ragù non gradito ai genovesi.... Non so se sia vero dal momento che ho visto diversi genovesi ...gioirne!!!

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  18. Confuterei l'assioma materno pure io, visto che già solo a leggere gli ingredienti sto sbavando sul pc :-) Figurati ad assaggiarlo...
    Ma la domanda che mi pongo è un'altra: e com'è che non partecipi all'emmetichallenge, TU???????
    :-)
    ciao e grazie
    ale

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  19. E' un po' diversa dalla nostra genovese, ma la base è quella ;-)
    Io l'avevo boicottata perché volevo i donuts!!!
    Fabio

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  20. ridoooooooooooooooooooo :-)
    domani ci sarebbe l'xfactor, ma magari faccio un "post appost" con le ciambelle :-)
    in cambio, una pentola di genovese doc, ok???
    ciao

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  21. Ale, baratto accettato!...ma io voglio anceh questo tua fantastico piatto!!! :-P
    Baci
    Anna Luisa

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  22. Nel volume classico di GB e Giovanni Ratto "La cuciniera genovese" sono riportate queste dosi per le "lasagne": 1 uovo ogni 300 gr di farina.

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    1. Grazie. Avevo seguito un'altra fonte, Mandilli de saea, per le ovvie suggestioni del titolo. Io, comunque, impasto sempre senza uova, al massimo con albume.

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  23. La ricetta della pasta all'uovo riportata da Accame è quella classica della tradizione emiliana (1 uovo ogni etto di farina).

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  24. a prescindere dal fatto che gradirei sapere con chi parlo, spero che tu non voglia mettere in discussione la competenza di Franco Accame in materia di gastronomia genovese. Tant'è che, a differenza dei Ratto, lui riporta anche la versione più antica e più vicina all'originale, vale a dire quella senza uova.

    Infatti, a rigor di territorio, io avrei da dissentire anche sulla ricetta riportata dalla Cuciniera, visto che la più antica tradizione genovese non preve l'uso di tuorli nella pasta, che una volta veniva tirata col vino bianco e, successivamente, con gli albumi. A casa mia, per esempio, si è sempre seguita quella come per altro ho scritto a chiare lettere, nell'introduzione alla ricetta.

    E' verissimo che noi Genovesi usiamo meno uova di tutti, nel tirare la pasta: ma è altrettanto vero che i mandilli, in origine, di uova non avevano traccia.

    ti aggiungo una cosa: con tutta che ci son cresciuta sulla Cuciniera, non reputo del tutto corretto pensare a questo ricettario come alla raccolta delle ricette originali della nostra terra : ho 46 anni, sono genovese da non so quante generazioni e ricordo i miei vecchi (nonni, ma soprattutto bisnoni e prozii) che dissentivano apertamente da certe ricette riportate in questo libro, specialmente per quanto riguarda l'uso della carne e delle uova. La Cuciniera infatti si limita a codificare le ricette della tradizione della mia terra successivamente all'unità d'Italia e in certi casi si sforza anche di presentarle alla maniera "italiana" (considera che fu scritta nel 1863, due anni dopo l'Unità), anche per attenuare quelle caratteristiche di cucina "povera e parsimoniosa" che da sempre connotano i nostri piatti.
    anche le tre uova, quindi, non vanno bene: di sicuro rispondono meglio alla nostra tendenza ad alleggerire i piatti, ma sono troppe,, rispetto al "numero zero" dell'originale
    spero di essere stata chiara
    ciao

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  25. Sono solo un appassionato di cucina. Sono interessato alle ricette 'storiche' e in particolari a quelle liguri tradizionali-originali. Ovviamente non è neppure nelle mie più remote intenzioni mettere in discussione la competenza di Franco Accame. Nella mia inesperienza pensavo di trovare nella Cuciniera un valido sussidio, invece la lettura della tua risposta (mi permetto di 'darti del tu') ha gelato le mie rosee speranze.

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