o meglio, come sempre: quel che resta, dei Quaresimali, perchè, a dispetto del nome, hanno fatto la fine degli altri biscotti che incontrano il favore dei palati di casa mia: van giù come noccioline e non c'è "te peniteat" che tenga. Neanche a dirlo, a fare le spese della golosità dei miei cari sono stati i più belli, quelli nella forma canonica delle ciambelline, con i finocchietti canditi sopra, che son robe che si trovano solo a Genova, belli da vedere quasi quanto da mangiare- mentre quelli in foto son gli esperimenti della prima infornata, fatti un po' alla "come viene viene", per testare la temperatura e la permanenza nel forno perchè con le mandorle, si sa, non si scherza- e con i quaresimali ancora meno.
Fatta la legge, trovato l'inganno, recita un proverbio vecchio quanto il mondo, alle cui lusinghe non furono immuni, a quanto pare, neppure le pie Sorelle Agostiniane del Convento di San Tommaso che, forse più degli altri, si sarebbero dovute attenere alle ristrettere alimentari dei quaranta giorni prima della Pasqua, che bandivano del tutto i grassi dalle nostre già parche mense.
Ora, che le mandorle non sian grasse, è tutto da dimostrare: io sono la prima a gloriarmi, tronfia e soddisfatta, di far torte senza olio nè burro, ma solo con una quintalata di mandorle dentro che, chissà come mai, restan soffici e morbide. Ma di fronte a forme di burro giallo e a padelle con due dita di olio che sfrigola, un po' di olio di mandorle è un peccato veniale: e ancor più doveva esserlo a quei tempi, dove magari non tutti potevano essere a conoscenza di tutte le proprietà nascoste degli ingredienti, ingenue suorine incluse.
Ma che le mandorle, a Genova, fossero meno che un lusso, questa è cosa difficile da mandar giù: intanto perchè non sono una coltura che si presta ai nostri terreni; e poi perchè noi le abbiamo quasi sempre conosciute sotto forma di marzapane. Chiamto così, sia chiaro: perchè in origine "marzaban" era una scatola di legno che si usava a Cipro per misurare questa meravigliosa pasta a base di farina, mandorle e zucchero e che poi, dalle coste di quest'isola, partiva per approdare al nostro porto, sotto la voce "roba da scignuri". I poveri, state tranquilli, al massimo ne sentivano il profumo- e di sicuro se lo sognavano di notte.
La cucina dei conventi, però, si sublima nell'uso della frutta secca, che tocca nella pasticceria le sue punte più alte. E' un dato di fatto, una legge implacabile a cui tutto si piega, anche la severità di un calendario liturgico e la poca generosità di una terra come la nostra. E così, nei secoli, a Genova, in Quaresima, le Agostiniane sfornavano queste ciambelline, rendendo meno greve il peso del digiuno del venerdì e delle ristrettezze degli altri giorni.
Quando però, verso gli inizi dell'Ottocento, il convento venne demolito per far spazio a quella che oggi è la nostra piazza più "salottiera" ( mia nonna si alzava di dieci centimetri, quando diceva "Piazza Raffaele De Ferrari", mia figlia butta lì un "ci vediamo a deffe"), la ricetta dei Quaresimali corse il serio rischio di andare perduta. A recuperarla, fu pronto il già grande Pietro Romanengo, fondatore ed eponimo della più famosa pasticceria genovese (quella che candisce i petali di rosa, che fa i fondant e che vende la manna- perchè per tutti fu un dono del cielo, ma noi ve la vendiamo), che si affrettò a mettere subito in produzione questi dolcetti, con un tale successo che il nostro quotidiano locale, che allora si chiamava Popolo d'Italia, nel 1868 scrisse: «...durante la Quaresima il suo laboratorio trovasi al massimo dell' attività per il gran smercio di marzapani di cui Romanengo non ha e non avrà mai rivali e di cui ogni buon cattolico può farsi una corpacciata senza tema di dar poi gusto al demonio...»
A voler essere precisi, indemoniati lo sembriamo noi, appena iniziamo a mangiare uno di questi biscotti. Perchè, come vi dicevo, creano dipendenza. Grazie al cielo, costano una fortuna e questo, da noi più che altrove, è un ottimo deterrente: però, almeno una volta all'anno ci si casca e mai come in questo caso si invoca la pesa delle anime di San Michele- che di leggero, saran rimaste solo quelle- forse...
Dunque, come dicevo all'inizio, questi Quaresimali sono quelli "di prova": siccome son venuti quasi buoni, li rifaccio senza dire niente a nessuno, e li posto con tutte le forme canoniche. Però, l'impasto base è questo, per cui la ricetta e soprattutto i tempi di cottura sono ok.
Le forme canoniche sono tre:
a losanga, con lo stesso impasto base, senza acqua di fiori d'arancio, ma con marmellata di fichi o limoni- e si chiamano mostaccioli
i cosiddetti "marzapani", biscottini rotondi, fatti cuocere su un'ostia, leggermente scavati al centro e poi riempiti con un fondente di zucchero variamente aromatizzato. Questi sono i prossimi che pubblico.
In ogni caso, si preparano tutti con la stessa ricetta, che è quella che segue
per una trentina di biscotti
250 g di mandorle spellate (o di farina di mandorle, della migliore qualità)
150 g di zucchero a velo
2 albumi più uno per spennellare
30 ml di acqua
20 ml di acqua di fiori d'arancio *
farina (q.b. per rendere più solido l'impasto)
Tritare le mandorle finemente e passarle al setaccio. Unire lo zucchero e gli albumi non montati e mescolare bene con un cucchiaio di legno. Unire l'acqua di fiori d'arancio e poi, a poco a poco, l'acqua.
Due cose importanti
La prima, riguarda l'acqua di fiori d'arancio: non ho ancora trovato due ricette che vadano d'accordo: si va da un cucchiao a 100 ml! il che, francamente, mi spiazza un po'. Molto dipende dal tipo di aroma che usate. Mi duole dirlo, ma quelli dei supermercati non sono il massimo: per cui, lì forse potete anche abbondare. Mentre se usate prodotti da pasticceria, allora possono davvero bastarne poche gocce. In entrambi i casi, dovete venire a patti con la dose di acqua, che serve per rendere morbido l'impasto.
E qui arriviamo al secondo punto: secondo me, 50 ml di liquido, esclusi gli albumi, ovviamente), possono andar bene; considerate che poi va aggiunta un po' di farina,ma non tanta, solo quello che basta per poter stenere l'impasto col mattarello senza che vi si appiccichi dappertutto, direi che la dose giusta è quella. Però, siamo sempre lì: ogni tipo di ingrediente assorbe a modo suo. Quindi, aggiungete il liquido poco per volta. Iniziate sempre dall'acqua di fiori d'arancio, che è ciò che fa la differenza. E poi vedete voi se è il caso di aggiungere acqua o meno.
Per quanto riguarda la farina, stessa vaghezza su tutti i ricettari: ovvio, no?, se si è vaghi sul liquido, poi si è per forza vaghi sulle dosi dell'ingrediente che dovrebbe assorbirlo. io ho fatto così: ho spolverato bene il piano di lavoro e il mattarello e ho iniziato a stenedere la pasta di mandorle: se vedevo che si attaccava, aggiungevo un altro po' di farina, ma mai direttamente all'impasto, sempre sul piano di lavoro. In questo modo, ho ottenuto dei dolcetti morbidissimi.
Cottura: forno abbastanza alto, (180 gradi), modalità rigorosament statica, pochissimi minuti. Appena si staccano dalla carta da forno, tirateli via, che son pronti. Io li ho lasciati due minuti di più e ho sbagliato (è questo, il punto da migliorare). Ovviamente, vanno spennellati con l'albume prima di essere infornati e ricperti con finocchietti , codette, quello che c'è.
questa ricetta partecipa ad una bellissima raccolta, organizzata da Marcella, di MelaZenzero e dedicata alla cucina di magro: se come noi amate la tradizione e avete qualche piatto tipico di questo periodo, mandate le vostre ricette a questo indirizzo, per contribuire ad un'iniziativa che, a dispetto del nome, è ricca di storia e di sapori.
A presto, con le altre versioni,
ciao
ale
...mitzica, che lezioncina! Nel quaresimale io rivelo la mia poca "ligurietà". Nel quaresimale riscopro la preponderanza delle radici toscane. In casa mia i quaresimali sono sempre entrati pochissimo (solo in questi ultimi anni, a Pasqua, per inusuale iniziativa di uno dei miei zii, toscano pure lui!). Però questa ricettina mi stuzzica e non va lasciata perdere; al tempo stesso, per non smentirmi, eviterei quelli con i confettini di finocchio che non mi sono mai piaciuti. Giulietta P.S. Ero io anche ieri ;-)
RispondiEliminaBellissimo questo racconto sull'origine di questi biscotti, che ovviamente proprio non conoscevo! Le mandorle tritate danno origine a talmente tante delizie, in tutti i mesi dell'anno. Da provare ! ( secondo te i semi di finocchio si riescono a caramellare in casa?? No eh.....?)
RispondiEliminaE noi neppure li conoscevamo!! al sapore mandroalto e con le varianti mermellatose o profumate! si si, son da fare in quaresima!!!
RispondiEliminaun bacione
...non vale... proprio oggi, che sto per partire! ma mi rifaro' al ritorno! e magari avrai gia' presentato tutte-tutte le ricette dei favolosi quaresimali
RispondiEliminase li fai con la farina di riso (e se ce ne va qb va più che bene usarla al posto di quella di grano) sono pure GF!
RispondiEliminabellini...
Evviva la tradizione! Dopo il bellissimo post sul pesto, quello sui quaresimali che aspettavo! E' la ricetta che vi avevo chiesto la scorsa settimana e che puntuale come promesso è arrivata :) Le dosi me le avevate già fornite ma per essere più sicura ho aspettato il post completo. Per prepararmi, il weekend scorso sono proprio andata dal buon caro (in tutti i sensi :)) Romanengo a prendere la loro acqua di fiori d'arancio (dato che è di buona qualità, ne servirà meno di 20 ml?) - I suoi quaresimali però non li ho provati poichè poco prima ahimè lo avevo tradito con l’assaggio di quelli di Tagliafico (comunque squisiti eh!). Andare nel negozio di Romanengo è come fare un piccolo viaggio nel passato – il suo negozio è un gioiello che una volta ogni tanto va visitato. Vi farò sapere l’esito degli esperimenti con i quaresimali – Baci, Sara
RispondiEliminaQui a Firenze invece i quaresimali sono dei biscottini rigorosamente senza grassi (ma con albumi, nocciole e cacao) fatti a forma di lettere dell'alfabeto.
RispondiEliminaDa bambina il mio massimo divertimento era pescarne un po' dal sacchetto e disporli sulla tavola a comporre una parola, poi mangiare qualche pezzetto di biscotto (per esempio la gamba della R per trasformarla in P) e creare una nuova parola.
Praticamente l'enigmistica applicata alla pasticceria.
Paradiso paradiso assicurato per chi li fa e li regala!!!!
RispondiEliminaLa mia mitica mammotta, Nonna Ibidi li fa! li fa deliziosi anche se ormai li fa storti e ranghi come vecchietti.
Fa le ciambelline con i confettini colorati e le losanghe rigorosamente farcite di marmellata.
Però lei di farina non ne mette assolutamente. Questa non la sapevo, vedi che c'è sempre da imparare!!!!!
Baxi genovesi
Vitto
Manca solo il link alla mia raccolta, perché per il resto... è perfetta! :-)
RispondiEliminahttp://melazenzero.blogspot.com/2012/02/raccolta-la-cucina-di-magro-i-piatti.html
.. e pensa che ho postato lo stesso la ricetta, con la foto sgarruppata, per te... ma ti rendo conto, di dove ho la testa??? :-) aspetta che sistemo tutto!
Eliminache delizia leggere la storia di questi biscotti, i semi di finocchio canditi mi stuzzicano da morire, prepara un sacchettino la prossima volta che vengo a Genova!!
RispondiEliminaLi proverò sicuramente,ultimamente mi sono appassionata ai biscotti
Cris
questi sono un must. ma dopo, non sarà più semplice passione :-)
Eliminama che carini!!! li voglio fare!!!
RispondiEliminaTi aggiudichi il Blog award Backlog!!!
rido!!! questa è bellissima!!!!!!!
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