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domenica 26 aprile 2009

Racalmuto- Enna- Piazza Armerina- Caltagirone- Ragusa Ibla (e, buon ultimo, Ciccio Sultano)

Racalmuto- Enna- Piazza Armerina- Caltagirone- Ragusa Ibla (e , buon ultimo, Ciccio Sultano)



Ci svegliamo con la pioggia e con le immagini del terremoto sullo schermo del televisore che la nostra land lady tiene acceso, mentre ci serve la colazione. siamo finiti in una fattoria, appena fuori Racalmuto, dove veniamo accolti con ogni riguardo- pure la camomilla all'ingegnere e tre metri di pane cunzato da portarsi dietro nel viaggio. La signora è una giovane matrona siciliana, con pochi anni più di me e tre figli sposati e con prole, che, finiti i convenevoli, inizia ad informarsi con tatto del perché abbiamo una figlia sola: " E' capace, su' marito??" Apro la bocca per rassicurarla, ma subito attacca con il miracolo della fattoria lì accanto, con un parto gemellare di una donna di 53 anni " che la menopausa fa brutti scherzi, signura mia bbella... sia mai che tocchi anche a lei, tre bei gemelli, tutti in una volta sula..." Non faccio tempo a declinare l'augurio che vengo salvata dal nostro Presidente del Consiglio, la cui apparizione sullo schermo, in disinvolto cachemire post calamità, ha il potere di ammutolire la mia interlocutrice. Anzi, con la coda dell'occhio scorgo pure uno strano movimento, che viene ripetuto ad ogni inquadratura di Berlusconi. Guardo meglio e non ho dubbi: la signora si segna. lo fa con gesti veloci, un po' furtivi, consumati, e arriva pure a mandargli un bacio dalla punta delle dita, chiosando fiduciosa che" ora arriva il berluscona e mette tutto a posto lui"...

Ce ne andiamo carichi come muli (u' pani cunzatu, lo sfinciuni, la pizza fredda del giorno prima)
, direzione Enna, sotto un cielo che non promette niente di buono. Quando arriviamo a destinazione, sembra di essere tornati indietro di una stagione (oltre che saliti di un migliaio di chilometri più a nord)





Di Enna ammiriamo il bel duomo barocco (specialmente l'interno, visto il freddo..), nonché il caffè adiacente, dove ci fiondiamo all'istante, prima di affrontare la salita al castello, passando per la casa che fu di Cicerone ( e non ridete, insomma: vale solo per Napoleone e Garibaldi????), al tempo dell'inchiesta contro Verre







A fianco del castello, svetta la statua di Euno
, lo schiavo che capeggiò non so più quale rivolta contro i Romani nell'antichità e che divenne poi eponimo della città. Il monumento è dei primi anni Sessanta, quando iniziava a spirare il vento di libertà, come si può notare da mille indizi, a cominciare dall'audace posa dell'eroe e dall'altrettanto audace paragone con l'uomo a cui Euno spiegò la strada, addirittura quell'Abramo Lincoln che liberò "l'infelice turba dei negri", così come recita fiera la targa lì accanto




Da Enna scendiamo a Piazza Armerina, attraverso lo scempio ambientale del lago di Pergusa: qui, secondo il mito, avvenne il rapimento di Persefone, sorpresa da Ade mentre stava raccogliendo i fiori, ma l'unica cosa che ricordi l'episodio è la violenza che è stata perpetrata al paesaggio e alla fauna dell'unico lago naturale della Sicilia, per valorizzare il quale si è deciso di costruirgli intorno un bel circuito automobilistico, che lo costeggia, preciso preciso....niente foto, il nervoso me lo tengo per me...


A Piazza Armerina diluvia e noi, tanto per cambiare, non abbiamo l'ombrello. Ci viene in soccorso uno dei tanti- troppi- abulanti che vendono souvenir e con soli 3 euro incellofaniamo la creatura, che saltella stile cotechino fino all'ingresso della Villa.del Casale Dopo trent'anni, è tutto come allora- il disordine, la scarsa illuminazione, lo scotch che fissa gli interventi di restauro, le sale parzialmente chiuse, la folla che si ammassa lungo le impalcature del percorso obbligato. Ma, nonostante tutto, dopo trent'anni, è la stessa anche l'emozione-e non conta se gli anni del liceo sono finiti, se in mezzo sei cresciuta, maturata, invecchiata e inacidita. Ci dev'essere un angolino, nel cuore, che preserva le emozioni e te le fa ritrovare lì, potenti come allora, pronte a scatenare gli stessi effetti di un tempo, come se nulla fosse cambiato. Una specie di freezer dei sentimenti- ma senza nessuna data di scadenza, se, dopo tutti 'sti anni, resto ancora senza fiato, folgorata da una bellezza che travalica il tempo, il degrado, l'incuria e l'ignoranza- e pazienza se fuori diluvia, vorrà dire che resteremo qui dentro ancora per un po'....




Bagnati fradici, ci dirigiamo verso Caltagirone, altro bollino blu dell'Unesco, esteso questa volta a tutta la città, famosa nel mondo per le sue ceramiche. Ci arriviamo alle due del pomeriggio, sotto un cielo plumbeo che di più non si può e che certo non giova ai colori delle ceramiche, che di fatto non spiccano per niente. I negozi sono quasi tutti chiusi, la creatura è riuscita a liberarsi dall'avviluppo e attacca a dire che ha fame, io comincio ad essere stanca, Giulio non trova parcheggio, insomma, gli auspici perché qualcosa non fili come dovrebbe già al terzo giorno di vacanza ci sono tutti...Proviamo a ristorarci con tre sfincioni freddi e insapori e 4 piattini di ceramica (questi non ce li siamo mangiati, ma erano i regalini per gli amici).. si era capito o no???) ed iniziamo la scalata degli oltre cento gradini del monumento più famoso della città, l'imponente scalinata che negli anni Cinquanta è stata tutta abbellita con mattonelle dipinte a mano da volenterosi artigiani locali.






ed è qui che mi viene di nuovo il nervoso- e me ne viene pure tanto, ad essere sinceri: a vedere come, accanto ad uno sforzo collettivo dei cittadini di Caltagirone, che le provano davvero tutte per rendere più piacevole la loro città, l'amministrazione o chi per essa risponda con il degrado, l'incuria, l'abbandono. Ho visto cespugli di erbacce crescere sulle facciate di chiese barocche belle da lasciare senza fiato, vetrate con inferriate divelte o vetri rotti, graffiti ed altre scritte che più che dell'arte, hanno il sapore del'inciviltà e il tutto non in quartieri periferici o suburbani, ma lungo i lati della scalinata- quindi, si presume, nel salotto buono della città. e questo in barba all'impegno dei cittadini, alla cura con cui abbelliscono i lampioni, le targhe stradali, i numeri civici, qualsiasi cosa alla loro portata, insomma, con gesti che trasudano infinito amore per i luoghi dove abitano e una costanza che non conosce frustrazione e che per questo commuove.






Siccome con tutte 'ste commozioni la vacanza inizia a prendere una piega melensa, decido di virare verso il brivido e mi metto al volante. La strada che da Gela porta a Ragusa è ancora costellata da bunker, resti dello sbarco americano in Sicilia e si trasformano, per noi, in un anticipo di via Crucis, visto che la strada è a una corsia e davanti a me si piazzano, nell'ordine, un furgone, un trattore, una micra guidata da un ottantenne che porta la madre e la nonna a fare la spesa e, buon ultimo, una specie di jeep con i portelloni basculanti, che si aprono ad ogni buca dell'asfalto ( vale a dire, di continuo). Scalo la marcia e, mentre osservo il panorama, non posso esimermi dal pensare a quanto siano più furbi i cugini d'oltralpe, che hanno fatto un monumento alla storia laddove noi ci facciamo una raffineria.



A Ragusa Ibla dormiamo qui- e tanto basta a riconciliarci col mondo.




Un sole tardivo ci illumina la porta del barocco siciliano ed è tutto un restare a bocca aperta, di fronte a simili meraviglie.....




... e visto che la bocca, ormai, è aperta, seguiamo i consigli della guida (Lonely??? Routard???) e ci dirigiamo verso quella che è ritenuta dall'autore la migliore gelateria della Sicilia, anzi d'Italia, anzi d'Europa, anzi no: dell'Universo intero. Volete una risposta sincera???? ma sincera sincera sincerissima, che se dico una bugia non mangio più un gelato in tuta la mia vita?
E' quasi vero. soprattutto nei gusti di gelato al moscato e di carruba (che se lo dico a mio padre, che ora è diventata un gusto chic, gli prende un colpo- lui è quello che " ha fatto la fame" v. Le Ceneri di angela, e le carrube gliele davano come surrogato del cioccolato, in tempo di guerra...)



A Ragusa Ibla tutte le strade sono bianche e gli edifici pure: ne troviamo uno sulla cui funzione il marito e la creatura cominciano a ironizzare, dandosi gomitate e sogghignando all'indirizzo della sottoscritta, che onestamente non ci trova nulla di spiritoso, ma tant'è, per dovere di cronaca, metto la foto....




Sempre per dovere di cronaca, Ragusa Ibla è stata il set di un sacco di film, da Divorzio all'Italiana alle varie puntate del commissario Montalbano: lungo le vie, ci sono cartelli esplicativi, del tipo " questa scena è stata girata qui" e cose simili: decidiamo di seguirli tutti e ci ritroviamo all'interno del teatro comunale, che è una specie di bomboniera, con velluti e gocce di cristallo a profusione.



Qui c'è una mostra fotografica sullo sbarco americano in Sicilia, corredata da un documentario- il che, in casa nostra, significa trovarsi un posto comodo e iniziare a fare luuunghi pensamenti, perché appena mio marito sente parlare di "seconda Guerra Mondiale" si blocca all'istante e puoi avere anche un appuntamento col Padreterno che devi aspettare che lui finisca di aver visto e sentito e toccato tutto.(e vi lascio solo immaginare cosa sia stata per noi la vacanza in Normandia, che un incubo, al confronto, è una scemata, non foss'altro perché dura meno di quindici giorni...)



Stavolta, però, non ci annoiamo per niente: il documentario è ben fatto, veloce ed avvincente e le fotografie strepitose. Mentre le commentiamo, si avvicina un signore anziano che inizia a chiacchierare con noi e ci racconta di essere uno dei pochi testimoni ancora vivi di quegli anni. Lo fa con un tono di voce basso, pacato, tanto che realizzo con un secondo di ritardo la portata di quello che ci sta dicendo, quando racconta di come, a tredici anni, vide suo padre e il suo migliore amico, un ragazzino come lui, venir presi ed uccisi a sangue freddo dagli Americani. Da lì in poi, è solo un parlare per immagini, con lui che scappa per la campagna, viene fatto prigioniero, riesce di nuovo a scappare, a tornare a casa, a raccontare l'accaduto ad una madre incredula e disperata. " Li chiamano liberatori" , ci dice, una punta di amaro, nel solito tono di sempre. Suo figlio, che mai conobbe il nonno, ne ha voluto ricordare la memoria dedicando la sua vita a studiare quel periodo: è lui l'autore del documentario e il curatore della mostra. Io ho un groppo in gola. Gli stringo la mano, compro il suo libro ed esco veloce. Mia figlia mi segue, intreccia le sue dita alle mie e mi dice piano che ha imparato più cose oggi che in un intero anno di scuola. Il sole tramonta su Ragusa, tingendo di rosa la facciata di San Giorgio. Ce ne torniamo abbracciate verso l'albergo.
Ciccio Sultano ci aspetta.

3 commenti :

  1. Bellissimo diario di viaggio, cara, e come dubitare? Vivissime descrizioni, e piacevolissima lettura. Molto belle le foto, ed ho riso al racconto della vacanza in Normandia... perché anche io, appassionata di storia, mi ci sarei persa... capisco Giulio... ed anche te! Bellissimo il Duomo di Ragusa, invogli a fare un tour poco battuto... la Sicilia è davvero splendida! Ottima la segnalazione della gelateria, e ricordo che anche mamma rabbrividisce al sentire nominare le carrube (anche lei ha fatto la guerra)...

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  2. Sei certamente un'ottima compagnia per un viaggio, sai guardare e non solo vedere.brava
    diana

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  3. Ale, che meraviglia! partirei subito...
    (ah:spero di non attirare le ire di nessuno: ho assaggiato le carrube, tanti tanti anni fa e mi sono piaciute da morire!)
    Paola

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