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sabato 25 aprile 2009

uno di troppo

Il genere del giallo ha delle regole: per i più pignoli, sono state addirittura codificate da S.S. Van Dine, ma è fuori di dubbio che chiunque si cimenti in romanzi la cui trama è essenzialmente incentrata su un'indagine- sia che si voglia sfidare il lettore, sia che lo si metta al corrente degli sviluppi- sa benissimo che non si può imbrogliare. Gli indizi devono esserci tutti e- quel che più conta- devono anche seguire un filo logico: sta all'abilità dello scrittore celarlo agli altri, ma guai a barare con i proprio lettori.
Anche la lingua italiana ha delle regole: ne ha così tante che neppure i più pignoli avrebbero voglia di sentirsi ricordare i fondamenti della morfologia, della sintassi, dell'analisi grammaticale e del periodo. Ciò non toglie, però, che esse siano necessarie per assicurare un minimo di comunicazione e diventino fondamentali qualora ci si faccia chiamar scrittori e si decida di pubblicare un libro.
O meglio: almeno, così credevo, fino a quando non mi sono imbattuta in “uno di troppo”, opera d'esordio di Marco Tiano, venticinquenne siciliano con la passione del giallo, per promuovere il quale, all'interno di un sito dedicato alla lettura, non si è esitato a scomodare Agatha Christie.
Inevitabile la corsa in libreria, la prenotazione del libro, l'acquisto a cuor leggero nonostante per quella cifra si comprino almeno 3 romanzi della regina del Mistery ma per l'erede di Agatha si fa questo ed altro, che diamine!. E inevitabile- anzi: pungente e dolorosa, con picchi di assoluta incredulità- la delusione successiva, iniziata sin dalle prime pagine del romanzo, connotato da subito da una prosa piatta e infantile, con svarioni talmente inverosimili da farmi chiedere, più e più volte, se stessi leggendo un capolavoro dell'assurdo e se, invece che ad Agatha, dovessi pensare ad Eugene.
A pagina venti, mi sono convinta di soffrire di una rara disfunzione cerebrale, per cui leggevo in italiano corretto e percepivo in modo errato;
a pagina 30, ce l'avevo con il mondo, a pensare a quanti autori degni di questo nome accumulano rifiuti dalle case editrici- blasonate e no- per lasciar spazio a certe schifezze
a pagina 40, cominciavo ad organizzare qualche lettura pubblica, con premio finale per chi fosse riuscito a leggere tre capoversi senza sbellicarsi dalle risate
a pagina 50, ho chiuso il libro, decidendo di non pensarci più.
Torno purtroppo sull'argomento perché, collegandomi al sito in questione dopo oltre un mese di assenza ed immaginando di vedere il libro coperto di miserie, non solo lo trovo circondato da un firmamento di stelle ( è il gradimento), ma addirittura l'autore è inserito in uno spazio tutto suo dove, fedele a se stesso- e quindi in modo sgrammaticato, enfatico e borioso- riceve i complimenti dei lettori e conta le copie vendute, alla soglia della prima ristampa.
Io mi tocco se ci sono, dicono a Genova. E siccome ci sono, purtroppo, in barba ai mie studi classici, alla mia strenua difesa del congiuntivo, alla costante attenzione alle letture di mia figlia e alla convinzione che l'uso corretto della lingua italiana sia uno dei migliori biglietti da visita che possiamo avere a disposizione, ho deciso di regalarvi alcune perle dell'Opera in questione, tanto per farvi sorridere un po':
Partiamo dalla conoscenza del vocabolario ( trattasi dell' ABC, sia chiaro, non dell'alpha-beta-gamma...)
“ ebbi l'idea che quella mappa fosse alquanto scaduta” ( p. 12)
“..altrimenti sarebbero reliquari chissà dove” (p. 13) – ( “relegati”, ovviamente- ed ora potete cominciare a ridere)
“..il celebrissimo “ Impression al sol levant” (p. 18)
“ il famigerato Palazzo Pitti”- (p. 33)
“ con il suo solitale tono chiaro” (p. 59)
“la vetrina era chiusa soltanto da un'esile fermatura”( p. 59)
e passi ostinarsi a chiamar “ corriera” il pullman per turisti, ma far diventare “corriere” il povero autista!!!
Sconcezze lessicali:
“dopo aver ordinato egregiamente le pietanze”: lo fa due volte, una a pagina 14, l'altra, purtroppo, mi è sfuggita. Ora, in una vita intera spesa per buona parte fra pause pranzo e ristoranti, io ancora non so cosa significhi ordinare “egregiamente”: quasi quasi, chiederei all'autore di invitarmi a cena...
“ mi scontrai con la figura di Chanelle”- anche questo gli piace, perché lo ripete più e più volte, così come “personalità” al posto di “persone”. Come ho detto, mi sono fermata dopo qualche capitolo, ma non mi sarei sorpresa se mi fossi imbattuta in ectoplasmi e poltergeist. Scontradomici, naturalmente. Sorvolo sul nome della fanciulla, ma gli echi ilarytottiani rimbombano, eccome...( e vi prego, non infierite ricordandomi che anche er pupone ha scritto un libro...)
“ sorridendo con affare grottesco”- astenersi doppi sensi
“l'emozionante fontana del Nettuno”- neanche nelle peggiori promozioni degli Uffici turistici
“ ci prendemmo di coraggio; almeno che”, sono altre espressioni a cui l'autore è affezionatissimo, tanto che la seconda la ripete per tre volte in dieci righe...
Sconcezze grammaticali:
“nonostante la notte precedente andai a dormire abbastanza presto” ( p. 24)
“ ucciderei chiunque lo renderebbe infelice” (p. 44)
“ se non la si osservasse bene, un turista distratto avrebbe potuto scambiarla..” (p. 50)
“ a prima vista non si direbbe che fosse una bella ragazza” (p. 56)
Sconcezze varie
“ si recarono nel famosissimo museo internazionale degli “Uffizi”, la quale visita era facoltativa” ( p. 30)- evidentemente, lui non c'è stato..
“ ..una conclusione così singolare e possibilmente esatta” (p. 55) ah, all'inizio sostene di capire l'italiano “ abbastanza discretamente”(p. 11)
“ diminuii subito il mio passo” (p. 19)
“ le parole di quella strana signora, pronunciate con tale particolare calma, riproducendo quasi il tintinnio di un'affilata lama, rimbalzarono da una parete all'atra, attraversando le nostre orecchie” (p. 52)
Umorismo involontario
Nota preliminare: è tutto vero. Non ci ho aggiunto neanche una virgola, giuro)
“Dopo aver ordinato egregiamente le pietanze con le quali avevo intenzione di cenare, senza consultare il menù, mi dedicai al mio passatempo, girando lo sguardo e le orecchie attorno, er osservare i presenti. Mi diverte farlo ancora oggi quando salgo in metrò..”-p. 14. Per cui, ragazze, siete avvisate: se, la prossima volta che prendete la metropolitana, verrete fissate intensamente da uno dei passeggeri, controllate subito se gli girano gli occhi e le orecchie: in quel caso, tenete pronta una copia del libro, che magari gli gira anche il dito e ve la autografa...
Le descrizioni delle donne:
quella sera, aveva i capelli lisci e ritti (!!! che piastra usa???) ai lati del volto e i due occhietti neri, tanto vicini, le conferivano un aspetto quasi imbecille (!!!!); nonostante ciò, quella volta i suoi occhi sembrarono non essere vicinissimi, riuscendo a suscitare in me ciò che poche donne riuscirono fino allora (p. 18)
“...le sue gote rosse adornate da splendidi boccoli ramati” - p. 16 (... la Bronza di Riace...??!!!!)
“Esse ( le “dolci spalle”) erano tenute scoperte soltanto da quella possente scollatura, che lasciava trasparire l' eleganza, soppiantata solitamente dal suo atteggiamento aggressivo, che esplodeva e sgorgava nella sua più totale purezza quando il silenzio prendeva il sopravvento” (p. 23)
infine, l'autore, che dice di essere architetto, non conosce la differenza fra tetto e soffitto ( p. 18, ripetuto almeno nelle prime 70 pagine altre volte), ha una conoscenza a dir poco sconcertante della storia dell'arredamento ( “le librerie...sono originali e risalgono al Quattordicesimo secolo, insieme al tavolo e alle relative sedie”- p. 57, ah, eccolo qui: l'altissimo Tetto a cassettoni, sempre p. 57), è affascinato dalle stampe che riproducono quadri famosi (p. 18), turbato dai corridoi (p. 19) ed ha strane ispirazioni nel bagno, da lui definito “ un luogo dove non ci si sofferma per molto e che intimorisce un po', soprattutto quando qualcuno ci ha appena preceduto”-p. 19.
Potrei andare avanti all'infinito, con una descrizione di Firenze esilarante, dove ci sono monti e trenette al pesto, oltre che castelli dell'Innominato, o con rifermenti alla cultura classica da far cadere le braccia- dall'apollo greco alla macroscopica confusione fra Orfeo e Morfeo, uno svarione ripetuto per altro due volte- e qui, sarebbe il caso di dirlo, è proprio “uno di troppo”...
il titolo, forse, è l'unica cosa azzeccata in un romanzo ( romanzo??) che fa a pugni con la tradizione del giallo classico, con le regole della narrazione, con la struttura della nostra lingua: uno di troppo,appunto, di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.
O no?
buona giornata

5 commenti :

  1. Grande Aleee! Mi sono sbellicata dalle risate... la prossima volta che andremo al ristorante, ordinerò anche io egregiamente le trenette al pesto in quel di Firenze... con una possente scollatura che lascia scoperte le dolci spalle... e starò bene attenta, in metropolitana, alle orecchie che girano... Grazieeee, è davvero uno di troppo... se lo conosci lo eviti!

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  2. "uno di troppo" di Marco Tiano??? me lo sono segnato......DA NON COMPRARE MA NEANCHE DA RICEVERE GRATIS........braccia rubate all'agricoltura!
    diana

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  3. Ti dirò, Ale... leggendo la tua recensione mi è venuta voglia di leggerlo, Uno di troppo.

    Come libro comico, non come giallo, s'intende. :-D

    Roba da matti.

    Se ti capita, leggi (ma fattelo prestare, non sprecare € 14,50 per comperarlo!!!) Rasoterra di Giorgio Zeme e fammi sapere che ne pensi... o meglio: non leggerlo, che è meglio!!!!

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  4. Questa non l'avevo mai letto...sono ancora piegato in due :D
    PS
    Sono gustificato se passo a risponderti al resto con più calma ?!?! ehehe

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