di Alessandra
Confesso che ho sempre fatto una fatica bestia a far capire Leopardi ai miei alunni: per quanti sforzi facessi, infatti, non riuscivo mai a far arrivare a quel branco di adolescenti fra l'annoiato, l'incavolato e lo svanito la profondità della sofferenza dell'uomo, la sua sensibilità raffinata e complessa, la desolazione di una solitudine tanto più opprimente quanto più forzata. "E' un povero sfigato, prof", mi ripetevano di continuo, facendomi piombare nella frustrazione più cupa, con tanto di metaforiche testate nel muro e inevitabili, lancinanti, interrogativi, che andavano dal "chi me lo ha fatto fare" al più inquietante "dov'è che sbaglio".
Alla prima domanda, ho risposto dieci anni fa, con un bello "sbam" della porta- non troppo metaforico- sulla faccia del provveditore, rinunciando per sempre a quella che pensavo sarebbe stata la mia unica e vera professione; per la seconda, invece, si è dovuti arriviare a domenica, quando la suocera, dopo la consueta puntatina in campagna, mi ha sommerso- per nulla metaforicamente- di tutti i prodotti del suo orto. E vi giuro che, dopo una mattinata passata a pulire la cucina, a sistemare il frigo, a svuotare gli armadietti e ad aspettare Mastrolindo per i complimenti di rito trovarsi la casa invasa da mirtilli, zucchini e menta non è stato per niente divertente.
Il problema è che l'orto della suocera non è come tutti gli altri orti normali, dove la produzione è scandita da regole più o meno fisse, tipo il ciclo delle stagioni, per esempio, o l'umidità del terreno o tutto quanto fa manuale da perfetto giardiniere. Nossignori, troppo semplice: noi abbiamo un orto umorale, che produce quando gli gira e, soprattutto, quanto gli gira. E a questo punto, aggiungere che la quantità dei suoi frutti non è mai in accordo con le nostre esigenze è del tutto superfluo.
Per dire, io stavolta stavo godendomi il bloggo. Che non è 'sta roba su cui scrivo, ma ne è semmai la conseguenza nefasta, visto che, passati gli entusiasmi dei primi tempi, la voglia di cucinare si è estinta, senza nessuna speranza di ripresa. Stranamente, in famiglia la cosa è stata accolta con serenità, anzi, azzarderei con sollievo e anziché tentare di rianimarla, è stato tutto un fare a gara a chi trovava il take away più sfizioso o il ristorante più carino. Tanto che mi stavo convincendo che, dietro tutto questo daffare, non ci fosse il terrore della ripresa degli esperimenti culinari, quanto un sincero e spassionato amore nei confronti della sottoscritta, bisognosa di riposo e di attenzioni.
Sul più bello, ovviamente, è arrivata mia suoc...ops, l'orto di mia suocera, con la roba di cui sopra: ed è stato allora, di fronte a mirtilli che rotolavano dovunqe, zucchini che pungevano, foglioline di menta che vomitavano terra da tutte le parte, che ho avuto il mio primo, unico, vero contatto viscerale con la carogna leopardiana- quella dei giorni migliori, per capirci, quando stava inchiodato immobile nel letto, con gli occhi incollati dalla cispi, la schiena zavorrata dalla gobba, il respiro bloccato dall'areofagia notturna a mitraglietta e la madre fuori che urlava " e che ti alzi, giacomo, che te li dò io i paralipomeni", e- in mancanza di mogli, figli e fidanzate- non restava che prendersela con la natura matrigna.
Io gliene ho dette di peggio, alla natura, la quale, leopardianamente, non ha battuto ciglio, lasciandomi lì a dover pulire, tagliuzzare, impacchettare e surgelare, fino a notte fonda, quando finalmente me ne sono andata a dormire, con la cucina ridotta a un campo di battaglia e la convinzione che semmai, l'indomani, avessi avuto I Canti in programma, sarei riuscita a dare il meglio di me...
COSCIOTTO DI AGNELLO CON DOUBLE MINT SAUCE
Salsa alla doppia menta
Per quella roba che vedete in foto, sono andata ad occhio, recuperando almeno tre manciate di menta e frullandole bene con un cucchiaio abbondante di zucchero di canna. Nella ricetta originale, ci sarebbe voluto il mortaio, annotazione che aggiungo per mero scrupolo storico, ma su cui non intendo soffermarmi oltre. Dopodiché, ho allungato con un'emulsione di aceto di mele e di acqua ( due parti di aceto e una di acqua), in cui io ho aggiunto un cucchiaino di zucchero di canna e un pizzico di sale, incorporandola a filo, nella salsa, sempre mescolando: un po' come per fare la maionese, per capirci, con la differenza che questa non è una salsa densa, ma fluida. Rispetto alla mint sauce solita, è diventata molto, molto più scura e compatta, a causa della quantità (doppia) di foglie di menta e il risultato è stato più che soddisfacente.
Cosciotto di agnello in salsa alla menta
1 cosciotto di agnello del peso di circa un chilo e mezzo ( meglio se ve lo fate disossare e preparare dal macellaio)
aglio
rosmarino
olio
Tipica ricetta inglese, quindi facile e piuttosto veloce. Fondamentale è il massaggio della carne e va fatto prima con uno o due spicchi d'aglio sbucciati, poi con un velo d'olio (basta ungersi le mani e procedere). Lo si guarnisce con dei rametti di rosmarino ( se è il caso, praticare dei tagli nella carne e infilarli lì) e poi lo si inforna a 200 gradi modalità statica per la prima mezz'ora. Si abbassa la temperatura a 180 gradi e si porta a cottura, rigirandolo dopo circa 45 minuti. I testi sacri parlano di un'oretta- un'ora e venti, voi regolatevi a occhio: quando è bello dorato e trasuda i suoi succhi, è pronto.
toglietelo dal forno, lasciatelo intiepidire avvolto in un foglio di alluminio e servirlo accompagnato da un cucchiaio di mint sauce e da pane all'aglio
buona giornata
alessandra
Cosciotto di agnello in salsa alla menta
1 cosciotto di agnello del peso di circa un chilo e mezzo ( meglio se ve lo fate disossare e preparare dal macellaio)
aglio
rosmarino
olio
Tipica ricetta inglese, quindi facile e piuttosto veloce. Fondamentale è il massaggio della carne e va fatto prima con uno o due spicchi d'aglio sbucciati, poi con un velo d'olio (basta ungersi le mani e procedere). Lo si guarnisce con dei rametti di rosmarino ( se è il caso, praticare dei tagli nella carne e infilarli lì) e poi lo si inforna a 200 gradi modalità statica per la prima mezz'ora. Si abbassa la temperatura a 180 gradi e si porta a cottura, rigirandolo dopo circa 45 minuti. I testi sacri parlano di un'oretta- un'ora e venti, voi regolatevi a occhio: quando è bello dorato e trasuda i suoi succhi, è pronto.
toglietelo dal forno, lasciatelo intiepidire avvolto in un foglio di alluminio e servirlo accompagnato da un cucchiaio di mint sauce e da pane all'aglio
buona giornata
alessandra
Trapela una vera disperazione dalle tue parole. Io l'orto non ce l'ho, ma a volte qualche amico mi rifornisce di vegetali, i più disparati e che in quel preciso momento non mi servono, oppure sono io che mi lascio attirare dal camion che viene dalla campagna con prodotti genuini( a dimostrazione di tale genuinità la lattuga è avvolta dalle foglie più dure, le carote con la terra attaccata e così via)Dal momento che mai farei torto ad un amico o alla mia tasca mi ingegno a conservare nel modo migliore possibile e a consumare quanto più presto ( altrimenti che senso hanno le verdure appena raccolte).
RispondiEliminaQuanto a Leopardi, io sapevo in anticipo a quale ostacolo i miei alunni sarebbero andati incontro e cercavo di smorzare il loro entusiasmo per il pessimismo del nostro che li trovava partecipi, data l'età delle mille domande. Quando davanti alla spiegazione della natura del pessimismo leopardiano ero costretta a rifarmi a Lucilio a leggere brani a volte ostici, vedevo svanire il loro entusiasmo, mi sentivo un po' colpevole, ma anche soddisfatta: avevo frantumato un mito, riportandolo alla sua vera essenza. So che questo su L è uno sproloquio, ma colpa tua che mi hai richiamato in mente giorni faticosi, occhi inesperessivi di giovani studenti,la loro delusione e la voglia di andarsene a fare qualcosa di più interessante.Ciao Rosalba
ciao, io ho sul balcone, una piantina rachitica, che mi è stata regalata e che non sono riuscita ancora a far crescere perche' vado sempre a spuntarla (mi servono giusto due foglie, ma oggi domani e dopodomani la piantina resta sempre ...
RispondiEliminarachitica) mi sa che ne andro' a prendere una un po' piu' corposa, per il resto la ricetta mi piace molto ed il racconto leopardesco, se posso dire, di piu'.ciao
diana
Non so dirti se ho gustato di più la ricetta o il racconto che l'ha preceduta.
RispondiEliminaIl primo è stato gustato appieno, per la seconda il gusto è stato parziale e dovrò attendere tempi più adatti (tipo l'autunno e gli amici ritornati dalle ferie, nonché il mio proprio ritorno dalle ferie e dalla dieta) ma mi ripropongo di realizzarla alla prima occasione.
Un abbraccio, carissima!
Rosalba, tutto giusto. Però, noi abbiamo dovuto munirci di congelatori semi professionali, perché o mangiavamo zucchine anche a colazione- e per un mese di fila, oppure ci facevamo qualche scorta per l'inverno. E non ti dico cosa succede con le bietole... un incubo!!!!
RispondiEliminaDiana, per questa salsa la menta della piantina non va bene: ce l'ho anch'io, bella rachitica, e mi serve giusto per darmi l'illusione di mettere un po' di aromi freschi nelle cose che faccio..
Mapi, io sono ingrassata- mi fermo qui, perché sennò mi ritorna la carogna leopardiana- metabolismo patrigno.....