Prima che una recensione, questo commento è un'ammissione di colpevolezza. Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Vi ricordate quando avevo detto che questo libro mi sapeva tanto di boiata? E che lo avevo scelto solo per il nome della protagonista, già pregustando chissà quali giochi di parole con i creativi di menuturistico? Ecco: mi sono sbagliata. Dalla A alla Z.
Se fossi rimasta della mia idea, però, stavolta sarei stata in buona compagnia, viste le stroncature che sono piovute addosso a questo libro da ogni parte, critica autorevole e lettori di best sellers inclusi. Tutti o quasi, infatti, lo hanno trovato deludente, piatto, molto nippon esteriormente ma del tutto scialbo e inconsistente sotto il profilo dei contenuti e della trama. Un pessimo romanzo, insomma, per dirla senza tanti giri di parole.
Per quanto strano possa sembrare, questo è un giudizio su cui convengo. Nel senso che se si tratta questo libro come un romanzo, allora i difetti sono tanti e tali da non poter invocare nessuna assoluzione: la trama è inverosimile, la scrittura è piatta, i personaggi non hanno nessuna introspezione e meno che mai si analizzano i rapporti fra di loro, a cominciare da quello fra la madre e la figlia, tanto decantato dalla quarta di copertina.
Se però si legge questo libro come una favola, allora le cose cambiano, eccome: perchè in una favola l'inverosimile, i personaggi fissi, il procedere per sequenza narrative non solo ci stanno, ma ne costituiscono l'intima essenza. Ed ecco quindi che Ringo è la protagonista che deve compiere un suo percorso di formazione, in cui troverà un nemico (il fidanzato), un'antagonista (la madre) e un aiutante (il vecchio amico) e alla fine del quale conseguirà il suo obiettivo, vale a dire l'approdo alla decisione consapevole di riaprire il suo ristorante, per continuare a trasmettere emozioni attraverso il cibo.
In questa prospettiva, allora, tutto si ricompone e si giustifica, fino a diventare lo scenario più adatto per far risaltare il vero messaggio del libro- vale a dire la vera funzione dell'atto del cucinare, inteso in una valenza squisitamente antropologica, come trasformazione e quindi come anello di congiunzione essenziale al ripetersi del ciclo della natura. Anzi, a ben guardare sembra proprio che tutta la trama converga verso il punto cruciale della narrazione, che non è l'apertura del ristorante o le storie che girano intorno ad esso, bensì il rito che precede la fine della storia che altro non è che la riproposta in chiave letteraria di un rituale simbolico ed ancestrale del cibo come forma più alta di comunicazione.
Non a caso, Ringo è muta per quasi tutta la storia, quasi che il suo vero linguaggio non sia quello della parola, a cui preside la ragione, ma quello magico ed evocativo con cui riesce ad arrivare al cuore dei clienti che assaggiano i suoi piatti: e l'amore ritrovato, quindi, diventa esso stesso metafora di un ciclo che si ripete e che trova dalle ceneri di un fallimento la forza per risollevarsi e rinascere in forme nuove.
Alessandra
Se fossi rimasta della mia idea, però, stavolta sarei stata in buona compagnia, viste le stroncature che sono piovute addosso a questo libro da ogni parte, critica autorevole e lettori di best sellers inclusi. Tutti o quasi, infatti, lo hanno trovato deludente, piatto, molto nippon esteriormente ma del tutto scialbo e inconsistente sotto il profilo dei contenuti e della trama. Un pessimo romanzo, insomma, per dirla senza tanti giri di parole.
Per quanto strano possa sembrare, questo è un giudizio su cui convengo. Nel senso che se si tratta questo libro come un romanzo, allora i difetti sono tanti e tali da non poter invocare nessuna assoluzione: la trama è inverosimile, la scrittura è piatta, i personaggi non hanno nessuna introspezione e meno che mai si analizzano i rapporti fra di loro, a cominciare da quello fra la madre e la figlia, tanto decantato dalla quarta di copertina.
Se però si legge questo libro come una favola, allora le cose cambiano, eccome: perchè in una favola l'inverosimile, i personaggi fissi, il procedere per sequenza narrative non solo ci stanno, ma ne costituiscono l'intima essenza. Ed ecco quindi che Ringo è la protagonista che deve compiere un suo percorso di formazione, in cui troverà un nemico (il fidanzato), un'antagonista (la madre) e un aiutante (il vecchio amico) e alla fine del quale conseguirà il suo obiettivo, vale a dire l'approdo alla decisione consapevole di riaprire il suo ristorante, per continuare a trasmettere emozioni attraverso il cibo.
In questa prospettiva, allora, tutto si ricompone e si giustifica, fino a diventare lo scenario più adatto per far risaltare il vero messaggio del libro- vale a dire la vera funzione dell'atto del cucinare, inteso in una valenza squisitamente antropologica, come trasformazione e quindi come anello di congiunzione essenziale al ripetersi del ciclo della natura. Anzi, a ben guardare sembra proprio che tutta la trama converga verso il punto cruciale della narrazione, che non è l'apertura del ristorante o le storie che girano intorno ad esso, bensì il rito che precede la fine della storia che altro non è che la riproposta in chiave letteraria di un rituale simbolico ed ancestrale del cibo come forma più alta di comunicazione.
Non a caso, Ringo è muta per quasi tutta la storia, quasi che il suo vero linguaggio non sia quello della parola, a cui preside la ragione, ma quello magico ed evocativo con cui riesce ad arrivare al cuore dei clienti che assaggiano i suoi piatti: e l'amore ritrovato, quindi, diventa esso stesso metafora di un ciclo che si ripete e che trova dalle ceneri di un fallimento la forza per risollevarsi e rinascere in forme nuove.
Alessandra
Mi aspettavo la solita banalata di libro legato alla cucina, agli ingredienti e all’amore. Invece mi sono trovato catapultato in questa realtà magica di un posto unico, fuori dalla realtà. Sarebbe bello se un posto così esistesse realmente. Un posto capace di far passare l’amore con cui viene cucinato il cibo ai commensali. Si, perché la protagonista ci mette tutto il suo amore non solo nella preparazione, ma anche nella scelta degli ingredienti. Li ascolta, ci parla. Lo stesso amore e la cura verso il cibo che le ha trasmesso la nonna. Perché cucinare è qualcosa di “sacro e solenne”. Altra cosa importante che viene sottolineata, e con la quale sono d’accordo, è che l’umore della persona che cucina si trasferisce inevitabilmente nel piatto che si sta preparando. Cucinare è un atto di amore e se non lo si fa con questa predisposizione, anche il risultato ne risente. E’ bellissima l’immagine della protagonista che scruta gli avventori del suo locale di nascosto per vedere ed assaporare le loro reazioni, con la discrezione di chi sa di averci messo tutto, nel migliore dei modi, dagli ingredienti all’attenzione necessaria. La passione per la cucina ed il legame con la nonna celano però la mancanza di rapporti con la madre la cui vita è inevitabilmente segnata da questo amore che troverà il suo appagamento solo alla fine, quando il destino decide di darti la più bella e la più brutta notizia nello stesso istante. Ti da tutto e ti toglie tutto, come nel più bel sogno e nel peggiore degli incubi. Anche se quel distacco tra madre e figlia non sarà mai cancellato completamente, Ringo ripaga la madre che l’ha aiutata con l’apertura del ristorante, regalandole il viaggio di nozze che non potrà fare, attraverso i sapori della sua cucina ed il sacrificio del maiale allevato con l’attenzione che sarebbe dovuta andare alla figlia.
RispondiEliminaUn libro da leggere tutto d’un fiato, che trascina nella realtà magica dell’amore, quello verso il cibo e verso le persone, nella maniera più diretta possibile. Ma anche nella difficoltà di rapporti che ci possono essere tra una madre ed una figlia. Il tutto raccontato con dovizia di particolari che non scende mai nella banalità e nello scontato. Ideale l’ambientazione giapponese, da sfondo perfetto per esaltare la trama.
Uno dei libri più carini e piacevoli letti ultimamente.
Voto:7 pieno
Sono stata presa da un turbinio tale di eventi che non l'ho potuto leggere... ma penso che non lo leggerò, nonostante queste vostre recensioni o forse proprio per queste... le favole non mi piacciono, finiscono sempre bene ed io ho bisogno di favole che finiscono male come la vita... altrimenti mi deprimo!
RispondiEliminaOsteriaSciacquaLattuga è un romanzo che ha lasciato un segno.
RispondiEliminaNe io ne la mia ragazza avevamo il coraggio di comprarlo...ci vergognavamo troppo a chiederlo. Poi l'occasione da cogliere al volo. Una piccola libreria fuori dalle grandi catene. Ci abbiamo provato pur senza convinzione dicendo che era un regalo su "commissione". Lo avevano e con molta gentilezza hanno fatto un bel pacchettino carino personalizzato invece che le solite buste stereotipate rosse...
Ci siamo rasserenati pensando che in compenso abbiamo contribuito alla sopravvivenza di una piccola realtà commerciale oramai sempre più rara nel nostro paese, questo almeno nelle grandi città.
Poi il resto...le mie sacrosante risate leggendo alcuni passi di questo "capolavoro" del nulla nei giorni in cui decideva di salpare per altri lidi Saramago, qualcuno che il segno formativo lo ha lasciato davvero in tanti di noi. Ecco OsteriaSciacquaLattuga è stato proprio il punto di partenza per capire quanto mi mancherà quest'uomo partito dal nulla di una terra a maggese ed ivi tornato, che con le contraddizioni del suo mondo 'irreale' ha traghettato il peso e gli affanni di molti suoi simili. I suoi sogni sono diventati anche i miei, le sue riflessioni sono state una di quelle piccole finestre che sono riuscito ad aprire per capire quanto siamo piccoli e grandi allo stesso tempo. Ha insegnato a cavalcare una nuvola fatta di parole per irridere il grigio intorno. A lui devo gli occhi arrabbiati che ho avuto per alcune botte prese e quelli di comprensione che spero di avere per quelle che ancora prenderò dalla vita.
Non è un riferimento in assoluto ma è anche grazie a lui, con tutti i suoi difetti e cadute di tono, che in quei giorni, nel silenzio di una fredda news alla radio e di un libro vuoto, ho capito quanto manca a molti il calore di certe parole e le profondità di certi abissi che certo, ci si può rifiutare di guardare ma senza esplorarli palmo a palmo non sapremo mai guardarci onestamente dentro.
Dopo aver letto il libro ho voluto leggere qualche recensione sul web ed ho visto che è stato stroncatissimo da quasi tutti. Io credo che i libri da stroncare siano altri.
RispondiEliminaC’è chi si lamentava perché continuava a parlare di cucina e ricette ma questo era ,in effetti, abbastanza ben dichiarato dal breve riassunto nelle alette.
C’è chi diceva che era tale e quale una telenovela : non ho avuto questa impressione.
l’ho trovato di sicuro molto jap, nelle descrizioni dei luoghi, delle persone, delle azioni.
E’ anche un libro di cucina, è anche un libro di ricette (peraltro poco realizzabili per noi occidentali) ma per me è soprattutto un libro sui sentimenti non detti.
Un libro sull’anafettività che viene spesso scambiata per freddezza, antipatia, algidità.
Una sorta di “non sentimenti” , di distacco, che coinvolgono, bene o male, tutti i protagonisti del libro.
Significativo che Ringo perda la voce : la voglia di isolarsi e di non confrontarsi con nessuno , il bisogno di affetto che viene vissuto come un segreto da custodire, da non dire…
La cucina serve quindi alla protagonista per esprimersi, per amare.
Il rapporto con sua madre è un rapporto tra due persone con gli stessi blocchi emotivi ma con vissuti differenti.
È un dialogo tra muti , tra chi non ha il coraggio di dire “ti voglio bene” ma dentro di sé ha sensazioni, pensieri molto più grandi di chi invece li manifesta.
Forse tenendo nascosto l’amore si pensa di affidargli un significato ancora più grande ma tutta questa energia non si può trattenere ed ecco quindi che per Ringo cucinare per gli altri in modo maniacale e totalizzante diventa il mezzo per comunicare e per sua madre investire soldi e affetto nella cura del suo maiale hermes diventa una scusa per non pensare troppo al suo vero e unico amore.
Morale : a me è piaciuto tanto e non ho trovato scontata o banale la fine ma mi è sembrata la giusta conclusione per questo amore ritrovato.
dimenticavo: io alla fine ho anche pianto un pò!!! ...ma forse sarà la menopausa!!!:-)))))
RispondiEliminaper @fantasie: non è come credi...ci sono favole che vale la pena leggere . anch'io amo i libri che finiscono "male"...quindi mi permetto di dirti: fidati delle recensioni!!! :-)
Una favola dici?
RispondiEliminaMa anche no...l'idea che l'emozione con cui si cucina passi direttamente nei piatti e quindi nei commensali l'aveva già pensata la Esquivel in "Come l'acqua per il cioccolato", in cui il banchetto di nozze preparato da una ragazza che aveva represso per obbedienza tutta la sua passione per il promesso sposo della sorella, trasforma il pranzo in un risveglio di emozioni e lussuria...
Una favola deve essere volutamente leggiadra, avere una sorta di morale, profumare di buono...
Sono stata tentata di interrompere la lettura più volte: quando Ringo viene assalita dal maiale mentra tenta di trafugare i risparmi della madre, quando apprende di essere stata concepita con una pistola ad acqua ma, soprattutto, quando all'improvviso la scoperta della malattia materna cancella i rancori, le assenze e le contraddizioni di un'infanzia infelice...ma nemmeno Cenerentola ha perdonato la matrigna così velocemente!
La dedizione per il banchetto nuziale diventa una moina stucchevole!
Se si vuole parlare di temi delicati come il rapporto genitori figli, del dolore di una perdita, dei sogni infranti e ritrovati, di come crescendo si smussino gli angoli dei rapporti ed i compromessi facciano meno male, non ci si può affidare ad un gufo meccanico...non ci crede nessuno!
P.s. Chapeau a Gambetto, che ha sostituito in modo elegante una scontata stroncatura con un omaggio ad un grande della letteratura, la cui scomparsa ha avuto dai media un'attenzione pari ad un centesimo di quella tributata al tragico incidente di Taricone...
che interessanti sono sempre queste discussioni..non ho letto il libro e neanche comperato perchè il giappone proprio non mi attira e anche perchè ero impegnata su altri fronti ..però ora sono intrigata e incuriosita dai vostri commenti - una fiaba ?? sentimenti?? cucina?? rapporti madre e figlia?? penso che domani vado a comprarlo- in fondo le recensioni dei giornali son sempre costruite - molto meglio una chiaccherata tra amanti della lettura.. saluti a tutti
RispondiEliminacomplice un rilassantissimo weekend al fresco in montagna, ho letto questo libro in una volta sola, lusso che mi posso concedere raramente. sì, è un po' stucchevole e improbabile, certi passaggi non sono molto chiari (a volte ho persino pensato di aver saltato inavvertitamente delle pagine...) e l'ho trovato molto disomogeneo dal punto di vista narrativo. certi personaggi, come l'improbabile "cementino", la madre stessa, il fidanzato indiano non hanno assolutamente nessuno spessore. credo però che la traduzione dal giapponese abbia un po' penalizzato il romanzo, nel senso che in lingua originale certe frasi suonano sicuramente meglio (o almeno me lo auguro!). alcuni episodi però mi sono piaciuti: "l'ultima cena" con il vecchio nonno demente, la delicata storia del ghiro nella pentola, ringo che osserva le reazioni dei suoi ospiti con lo specchietto... insomma, di certo non un capolavoro, ma comunque una piacevole lettura da weekend. cristina b. - milano p.s.: io hermès non l'avrei sacrificata, non foss'altro che per il nome ;-)
RispondiEliminaSe volete leggere veramente un bel libro "culinario" vi consiglio caldamente "DOLCE COME IL CIOCCOLATO"di Laura Esquivel nella versine cinematografica :"Come l'acqua per il cioccolato" (credo sia del 2009 )direi pura poesia e delicatezza e, ritroverete situazioni da cui credo che l'autrice nipponica abbia preso spunto, anche la protagonista di questo libro rimane muta...In ogni caso scusate ma nulla a che vedere con questo Ristorante...Aache andando su un altro PIANO di lettura dalla narrativa alla favola continuo a trovarlo scialbo, per non parlare delle descrizioni GRATUITE di uccisioni degli animali che in un libro "tanto delicato" l'autrice non si riserva di descrivere con tutta la dovizia dei particolari!!
RispondiEliminaIo l'ho comprato soltanto perché di ritorno dal Giappone, sull'aereo, ho visto il film - meraviglioso, ed ovviamente giapponese - che ne è stato tratto. Ho saputo dell'esistenza del libro solo dai titoli di testa e di coda del film.
RispondiEliminaHo apprezzato moltissimo anche il libro.