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martedì 27 luglio 2010

L'ABC dei Paesi Baschi (giugno 2010) - seconda parte

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I
Indipendenza: è un desiderio sottile, mai urlato, almeno a Bilbao, ma che trapela da tante piccole cose: dall'uso abituale e a tratti ostinato della lingua basca, che si insegna nelle scuole, fino alla contenuta esultanza per le vittorie della Spagna ai Mondiali di calcio. A San Sebastian, invece, le cose cambiano: non c'è via, non c'è piazza nè mercato dove non sventoli almeno una bandiera bianca e blu: il riferimento alla locale squadra di calcio è chiaro, perchè la Real Sociedad è tornata in A e i colori della bandiere sono gli stessi, ma le allusioni sono chiare.

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J

Jamon: è una mezza maledizione, anche qui. Non siamo ancora ai livelli della Castiglia-Leon e neppure ai deliri di Madrid, ma del loro prosciutto vanno fieri anche i Baschi. Lo Jamon iberico, però, è mille volte più buono del Serrano. Costa anche il doppio, ma ne vale la pena

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K
Kapoor Anish: mentre siamo in fila per i biglietti, all'ingresso del Guggenheim, Fabio confessa serenamente che lui e l'arte contemporanea non vanno d'accordo. Troppo fredda, troppo semplice, troppo pretenziosa, nello stesso tempo. Gli rispondo che la pensavo esattamente come lui, fino a quando non ho visto come interagiva mia figlia con queste opere d'arte, quando era piccolissima: senza il filtro di qualsiasi mediazione critica, i quadri, le composizioni, le sculture dell'arte contemporanea venivano percepite come dei bellissimi e nuovissimi giochi e se mai c'era un rimpianto era quello di non poterli toccare o - peggio ancora- di non poterli portar via. Le opere di Anish Kapoor, l'artista indiano più famoso nel mondo e una delle figure di maggior spicco nel panorama artistico internazionale, ci fanno lo stesso effetto: passato il primo momento di perplessità, siamo lì a specchiarci come degli scemi, a zigzagare in mezzo a labirinti, ad interessarci ai pannelli fotografici, scoprendo che -toh-la stazione della Metropolitana di Monte Sant'Angelo a Napoli è sua e anche quella roba di piazza del Plebiscito l'ha fatta lui. Il clou, però, lo tocchiamo di fronte al suo Shooting into the Corner, una sorta di monumento contro la guerra, che consta di un angolo della sala, in cui vengono sparate delle palle di cera rossa, da un cannone posto a debita distanza, come potete vedere nella foto


Se non che, mentre stiamo ammirando il capolavoro, spunta un tipo, in tuta da metalmeccanico, boccoli e pizzetto che entra nel recinto, si siede e inizia a meditare. Tempo tre secondi e la sala ammutolisce. "E' l'artista- mi fa Annalù, tutta ammirata e ovviamente ci crediamo: per quanti sforzi si facciano, infatti, noi in estasi, di fronte a questo capolavoro, proprio non ci cadiamo. Lui sì e, quando si alza, è ancora trasfigurato. E tale resta quando prende un proiettile, carica il cannone, prega ancora un po' di fronte al muro e poi BANG spara il colpo. La Annalù fa un salto che neanche la Simeoni ai tempi d'oro, mentre io vengo incenerita dagli astanti per aver osato scattare una foto col cellulare, un attimo prima della detonazione. Roba da interrompere la meditazione, con seri danni per la mira. In ogni caso, l'intemperanza è punita perchè ho perso il cavetto e la foto sul blog non c'è: però, c'eravamo noi, e scusate se è poco...


L

Liberty: tanto e bello. La vecchia stazione, su tutto, ma anche le facciate delle case sul lungo fiume, i raffinati balconcini, le curve aggraziate dei bovindo, a fare da elegante trait d'union fra la spinta della contemporaneità e il cuore pulsante della tradizione. Chissà perchè, non me lo aspettavo, ma la sorpresa mi piace, eccome

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Lotterie: è come per il prosciutto: non siamo ai livelli di Madrid, ma poco ci manca. La esperanza es el ultimo en morir, pure qui....

M

Mercato: è sul lungo fiume, in un edificio della fine dell'Ottocento, con vetrate liberty in parte oscurate dalle impalcature del restauro. E' probabile che dipenda dai lavori in corso, ma lo troviamo poco caratteristico: percedes esclusi, potremmo essere in qualsiasi altra città del mondo. Deludente. Lo riscatta l'omologo di Santander, più piccolo ma più vivo

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Mondiali di Calcio: mentre il resto della nazione impazza, le prodezze di Villa &C vengono accolte in modo tiepido, a Bilbao. Il rito della partita al bar, che si ripete puntuale da ogni parte del mondo, qui ha una patina d'antan, da anni Cinquanta, con i locali fumosi, le lapade al neon e apparecchi televisivi di quando il plasma era ben al di là da venire, ma il tifo è composto, quasi contenuto. Il fischio finale è la stura ad un blando rientro a casa, in una serata che, se si distingue dalle altre, lo fa per un deciso sottotono, in netto contrasto con la passione per le squadre locali e con la gioiosa movida delle notti basche. Il tempo della lotta è finito, ma il distacco resta: e vale più di mille parole.

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Musei: niente di che. Mi spiace per gli amici di mio marito, che ci consigliano calorosamente il Museo d'arte moderna, subito dietro al Guggenehim, presentandocelo come la vera chicca di Bilbao ma, onestamente, non c'è nulla che mi entusiasmi, neppure un Gaugin negletto e male illuminato, nella prima sala del piano di sopra. E lo stesso dicasi per il Guggenheim, la cui architettura mozzafiato è uno splendido contenitore, senza un adeguato contenuto. La delusione per le collezioni permanenti è però ampiamente compensata dalla qualità delle esposizioni temporanee: ne vediamo tre, una migliore dell'altra: il che fa solo onore ad una città vivace e tenace nell'investire nella cultura. Chapeau

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N

Negozi: laddove gioca a fare la metropoli, Bilbao esce perdente: pochi negozi di pregio , molta spazzatura e pessimo rapporto fra qualità e prezzo. Ma quando invece asseconda la sua tradizione, allora non è seconda a nessuno. Piccole vetrine, botteghe di una volta, prodotti tipici che non hanno bisogno di essere messi in posa per attirare da subito l'attenzione e che rendono l'immediatezza di una città dai due volti, che trae dal quotidiano rinverdire delle sue radici la spinta ed il coraggio per aprirsi all'incognita del nuovo

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prima di ripartire, l'ultima puntata. Prometto
Ale












3 commenti :

  1. Il primo commento che mi viene da fare circa l'opera di Anish Kapoor non può che essere: "Io cero". :-D Credo che questa possa bastare per il risveglio traumatico. A domani per il resto del commento.
    Fabio

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  2. ...con questa finisco nella tomba...
    :-D

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  3. Pensavo al Madame Tussaud :-D
    Bilbao comunque è una città che ci ha sorpresi e questo non è da poco. Mai avrei immaginato una città così viva, proiettata nel futuro e legata al passato nello stesso tempo. La stessa bellezza esterna del Guggeneheim mi ha fatto dimenticare del "vuoto" interno, per quanto diverse cose erano degne di nota.
    La stessa archiettura della città non lascia indifferenti. Peccato per il mercato, vero, ma deludente. Fermi restando anche gli aspetti "negativi" da te sottolineati, per il resto promossa a pieni voti.
    Fabio

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