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giovedì 26 agosto 2010

Verso la Scozia- terzo giorno: Canterbury, York, Durham

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Il motivo ufficiale per cui si è deciso di fare da Genova alle Orcadi in macchina sono stati i costi proibitivi del noleggio auto, a cui si erano aggiunte le franchigie da urlo di ryanair e altre amenità varie. In realtà, questa è stata l'argomentazione ragionevole, quella che ci permetteva di mettere a tacere le varie obiezioni, dai cauti "ma vi pare il caso?" ai franchi "siete matti". Ma la vera ragione per cui ci siamo sobbarcati quasi ottomila km in tre settimane è stata la comune passione per i viaggi in auto. Il fatto di vedere sempre, di non trascurare nulla delle cose che ci interessano e il poterne scoprire altre, lungo il tragitto, altrimenti nascoste da nuvole o da paesaggi che corrono via dai finestrini del treno, è per noi un piacere puro, al quale sacrifichiamo volentieri ore di sonno e di riposo. E questa volta, è stato lo stesso, anzi: la prospettiva di attraversare l'Inghilterra e di mostrare a mio marito e a mia figlia i luoghi più amati del mondo mi ha entusiasmato sin dal primo giorno, quando ho iniziato a riesumare dalla libreria guide ormai fuori moda e ingialliti diari di viaggio. Ovviamente, si è imposta una scelta, caduta sui posti più piccoli, visitabili tutti in poche ore, che ha tagliato fuori mete più importanti- Oxford e Cambridge su tutte. Quest'ultima ce la lasciamo alle spalle, mentre avanziamo verso York. Viaggiamo da due ore e altrettante ci separano dalla nostra meta. Fuori piove e lo spesso strato di nuvole sopra di noi lascia ben poche speranze. Per fortuna, non troviamo traffico, neppure intorno a Londra, tanto che tiro un respiro di sollievo, a pochi km dall'arrivo.

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Detto fatto: deviazione su una stradina fuori mano, per lavori in corso, e gigantesca ruspa a fare da apri pista. Perdiamo tempo, la figlia attacca col mal d'auto, al marito viene mal di testa e, tanto per cambiare, ha lasciato le pastiglie a casa.
"Ma avevi detto che le avevi prese" faccio io, sconfortata. Contrariamente al solito, mi son portata dietro una mezza farmacia, dimenticando l'unica medicina di cui mio marito fa un uso pressochè costante, visto che soffre di emicranie e che, a suo dire, è l'unica che gli faccia effetto. La vedo malissimo: di reperire un farmaco italiano, non se ne parla nemmeno- e nemmeno si vedono Boots all'orizzonte. C'è solo una farmacia sgarruppata, dove entro per disperazione, uscendone con una roba alla Harry Potter ed istruzioni in tema: prima prenda la pillola rossa, poi quella rosa, poi quella gialla. Alzo un sopracciglio, ma il mal di testa ha la meglio e quindi procedo, in buon ordine - rossa, poi rosa e poi gialla- alla somministrazione.

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A York arriviamo in ritardo sui tempi e sotto un diluvio. Di iniziare la visita, non se ne parla e ci fiondiamo nella primo locale che ci ispira. Siamo bagnati fradici e abbiamo bisogno di un caffè che ci prendiamo in una sala da te deliziosa, accanto alla torre e nei pressi del parcheggio. Non so a voi, ma a me 'ste cose così British mandano fuori di testa: mi sembra di stare in un romanzo, a metà fra quelli della Austen e quelli della Agatha, con queste sale un po' buie, il sottofondo della pioggia che scroscia che si mescola al tintinnio dei cucchiaini contro le tazze, signore anziane dai capelli bianchi arricciati da una permanente fuori moda, cameriere in grembiulino bianco e, tutt'intorno, un'atmosfera sospesa, quasi irreale, che a me sa di pura poesia


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"argh, mamma, sono rimasta chiusa nel bagno!". La poesia finisce con la figlia che ora ride ma che fino a un minuto prima prevedeva una morte lenta e indecorosa- e tutto perchè invece di spostare la serratura da una parte, si ostinava a spostarla dalll'altra. "tutta la mamma", commenta truce il marito, al quale il mal di testa è miracolosamente passato e per chiuderla lì decido che la pausa è finita e chissenefrega se piove: siamo o non siamo in Inghilterra?

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Ero stata a York quasi vent'anni fa, nel famoso viaggio con mia mamma: si era trattato di una toccata e fuga, fra un treno e l'altro, che però non ci aveva impedito di goderci appieno le bellezze del centro, pranzo a base di salmone compreso. Il ricordo che mi portavo dietro, però, era quello di una cittadina tipo Canterbury e non di una vera e propria città, quale in effetti è. Ma se le dimensioni aumentano, non diminuisce il fascino, accresciuto semmai dall'eleganza che si estende anche oltre la parte storica e dala vivacità delle sue strade. Alle viuzze dell'impianto medievale si alternano viali ampi, circondati da negozi e animati da artisti di strada e di chioschi che vendono hot dog, hamburger e, ahinoi, i temutissimi donoughts. Alzi la mano chi riesce a resistere a queste ciambelle fritte e glassate, che trasudano grassi saturi e migliaia di calorie ad ogni morso e che fanno venire l'acquolina in bocca solo a vederle: io, finora, ho contato solo quella del marito, che difatti ci blocca al primo scatto: prima, la cattedrale. E come dargli torto?

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Se a Canterbury c'è la Cathedral, a York è il Minster, a farla da padrone, ma per il resto, le differenze non sono poi molte: stessa maestosità, stesso stile, stessa importanza storica. A loro, però, non ditelo, perchè le due città si sono da sempre divise il potere spirituale sulla chiesa anglicana, sebbene l'arcivescovo di Canterbury goda del riconoscimento del primato sul suo altrettanto illustre collega. Ciò non toglie che York sia stata per secoli meta di pellegrinaggi e questo ha fatto si che la sua cattedrale sia la più grande chiesa gotica d'Inghilterra. La ricordavo tutta bianca, ora invece è ingiallita dallo sporco e dalle intemperie, ma l'emozione è la stessa

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Anche qui si paga: un po' meno, rispetto a Canterbury (che dipenda dal primato?), ma una cifra consistente, in ogni caso. Ma la visita all'interno è imperdibile e questo nonostante i numerosi interventi di restauro e a volte anche di ricostruzione, a causa dei numerosi incendi di cui l'edificio fu vittima nel corso dei secoli, l'ultimo dei quali in epoca relativamente recente e questo spiega la presenza di numerosi idranti nella chiesa, che a noi fanno un po' sorridere, ma quando ce vo'...




Il centro di York, come dicevo , è meraviglioso. Per fortuna ha smesso di piovere e possiamo godercelo al meglio, a cominciare dal mercato rionale, che pullula di prodotti locali

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La creatura però li disdegna: ecchediamine, la chiesa l'abbiamo vista, la torre pure, il centro storico anche, ci abbiamo messo pure il mercato, insomma, cos'altro bisogna fare, per mangiare 'sti benedetti donoughts? Nulla: basta tornarsene indietro e recuperare la bancarella che li prepara all'istante. La scelta è limitata, ma con due sterline te ne danno dodici e pazienza se sono piccoli: son sempre più di uno, fa i conti la figlia, tutta contenta. Il sorriso svanisce, però, nello stesso momento in cui la tipa della bancarella alza il coperto sulla friggitrice, mostrando un liquido melmoso e puzzolente e aggiungendo orgogliosa un "deep fried" che ci farebbe venir voglia di fuggire. Ma ormai il danno è fatto e non ci resta che piangere


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Nutrita la rumenta, andiamo verso Durham dove, udite udite, non sono mai stata- e questo nonostante la sua cattedrale normanna rientrasse nella mia personale lista dei posti da vedere, preferibilmente al più presto. Il fatto è che la mia permanenza in Inghilterra era legata al turismo - e alla parte più becera, per giunta, vale a dire quella del turismo scolastico. Per cui, quando si trattava di organizzare delle gite, o si trovavano posti pieni di attrattive (leggasi pub, negozi di videogame e affollamento di "fauna locale") oppure niente. A me sembrava impossibile che un monumento così famoso per la sua storia e per la sua bellezza non fosse degno della considerazione di chicchessia, ma ogni volta che proponevo di andare a Durham la scena era sempre la stessa.
"Cosa c'è da vedere, in quel posto lì?"
"la cattedrale normanna, fidatevi, uno spettacolo"
"ah... e poi?"
Stavolta, però, mi rifaccio, in una sorta di "o Durham o a casa", tanto che arrivo pure a prenotare una notte lì, suscitando la sorpresa di un'italiana trapiantata a Londra che incontriamo per la strada e che mi chiede con curiosità cosa cavolo ci facciamo, a quell'ora, in un posto così deprimente. Ma se non ci fermiamo stavolta, quando mai capiteremo in questi posti? E con questa argomentazione convinco il marito e la deviazione si fa.

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Di solito, quando viaggiamo, mia figlia sta sdraiata sul sedile posteriore. Da piccola, dormiva, adesso si limita a sentire la musica, oppure a mandare messaggi col cellulare, oppure ancora a leggere, anche se sostiene di dover stare in quella posizione perchè soffre di mal d'auto. Si tira su ogni tanto, per vedere le cose più suggestive oppure semplicemente perchè è in vena di chiacchiere. E' il caso di questa volta, che la vede stranamente allegra e pimpante, tanto da spingersi a chiedere informazioni sulla prossima meta
Dov'è che andiamo, più?"
" A Durham"
"E cosa c'è da vedere, in quel posto lì?"
"La cattedrale normanna, fidati, uno spettacolo"
"Ah... e poi?"


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Di solito, quando si ripongono tante aspettative, è facile restare delusi, ma questa volta non è andata così. La cattedrale è splendida nella sua imponenza e, come pensavo, vale davvero il viaggio. Leggo che è stata addirittura votata come il monumento più bello di Inghilterra, in un sondaggio lanciato da una radio nel 2002 e, se non fosse per la mia passione viscerale per Salisbury ed Exeter, non esiterei a concordare con questo verdetto. E' uno dei pochissimi monumenti romanici del Paese, ma lo stile è tutto declinato nelle forme normanne, dalla torre massiccia ai muri spessi, il che ne fa un vero capolavoro nel suo genere. Per inciso, l'ingresso è gratis, anche se è richiesta un'offerta per aiutare la comunità a sostenere le spese, visto che il Governo inglese non prevede nessun tipo di finanziamento. La lasciamo volentieri, mentre usciamo alla scoperta del resto del centro.


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Un mortorio. Giuro. E per giunta, è tutto chiuso, a parte qualche ristorante etnico o italiano e alcuni pub dove però vige l'inderogabile divieto ai minori di 18 anni, a cui l'accesso non è consentito neppure se in compagnia dei genitori. Quando lo avevo detto a mio marito, sostenendo che un conto è Londra e un altro è l'Inghilterra, mi aveva guardato con scetticismo, ma ora non so se è più seccato per la cena che sfuma, o per dover ammettere che, una tantum avevo ragione: perchè gli Inglesi non son mica come noi... loro sì che le seguono, le regole...


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Alla fine, troviamo un pub liberale, dove oltretutto mangiamo benissimo, ma dove riesco a macchiare il maglione nuovo e i calzoni a causa di una bustina di senape strizzata con troppa foga. L'operazione di smacchiatura ha come unico risultato il farmi sembrare un'incontinente e così mi avvio rapida in direzione dell'albergo, con la creatura piegata in due dalle risate e il marito che non stacca gli occhi dal cielo. Per fortuna, l'hotel è vicino ed abbastanza confortevole e tempo due minuti siamo già pronti per dormire, per giunta con i bagagli fatti: non c'è tempo da perdere, la Scozia ci aspetta
a domani
Alessandra

6 commenti :

  1. Tieni duro Alessandra nel tuo avventuroso viaggi. Non so quanti anni abbia la prole ma con i miei figli, ormai più che ventenni, ho intrapreso viaggi itineranti già in tenerissima età.

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  2. che dire mia cara? Sono giorni che ti leggo con piacere e le tue avventure/disavventure tra senape e altre amenità mi mettono di buonumore, le foto poi sono bellissime!Domani ritorno per continuare a seguire questo viaggio itinerante,voi di certo non siete tipi da pensione Mariuccia a Riccione e ciò mi riempie di gioia....baci

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  3. mi sento un po' seduta in macchina dietro con tua figlia!
    non finiranno mai questi racconti vero???
    bacione! ale

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  4. Allora non mi resta che fare un biglietto per la nave per Genova per portarmi la macchina e poi fare il giro che avete fatto voi, visto che altrimenti è meglio aprire un mutuo... e forse è meglio andare a Durham subito, prima che si sveglino e il biglietto costi un patrimonio!
    Attendo impaziente il resto ;)

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  5. Anche noi come voi amiamo viaggiare su quattro ruote e possibilmente con i finestrini aperti. Il camper ce lo permette e infatti guidiamo quasi sempre su strade secondarie, per respirare tutto il respirabile del luogo che attraversiamo. Bella anche la terza puntata, a domani, notte

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  6. Se non fosse che appena mi siedo in macchina vengo colta da narcolessia e divento la versione umana di un fumetto manga con la bolla al naso...e per di più colmarito che mi fotografa e ride come un matto dal sedile accanto...piacerebbe molto anche a me fare un viaggio in divenire

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