"Quasi nessuno ha potuto leggere finora questo straordinario romanzo perchè non appena uscito, nel 1990, fu subito ritirato dal suo editore, dopo la denuncia di uno degli imputati della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologma, e mai più ripubblicato". Così recita la quarta di copertina e così ribadisce nell'introduzione Loriano Macchiavelli che ricorda come questo romanzo facesse parte in origine di una trilogia dedicata ai grandi misteri d'Italia, scritta sotto lo pseudonimo di Jules Quicher. Strage fu il secondo romanzo, dopo quello dedicato alla tragedia di Ustica ed interruppe la serie: a seguito dell'immediata denuncia di uno degli imputati del processo, poi assolto, il libro venne ritirato dalle librerie e Macchiavelli si trovò a sua volta in Tribunale, con un'accusa da cui fu assolto un anno e mezzo dopo, anche alla luce dell'articolo 21 della Costituzione, che sancisce l'esercizio del diritto di cronaca e di critica. A questa motivazione, l'unica che l'autore riporta, in quanto da lui stesso ritenuta la più importante, fa subito seguito l'affermazione per cui tutto quello che staremo per leggere è opera di fantasia, "nient'altro che ipotesi di un romanziere, basate su alcuni dati emersi nel corso delle tante indagini dei magistrati e che io ho utilizzato per aumentare l'interesse dell'intrigo e rendere più credibile la vicenda. Anche il finale, è di pura invenzione". Ma poi, sul sito dell'Einaudi, corregge il tiro: " «È un libro di docufiction, scritto quando il concetto ancora non esisteva. I romanzieri da sempre lavorano con la fantasia sulla realtà. Io ho scelto una realtà dolorosa, misteriosa, inquietante. È un diritto dello scrittore svelare con la scrittura quel che viene tenuto nascosto dagli interessi e dai poteri. Quando pronunciò il suo celebre "io so", Pasolini questo intendeva. Non è significativo che un libro di fiction sia stato assolto per aver esercitato il diritto-dovere di cronaca?"
Superfluo aggiungere che a pagina 3 avevo voglia di prendere un mitra.
Poi, però, ho pensato, nell'ordine
1. che Macchiavelli è amico di Guccini
2. che anche se le avrò lette secoli fa, le storie di Sarti non mi erano dispiaciute
3. che il mio fegato non è ancora in condizione di reggere altri 21 euro buttati nella rumenta
e così ho preso fiato e ho iniziato a leggere.
E, come prevedevo, sono pure arrivata in fondo, e pure velocemente, rapita da una trama interessante, da una scrittura coinvolgente, da una disinvolta gestione dei tempi narrativi, da tutto quello che, per farla breve, fa di un romanzo un buon romanzo.
Il che ha lenito l'irritazione iniziale, ma solo fino a un certo punto: perchè l'ambiguità di fondo rimane e carica quest'opera di significati e di pregi che, onestamente, non ha.
Non ha senso, intanto, parlare di docufiction- quanto meno non nei termini in cui se ne parla qui. In primo luogo, voglio sperare che Machiavelli fosse distratto, laddove sostiene di essersi fatto interprete di un genere che prima non esisteva- perchè se fossi il signor Frederick Forsyth, autore di un capolavoro come Dossier Odessa (1972), probabilmente non la prenderei così bene, tanto per citare il primo caso che mi viene in mente. Senza contare che tutte le docufiction degne di questo nome o hanno sempre mantenuto un equilibrio fra la storia e la finzione oppure hanno delimitato con dei confini molto precisi la parte storica- e quindi documentata in modo oggettivo- da quella di fantasia.
Qui, invece, si fa una gran confusione fra piano della realtà e piano dell'invenzione, consegnando una storia marcatamente inficiata dalla fretta di arrivare a conclusioni che risultano giocoforza banali e prevedibili.
Ipotizzare che, dietro alla strage di Bologna, ci fosse una connivenza di poteri occulti- mafioso, politico e massone- il cui braccio armato fosse la banda della Magliana e il terrorismo, non è così semplice: è evidente che, all'epoca, la situazione fosse quella, ma da lì alla tesi del complotto ce ne passa. Intendo dire, che bisogna avere documenti, prove, riferimenti certi che suffraghino una parte delle nostre affermazioni: altrimenti, sono i soliti discorsi da bar.
Il punto debole della storia, quindi, è proprio questo: non la storia in sè, che, nella sua astoricità, funziona, ma la pretesa che essa sia sostenuta da una documentazione degna di questo nome.
Ed è un peccato: perchè la strage di Bologna è una piaga che ancora sanguina, nella memoria storica degli Italiani ed è, soprattutto, una pagina che non va dimenticata. Affidarne il ricordo ad una ricostruzione così romanzata e romanzesca, a personaggi stereotipati al limite dell'irritante, a conclusioni così superficiali e scontate, nella loro banalità, è un'occasione perduta, che si macchia a tratti anche di mancanza di rispetto per le vittime della strage e le loro famiglie.
E' un peccato, ripeto, perchè Machiavelli è un bravo scrittore e il suo coinvolgimento nella storia è sincero: ma il romanzo non è all'altezza della materia trattata, che impone serietà, delicatezza, rispetto. Altrimenti, è solo fiction: ma di quelle, ne facciamo a meno.
Alla prossima
Ale
Superfluo aggiungere che a pagina 3 avevo voglia di prendere un mitra.
Poi, però, ho pensato, nell'ordine
1. che Macchiavelli è amico di Guccini
2. che anche se le avrò lette secoli fa, le storie di Sarti non mi erano dispiaciute
3. che il mio fegato non è ancora in condizione di reggere altri 21 euro buttati nella rumenta
e così ho preso fiato e ho iniziato a leggere.
E, come prevedevo, sono pure arrivata in fondo, e pure velocemente, rapita da una trama interessante, da una scrittura coinvolgente, da una disinvolta gestione dei tempi narrativi, da tutto quello che, per farla breve, fa di un romanzo un buon romanzo.
Il che ha lenito l'irritazione iniziale, ma solo fino a un certo punto: perchè l'ambiguità di fondo rimane e carica quest'opera di significati e di pregi che, onestamente, non ha.
Non ha senso, intanto, parlare di docufiction- quanto meno non nei termini in cui se ne parla qui. In primo luogo, voglio sperare che Machiavelli fosse distratto, laddove sostiene di essersi fatto interprete di un genere che prima non esisteva- perchè se fossi il signor Frederick Forsyth, autore di un capolavoro come Dossier Odessa (1972), probabilmente non la prenderei così bene, tanto per citare il primo caso che mi viene in mente. Senza contare che tutte le docufiction degne di questo nome o hanno sempre mantenuto un equilibrio fra la storia e la finzione oppure hanno delimitato con dei confini molto precisi la parte storica- e quindi documentata in modo oggettivo- da quella di fantasia.
Qui, invece, si fa una gran confusione fra piano della realtà e piano dell'invenzione, consegnando una storia marcatamente inficiata dalla fretta di arrivare a conclusioni che risultano giocoforza banali e prevedibili.
Ipotizzare che, dietro alla strage di Bologna, ci fosse una connivenza di poteri occulti- mafioso, politico e massone- il cui braccio armato fosse la banda della Magliana e il terrorismo, non è così semplice: è evidente che, all'epoca, la situazione fosse quella, ma da lì alla tesi del complotto ce ne passa. Intendo dire, che bisogna avere documenti, prove, riferimenti certi che suffraghino una parte delle nostre affermazioni: altrimenti, sono i soliti discorsi da bar.
Il punto debole della storia, quindi, è proprio questo: non la storia in sè, che, nella sua astoricità, funziona, ma la pretesa che essa sia sostenuta da una documentazione degna di questo nome.
Ed è un peccato: perchè la strage di Bologna è una piaga che ancora sanguina, nella memoria storica degli Italiani ed è, soprattutto, una pagina che non va dimenticata. Affidarne il ricordo ad una ricostruzione così romanzata e romanzesca, a personaggi stereotipati al limite dell'irritante, a conclusioni così superficiali e scontate, nella loro banalità, è un'occasione perduta, che si macchia a tratti anche di mancanza di rispetto per le vittime della strage e le loro famiglie.
E' un peccato, ripeto, perchè Machiavelli è un bravo scrittore e il suo coinvolgimento nella storia è sincero: ma il romanzo non è all'altezza della materia trattata, che impone serietà, delicatezza, rispetto. Altrimenti, è solo fiction: ma di quelle, ne facciamo a meno.
Alla prossima
Ale
Non ho letto questo libro; Ale, e molto più terra terra, faccio riferimento al tuo fegato: è una mia impressione, o i libri di nuova pubblicazione costano un mucchio di soldi?
RispondiEliminaOggi cercavo il libro di Citati su Leopardi, e anche quello mi pare 21 (?) euro. Non posso prendere in prestito i libri, devo annusarli...ma finirò per arrendermi, o almeno scegliere con cura cosa comprare. Grazie per i tuoi suggerimenti e un abbraccio affettuoso. Rosella
Mentre leggevo la tua recensione ho pensato esattamente alla stessa cosa: mancanza di rispetto.
RispondiEliminaHo sempre trovato irritante questo tipo di atteggiamento, o di scrittura se la vogliamo definire tale.
Quando le ferite sono ancora aperte, tutto quel che non è un documentario, riesce sempre a darmi quella spiacevole sensazione di sciacallaggio...
Rosella, le novità certe case editrici sono carissime. A me salvano gli sconti, li tengo d'occhio e cerco di intercettarli, oltre che le edizioni economiche e i sempre più introvabili remeinders. L'acquisto on line è molto più conveniente, ma io son come te: il libro lo devo toccare, sfogliare, "possedere fisicamente" anche prima dell'acquisto e quindi rinuncio a risparmiare per godermi la libreria.
RispondiEliminaIn ogni caso, 21 euro per un libro di questo genere sono oltre il mio budget. Ho fatto questa eccezione perchè me ne avevano detto meraviglie; in più, quest'estate ho letto poco e niente e comprato meno, e quindi uno strappo alla regola ci stava.
Mi hai dato due argomenti per i prossimi post, comunque :-)))
Muscaria, concordo: l'avevo anche scritto, poi l'ho cancellato- ma non perchè temessi chissà quali reazioni dei lettori (che arrivaranno, sia chiaro: non subito, ma mi aspetto crivellate, per questa recensione controcorrente :-))): ma perchè Macchiavelli è un autore che stimo. Ciononostante, l'operazione editoriale è sfacciata e il libro è fanta-fiction: e qui ci son stati 85 morti, 85 famiglie distrutte, un popolo intero che ancora aspetta una spiegazione, una ferita nella nostra storia che non ha mai smesso di sanguinare... hai ragione tu: la spiacevole sensazione c'è. Eccome se c'è.
Ci sono episodi della nostra storia che vanno trattati con i guanti di velluto ancora a maggior ragione se si è degli esterni. Poco importa il coinvolgimento dell'autore. Ingiustificata l'operazione sul piano della sensibilità. Preferisco lustrini e paillettes allo sciacallaggio letterario perchè questo poi pesa su tutti quelli che fanno giornalismo serio e rischiano al vita per un libro o un articolo. Siani non ha insegnato molto a quanto pare...
RispondiEliminaPS
Ottima come sempre la tua recensione anche se non capisco perchè ostini a mettere sotto pressione il tuo fegato con tante edizioni economiche di ottima letteratura...contemporanea e non ;P
Sarà anche un po' malandato ma....il fegato ce l'hai...perchè al tuo posto, dopo aver letto la quarta di copertina, avrei rapidamente riposto il volume laddove l'avevo trovato: l'intuizione pungente della "furia" che avrebbe potuto scattarmi dentro qualora avessi avuto modo di apprestarmi alla lettura, non mi avrebbe permesso di andare oltre un fugace "possesso fisico" di quell'oggetto. Alcuni libri vanno lasciati a chi si bea di poter e voler credere che certe fiction-soluzioni, siano aderenti alla realtà.
RispondiEliminaW i plastici di Vespa!
RispondiElimina;-)
Il Marito
Sulla scia del Marito aggiungerei W le ricostruzioni di episodi di cronaca con attori di serie C!!
RispondiEliminaPS
...ieri sera blob ha mandato in onda uno spezzone raccapricciante per fattura ed intenti di una ricostruzione degli interrogatori in merito al delitto di Avetrana passato per qualche rete Rai appunto...anche se non so onestamente ne dove e quando...
Come sempre si offre al pubblico ciò che il pubblico gradisce...la gente va in gita con la famigliola a fotografare il garage di Avetrana e la Rai si perde la possibilità di fare audience con le ricostruzioni? Giammai!
RispondiEliminaL'unica arma è cambiare canale, anzi spegnere proprio la televisione, cd di Allevi in sottofondo, poi a scelta o (insisto) un libro di Sandor Marai o Il viaggio dell'elefante di Saramago.
Non ci sto a contribuire alla strumentalizzazione delle tragedie...
Conosco personalmente Loriano Macchiavelli, è una persona gentile. Ultimamente un po' senile... (76)
RispondiEliminaNon ho letto questo libro perchè sulla strage dell'80 ho letto di tutto e visto di tutto. L'ipotesi del complotto c'è sempre stata ed è stata ripresa da Minoli in una vecchia puntata di mixer, che viene ripetuta tutti i 2 agosto da Rai Storia, con documenti ed interviste.
A Bologna siamo tutti convinti che la Mambro e Fioravanti debbano marcire in galera ma non per la strage della stazione.
Non credo che l'idea della ripubblicazione sia sua, anzi mi è parso strano quando ho visto il libro. Sapevo che aveva avuto problemi nel 90' e penso che Einaudi abbia giocato la carte dei 30 anni di commemorazione. Diritti ormai acquistati e pace.
Francamente mi dispiace per Loriano.
Sto scrivendo da un dieci pollici e ci sto uscendo fuori di testa, torno più tardi, nel frattempo sottoscrivo.
RispondiEliminaVolevo tornare ieri sull'argomento, per rispondere anzitutto al marito,visto che ha reso pubblico un commento fatto a voce (da lui), mentre gli leggevo la prima metà della rece- poi è stata una giornataccia e non ce l'ho fatta. Non ce la faccio neanche asdesso (ho le pagelle di XFactor :-)), ma appena finisco di lavorare torno qui, perchè ho due o tre cose importanti da dire.
RispondiEliminaCiao
ale
Gambetto e Virò hanno dato voce ai miei pensieri.
RispondiEliminaIl problema che è questo è un meccanismo decisamente perverso di offerta e richiesta.
La società è malata, e la televisione è lo specchio della società.
Ma la società, oggi come non mai, prende forma proprio attraverso la televisione, perché non ti lascia in pace: è un martellare continuo di vuotezza assoluta.
Non hai più questa gran scelta che vogliono farti credere: o ti becchi un reality show o un criminality show.
Il menu offre solo due piatti.
Perché alla fine, società e televisione si comportano esattamente come il diabete e l'obesità.
Non si è ancora capito infatti, se sia il diabete a portare all'obesità (benché non tutti i diabetici siano obesi) o se sia l'obesità a causare il diabete.
La relazione c'è, ed è innegabile.
Lo stesso vale per la società ed i media.
E' un meccanismo malato che si alimenta a vicenda, un meccanismo in cui una parte sostiene l'altra facendola crescere, rafforzare, radicare, trasformando anche le cose più orribili in qualcosa di ormai socialmente accettabile, normale quindi agli occhi di tutti.
Concordo con Virò quando dice che spegnere la televisione sia la scelta migliore.
Fortunatamente ci rimangono i libri, e quelli almeno, deludenti o meno, ce li scegliamo noi ;-)
Eccomi.
RispondiEliminaParto dal commento di Silvia, che è quello più puntuale- e poi arriviamo alle considerazioni generali.
Non ho sparato a zero su questo libro, perchè per conto mio Macchiavelli non ha così tante colpe, non fosse altro che per la delicatezza del passo indietro, quando si tratta di descrivere il giorno della strage. Non fa il cronista rampante, non ha il fazzoletto in tasca, lascia che il dramma di quel giorno ci parli dallo sfondo. E questo, per me, gli vale comunque un'attestazione di credibilità e di stima- anzi: mai come in questi giorni mi sento di pensare a questo autore in questi termini.
Quello che mi ha fortemente infastidito è stata l'operazione editoriale- e il fatto che il libro sia stato pubblicato a 30 anni dalla strage, e cioè a diritti d'autore scaduti, avalla la bontà del mio fastidio. C'ho visto giusto, mi verrebbe da dire. E quindi, mi dispiace ancora di più per l'autore.
Non ho mai visto le puntate de La Storia siamo noi relative alla strage, ma stasera le cerco in rete e le guardo: spero che ci sia un maggiore collegamento fra le ipotesi e i fatti di quanto non emerga qui: è chiaro che la tentazione del potere occulto è forte, ma è altrettanto chiaro che bisogna provarla in modo minimamente convincente: non con prove da tribunale, ovviamente, perchè quelle è doveroso (sarebbe doveroso) che lì finissero e lì restassero: ma con una trama credibile, più di quanto questa non sia.
Gilietta, hai ragione tu, naturalmente. Però io sono così stanca di misteri, di depistaggi, di occultamenti di evidenze che, alla fine, mi lascio ingannare anche da questi specchietti per le allodole. Per le allocche, mi verrebbe da dire: se non ci fosse stata Einaudi di mezzo - e un nome come quello di Macchiavelli- non lo avrei degnato di uno sguardo. Per cui, son stata scema due volte :-)
RispondiEliminaAl marito, a Mario, a Virò e a Muscaria rispondo che hanno ragione pure loro. E rimpiango un servizio pubblico che non fosse guidato dai suoi utenti, ma ne fosse esso stesso guida. Penso alla televisione degli albori, al Maestro Manzi, alla prosa in prima serata, agli sceneggiati di Cronin, alla signorilità di tutti gli intrattenitori televisivi di quegli anni- e mi viene da piangere.
RispondiEliminaIo, come sapete, sono quella che spegne l'apparecchio, da tempo immemorabile. Ne possediamo uno solo, per giunta nella nostra camera da letto, relegato dove può fare meno danni- e mio marito si lamenta lo stesso, perchè non riesce a leggere più come prima.
Però, sono ancora convinta che finchè ci viene lasciato il diritto di lamentarci e di dire la nostra, questo vada usato. Io lo faccio sempre, dove posso e ogni volta che posso, anche a costo di stravolgere un blog di cucina rendendolo quello che è. Ma finchè dura, resisto. :-)
ciao
ale
Anche noi abbiamo un TV solo. Io vedo solo film e il canale satellitare RAI Storia, il marito guarda Ballarò, Annozero, e le TV Greche e cipriote.
RispondiEliminaA mio avviso è OBBLIGATORIO dire la nostra anche se si rischia di rovinare amicizie in quanto le persone tolleranti sono sempre meno.
Notavo ultimamente di come il fatto che uno la pensi diversamente da noi stia diventando un nemico. Mi vien da piangere.
Tornando alla strage è da tener presente che la condanna definitiva della Mambro e di Fioravanti risale al 2000 e invece la condanna di Ciavardini è stata confermata nel 2007/2008 non ricordo esattamente. Come in tutte le stragi italiane, in 30 anni di discorsi se ne è fatti tanti, non ultimo quello di Cossiga che indicava la pista palestinese. Questo il link che avevo in archivio perchè ho l'ho fatto vedere alla mia figliastra, nata nel 1989.
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=1806
Accidenti, mi ero persa il marito!!!:-D
RispondiElimina(ciaooooo!!!)
Anch'io rimpiango la TV "guida-educativa" di un tempo ma la corsa all'audience l'ha sommersa, da tempo, senza troppe speranze di riemersione.Lo dimostra il caso Avetrana; non credo che in RAI e nella altre TV non sappiano che in Internet sta circolando lo sconcerto più profondo e la protesta più pungente per i commenti e per la meticolosa quanto orrenda informazione su tutti i più terribili particolari relativi al caso. Loro, incuranti, non danno segni di cedimento: evidentemente sanno che lo "stomaco" della maggioranza dei teleutenti è assai più forte della minoranza che si sta "stomacando".
RispondiEliminaSilvia, grazie.
RispondiEliminaLo vorrei guardare con Giulio, per cui in questo ponte lungo spero che si incroci un 'ora del nostro tempo libero.
E' chiaro che a me il confronto piace- e se è su una base comune, mi piace ancora di più. Per dire, ho sposato un uomo con idee politiche diverse dalle mie. Lui ha un'impostazione chiara, definita, convinta, io al momento darei delle testate nel muro, a destra, a manca e al centro. Le sole litigate che abbia mai fatto con lui riguardano proprio questa sfera: però, anche se su certe questioni siamo proprio come il giorno e la notte, c'è una base di conidvisione forte di valori comuni che non solo rende fruttuoso il dialogo, ma cementifica anche tante altre cose. Invece, mi trovo sempre di più a dissentire con persone che hanno avuto una formazione ideologica simile alla mia e che, nei fatti, si dimostrano lontani mille miglia da quegli ideali in cui abbiamo creduto- e in cui personalmente, mi ostino a credere e a difendere. Non farei la professione che ho scelto, altrimenti. Ecco, in quel caso lì, il confronto aumenta le distanze.
Tanto per restare sul terreno del libro, a me questo titolo è stato consigliato a più voci da amici di un chiaro schieramento politico, che me lo hanno presentato come la chiave del mistero e la conferma dei mali che attanagliano l'Italia:ora, io in linea teorica sono assolutamente d'accordo ( e hai voglia a non esserlo: mafia, p2, corruzione dei partiti, terrorismo...): però, non lo sono sul piano specifico: intendo dire che, prima di sparare sul pianista, voglio delle prove. Che questo libro non fornisce, come dice lo stesso autore: è docu-fiction. Ma questo non fa di me una pericolosa complice dei poteri di cui sopra. Invece, ultimamente, si è sempre più arroccati sull' "o con me o contro di me": e questo, onestamente, non mi piace.
Giulietta, la risposta è nelle ultime due righe. E' il popolo bue di cui discettava Morgan a XFactor l'anno scorso- e se guardi XFactor, che è l'unico programma televisivo targato RAI che guardo dall'inizio alla fine (perchè costretta dal blog :-))) hai uno spaccato dei nostri valori che ti fa accapponare la pelle.
RispondiEliminaPoco tempo fa, degli amici con casa a Cogne dicevano che tuttora c'è gente che va a fotografare la villetta della Franzoni. E quando vanno a fare la spesa in paese, c'è sempre qualcuno che chiede informazioni ai negozianti, per sapere dove si trova la casa. E' allucinante, in sè- ed è terrificante, se collegato all'efferatezza dei delitti. Ed è per questo che è ancora più intollerabile che un servizio pubblico ci vada a nozze e finisca per incentivare, anzichè reprimere, certi comportamenti... e fra poco, ci tocca pure il canone :-(
Con tutto l'amore per le irresistibili pagelle di x-Factor...perchè non è questo il post più cliccato, frequentat0 e commentato?
RispondiEliminarido amaro.
RispondiEliminapensa che l'estate scorsa, mi avevano invitato ad andare a fare i pizzoccheri (sic) e lasciar perdere i libri...
(in ogni caso, la pagina più letta, fra i libri, è quella della Camilla Lackenberg :-)))
I pizzoccheri hanno assolutamente il loro perchè ma mi sfugge l'invito...era della serie "datti all'ippica" (ma perchè i pizzoccheri?!) o una strana morra cinese in cui cibo batte carta?
RispondiEliminaLa ricetta prima- o quella dopo- erano i pizzoccheri della Dani...
RispondiEliminamamma mia, ci ero rimasta così male...:-)
in ogni caso,no, non era un datti all'ippica- ma l'anticipo della critica che continuano a rivolgerci molti food bloggers, e cioè che noi non abbiamo un'identità precisa.
Il che è verissimo, ma non potrebbe essere diversamente.
Parlo per me: può sembrare assurdo, ma le mie competenze sono documentate e documentabili nel mondo della lettura, della letteratura e dell'editoria, per non parlare dei viaggi (lì, sono anche figlia d'arte): non a caso, sono state due professioni, svolte entrambe con soddisfazione di tutti.
In cucina,invece, sono una dilettante e come tale mi comporto.
Per cui, per me ( ma in questo caso anche per la Dani) è più facile che in cucina si chiacchieri di fatti nostri che non di cose tecniche- e nei fatti miei ci sta tutto, anche uno sfogo su una televisione pubblica che non mi piace, per dire. Visto che MT riflette il nostro modo di intendere la cucina, abbiamo deciso di parlarne così.
E in ogni caso, vale per MT quello che ho detto sopra: finchè c'è uno spazio libero, ce lo viviamo in quanto tale, con buona pace di tutti: di chi ci segue e di chi no.
E comunque, abbiamo divagato- tanto per cambiare.... ancora un po' di te??? :-)))
Un certo SignorG che non sono io (purtroppo aggiungerei anche perchè mi piacerebbe averne la sensibilità) diceva che libertà è partecipazione. In questa considerazione ci stà tutto il caleidoscopio di colori che comporta una partecipazione in senso generale. Ecco che le multiple sfaccettature del blog MT sono un pregio non da poco ma non facilmente apprezzabile per mancanza a volte di una visuale più ampia (che comporta anche una maggiore attenzione ovviamente da parte di chi legge) o in modo più buonistico perchè può non piacere...ma a quest'ultima cosa io credo meno :P
RispondiEliminaQuindi chi vede mancanza di identità è perchè non riesce a scorgere il maggior carattere che contraddistingue un blog completo come MT da uno monotematico con il quale è più facile raffrontarsi ma dal quale si trae in termini personali mooooolto ma mooooolto di meno.
PS
Per inciso siete delle signore cuoche e non scherzo...sulla scelta letteraria invece :P...ok capito...mi dileguoooooooooo! aahhaahaahahah
Verissimo! L'identità frastagliata di MT è quello che lo rende un blog unico, divertente, interessante...un po' come un amico: detesto le persone monotematiche, prive di senso critico, autocelebrative...
RispondiElimina