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giovedì 25 giugno 2009

viaggio in sicilia - quinto giorno ( noto siracusa pantalica palazzolo acreide noto)


La sorpresa più bella del quinto giorno è la colazione al bed and breakfast di Noto, servitaci dai proprietari, in una gara all'ultimo respiro sul fronte dell'ospitalità: oltre al buffet carico di ogni ben di Dio, rigorosamente fatto in casa e appena sfornato, ci attende una macedonia di fragoline appena raccolte, profumate con la mentuccia dll'orto. Al solito, i minuti contati ci impediscono di goderci come vorremmo tutto questo splendore, e ci incamminiamo verso Siracusa ripromettendoci, l'indomani, di far colazione come tutti i cristiani, vale a dire godendocela un po' e non ingozzandoci come maiali, con l'occhio fisso sull'orologio in puro stile blocchi di partenza...

La prima tappa siracusana è Neapolis ed io non sto nella pelle dall'eccitazione: è il ricordo più vivido della mia vacanza da liceale, in occasione delle rappresentazioni tragiche e dopo venti e passa anni non vedo l'ora di tornare. Il velo di timore di rimanere delusa cade subito, di fronte al panorama inalterato che mi si para davanti.....



Per chi non lo sapesse, Siracusa è divisa in 4 quartieri, tre dei quali sulla terraferma e l'ultimo, Ortigia, su un'isola collegata alla città da un sistema di ponti. Neapolis è sostanzialmente un grande parco archeologico, immerso in un agrumeto profumato, che costituisce una sorta di unicum nel suo genere, proprio per il contrasto fra le rovine, resti di un mondo che non c'è più, e il ripetersi del ciclo della natura, che qui, oltretutto, fiorisce rigogiosa, con rami appesantiti da frutti che è difficle non raccogliere, tanto forte è la tentazione di tendere una mano. Io ho sempre trovato tutto questo molto "classico", nel senso più vero del termine, con questo implacabile e puntuale trionfo della vita della natura sulla caducità delle cose umane



Arriviamo mentre è in corso l'allestimento del teatro per le imminenti rappresentazioni tragiche, per cui troviamo operai al lavoro e sedili blu sopra le gradinate di pietra, che avevano fatto imbestialire uno degli ospiti del B&B, che si era lamentato con noi, durante la colazione, dicendo che toglievano magia al luogo e deturpavano l'ambiente. Sarà. Io la vedo in modo tutto diverso, però, complici una trentina d'anni di osservazione e di studio di scempi e di abbandoni delle nostre opere d'arte, dimenticate negli scantinati dei musei o lasciate in balia del degrado. E complice anche l'emozione pura, cristallina, lancinante, di una sedicenne innamorata dei suoi studi, a cui veniva data l'oppportunità di ripetere la stessa esperienza che i suoi amati greci avevano condiviso millenni fa, osservando la stessa rappresentazione tragica, magari seduti anche nello stesso posto....




Ovviamente, c'è una folla da far paura. E' sabato santo, turisti a go go, pullman da ogni dove e biglietteria spostata, rispetto al parcheggio- mio marito continua a sostenere che l'errore sia stato il mio, che ho dato indicazioni sbagliate, ma assolutamente no: le indicazioni erano giuste, è la biglietteria ad essersi messa nel posto sbagliato- e per raggiungerla dobbiamo passare lungo una fila interminabile di chioschi di bibite e di souvenir agghiaccianti. Il personale, però, è gentilissimo, nonostante la bolgia a prova di pazienza di Giobbe.

Arriva mezzogiorno che neanche ce ne accorgiamo, ma, come al solito, le cose da vedere sono tante. Ad Ortigia, ci fermiamo subito al mercato

...e poi, finalmente, eccoci nel cuore della città vecchia, in quella magica Ortigia sul cui fascino si è detto di tutto e di più- ma sempre troppo poco.....


Disdegnamo questo cartello, ancora non presaghi del ruolo che avrà nel nostro futuro

e ci orientiamo decisi verso la prima granita con brioche della nostra vacanza,


a cui fa seguito una sosta qui....



ed un'altra qui....



Fra l'una sosta e l'altra, riusciamo a vedere l'Annunciazione di Antonello nel convento di Santa Riparata, mentre non c'è nulla da fare per la Santa Lucia di Caravaggio, appena trasferita nell'omonima chiesa di Ortigia, adiacente al duomo, e non ancora visibile al pubblico. Supplico in tutte le lingue, ma invano. Anche il museo archeologico è chiuso e non ci resta che barcollare fino alla macchina, carichi di scorzette candite e frutta martorana, alla volta di Pantalica.


Il viaggio è un mezzo incubo e ad un certo punto mi piglia pure paura: strade impervie, isolate, senza nessun cartello, con cani randagi che spuntano all 'improvviso ed inseguono la macchina che arranca per la salita. Non posso aprir bocca, perché l'idea di visistare questa necropoli è stata mia, e mi limito quindi a dire dei secchi "di qua" e "di là", che ci portano dritti nella direzione sbagliata. A scanso di equivoci, dovete seguire la via per Ferla, non quella per Sortino, sbattendovene elegantemente dei segnali stradali, non come abbiamo fatto noi che dopo quasi un'ora di salita ci accorgiamo di aver raggiunto Pantalica dalla parte sbagliata.
Lo spettacolo è comunque impressionante



Oltre 5000 tombe neolitiche scavate nella roccia, a formare una specie di gigantesco e tetro alveare, reso ancora più cupo dalle nuvole che cominciano ad addensarsi suelle nostre teste



Riprendiamo la via del ritorno, e questa volta sono le strade interrotte a rendere allucinante anche questo tratto: mai visti così tanti sbarramenti, in una botta sola. Placo nervoso, paura e mal d'auto facendomi fuori tutte le scorzette che, nelle mie intenzioni, sarebbero dovute durare ALMENO fino a Natale. Quando arriviamo a Palazzolo Acreide, ho nausea, freddo e sono ancora più arrabbiata di prima


Palazzolo è un altro piccolo gioiello barocco che, pur non raggiungendo le vette di Noto, merita comunque una sosta, non foss'altro perché qui ci sono due fra le migliori pasticcerie della Sicilia tutta. Ci sarebbero anche i resti di Akrai, con i famosi Santoni, che però non sono accessibili e siccome inizia a piovere e fa un freddo cane, non ci resta che consolarci al tavolino del Caprice, con cannoli e latte caldo.



Verso sera, il marito inizia ad essere agitato: chiari sintomi pre partita, visto che in cartellone c'è Genoa Juventus, aggravati dal fatto che lui non è accanto alla squadra, a fare il cretino in gradinata, tutto bardato di rossoblu, ma è a prendere freddo con moglie e figlia, in un posto dove, a dispetto di quanto gli avevo assicurato, i decoder non esistono. Tornati a Noto, iniziamo una personale processione per tutti i locali pubblici, intonando una specie di litania, fra parabole e invocazioni, che non produce nessun frutto: alla fine, ci infiliamo nel primo locale a caso, sintonizzando tutti i cellulari su parenti e amici per gli aggiornamenti in tempo reale. Al primo minuto, i nostri vicini di tavolo iniziano a smanettare con un telecomando, si rivelano pericolosi juventini e tempo tre secondi mi son già trasferita da loro, che intanto, se si ha da soffrì, tanto vale farlo insieme. Fra un gol e l'altro, si chiacchiera- o meglio: io tento una conversazione con l'interista del tavolo e la moglie , mentre mio marito e l'altra coppia, manifestamente bianconera, sono in preda a sudori freddi e febbri a 90'. Il che autorizza mio marito a dire tutto quello che gli passa per la testa, in barba ad ogni regola di ospitalità, lasciando me a ricucire gli strappi.
Se non ci credete, eccovi uno stralcio di conversazione
Interista: " Di cosa si occupa, a Genova"
Marito: "......."
Moglie: " E' ingegnere"
I. " che ramo?"
Ma: ".........."
Moglie " è un meccanico, prestato al navale"
I. " Dove lavora???"
M. "........."
Moglie " Libera professione, lo studio di famiglia. E lei cosa fa? " rilancio, pensando che se riesco ad arrivare alla fine del primo tempo, magari quell'ultras che ho sposato torna in sè e si presenta
" io lavoro col mammo"
??????????' il mammo????? nel dubbio, richiedo.
" sì sì col mammo"
" ah, faccio io, spulciando rapidamente nel vocabolario mentale, alla ricerca delle parole dimenticate: macromelia, madamigella, madapolam, madiere, madore, maglio, malebolge, manducare, niente, "mammo"non c'è. Trovo però un "massaio", che sta lì dalla quinta ginnasio, reminescenza manzoniana che allora mi aveva fatto sorridere ( "Renzo era diventato massaio") e per non so quale associazione mentale decido che "mammo" è il maschile di "mamma", termine dialettale per indicare il padre. E così, confortata dalla mia spiegazione, mi lancio in una tiritera sui vantaggi e svantaggi delle aziende familiari, che neanche tremonti avrebbe saputo fare di meglio. Mi interompe l'interista, dando manate sulle spalle alla moglie e guardandomi fra lo stranito e il divertito " nooooo, che ha capitoooooo, col mammo, lavoro, quello delle cave, delle statue, delle tombe"
"...........il marmo?????......" Eh, appunto, che ho detto??? il mammo, il mammo"
Prestazione epica di Milito&Co, vinciamo 3 a 2 e siamo quarti.

3 commenti :

  1. ha dell'incredibile ma sono siciliana e so che è realtà pura!
    mi hai fatto scompisciare! grazie.

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  2. la sicilia dev'essere fantastica, il problema è che le cose che fan da mangiare son favolose all'ennesima potenza, quindi ringrazio di non esserci ancora stata altrimenti al ritorno devo fare il cambio di guardaroba ahah

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  3. Forse avresti capito meglio se ti avesse detto, come si dice da noi, co' marmuru. Ciao
    Rosalba

    RispondiElimina

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