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martedì 23 febbraio 2010

R. Rotemberg- City Hall/ H. Nesser, La rete a maglie larghe


Uno dei topoi letterari più consolidati nella letteratura "gialla" è quello del marito che torna a casa e trova la moglie morta. Sul fatto che non succeda praticamente mai il contrario o che il cadavere della vittima venga sempre trovato nel bagno o in camera da letto, è un mistero che lasciamo agli arredatori, agli psicologi e agli architetti, che hanno certo più compenteza di una povera lettrice come me. Nel contempo, però, non si può negare che lo schema, proprio in quanto consolidato, abbia più volte mostrato la corda, scivolando in risoluzioni banali, scontate e spesso noiose.
A confermare la regola, per fortuna, esistono le solite eccezioni, questa volta rappresentate da ben due romanzi che, pur affrontando lo stesso tema da prospettive diverse e con stili e soluzioni narrative decisamente distanti le une dalle altre, riescono comunque a svecchiare l'argomento e a restituirgli tale freschezza da farlo sembrare quasi una novità.

Il primo è City Hall, opera prima del canadese Robert Rotenberg che, sul momento, non mi aveva attratto per niente. Il solito legal thriller partorito da un avvocato, per giunta di matrice anglosassone e, come se non bastasse, apparenemente ispirato a Presunto Innocente, che di tale genere resta il capolavoro indiscusso- e per questo ingombrante: c'erano tutti i presupposti perchè rimanesse sullo scaffale della libreria. Qualsiasi sia stata la ragione per cui invece questo libro è finito nel carrello, gliene sono grata, perché era da tempo che non leggevo un libro così gradevole, nella composizione, nel plot narrativo e nella scrittura. La storia, come ho detto, è tutta incentrata sul marito che si autoaccusa dell'omicidio della moglie, il cui cadavere giace nel bagno e qui troviamo la prima novità, visto che lo schema consueto prevede la difesa ad oltranza dell'indagato dal sospetto di uxoricidio. Le indagini partono comunque, e sono affidate ad un team di personaggi- il poliziotto, il pubblico ministero, il magistrato ed altri di contorno- a cui spetta il compito di raccogliere prove e, da lì, di dubitare della confessione del marito e di arrivare alla ricostruzione reale dei fatti.
La trama, quindi, è al'insegna dell'azione, oltretutto movimentata da questi bruschi cambiamenti di fronte: eppure, il grande pregio di questo libro è che, a fronte di un plot incalzante, ciascun personaggio è introdotto dalla propria storia e in un modo così intimo e delicato che, quando egli fala sua comparsa sulla scena del dramma, il lettore conosce già tutto di lui. Rotemberg costruisce a poco a poco la sua galleria di protagonisti e di comparse, delineandoli con garbo e precisione, creando una sorta di narrazione parallela- incalzante e veloce il piano dell'azione, intimo e pacato il piano della presentazione- che permette all'autore di travalicare i limiti dello stereotipo del legal thriller per dar vita a personaggi originali , proprio in quanto portatori di un proprio passato e, di conseguenza, di una propria individualità Non a caso, in questo romanzo non esistono i "cattivi", se non uno sparuto gruppo di comparse, introdotte più per una funzione strumentale alla trama che per altro: e questo perché ogni attore ha alle spalle un vissuto che, in un modo o nell'altro, spiega e a volte giustifica il suo operato, in un modo così coinvolgente e toccante che da un lato ci rende incapaci di condannare e, dall'altro, ci intenerisce e ci commuove.

Di tutt'altro genere, come dicevo, La rete a maglie larghe di Hakan Nesser, altra opera prima dell'ennesimo giallista svedese, a cui però hanno fatto seguito altre avventure, molte delle quali con il commissario Van Verteren come protagonista.
Rispetto a City Hall, si torna al giallo classico, di indagine, seppure con un'ampia parentesi sulla fase processuale: tuttavia, la trama, lungi dall'esaurirsi con il verdetto, trae da qui l'impulso per la prosecuzione dell'indagine, per nulla conclusa con il verdetto di condanna del marito di turno, che torna a ricalcare lo schema ben noto, proclamando la propria innocenza. Non lo fa a gran voce, ma sommessamente, il che ammanta di ulteriore mistero una storia che, sin dalle prime pagine, si annuncia come complicata. Starà al commissario Van Verteren il compito di venire a capo del mistero, attraverso un metodo d'indagine consueto, per un personaggio che consueto non è. La quarta di copertina lo presenta come il nuovo Maigret, con una definizione ancora una volta deviante, ancorchè lusinghiera. Van Verteren, infatti, ha tratti tutti suoi, a cominciare da una burbera malinconia che nasconde un animo sensibile, ma non nel senso stereotipato del termine. La sua è una sensibilità strana e sorprendente e sfaccettata, che lo rende ora lucido spettatore di un matrimonio- il suo- ridotto da tempo a uno stanco simulacro di una vita coniugale e ora confuso, quando annaspa nei ricordi di ciò che poteva essere e non è stato. Bach fa da colonna sonora all'intera storia, raccontata con uno stile asciutto e piano, che rende ancora più efferati i delitti commessi ed atroci gli scenari che via via prendono forma.
Da leggere entrambi
Alessandra

2 commenti :

  1. Ale, leggere le tue recensioni mi fa sempre venire la voglia di allungare la mano verso il simbolico porcellino e di correre nella libreria più vicina.

    Beh, non proprio tutte le tue recensioni: Uno di Troppo non lo comprerei, se non in un momento di aberrazione mentale e al solo scopo di farmi due risate. ;-)

    Un beso!

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  2. Gracias. Solo che ora mi stanno venendo gli scrupoli, perché non vorrei influenzare il pubblico :-) con 'ste scemate...
    tolti, ovviamente, i Capolavori Assoluti di cui sopra :-)))))
    Se fossi in te, fra i due sceglierei City Hall
    ciao
    ale

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