Ma cosa cavolo ci è girato, di deviare verso il Vallum Hadriani, questo proprio non lo so. Il ruolino di marcia prevedeva di andare dritti nei Borders e di fermarci al Vallo solo se gli avessimo dato la classica facciata dentro- in senso metaforico, sia chiaro. E così è stato, a dire il vero: stavamo progredendo verso la Scozia quando, all'improvviso, spunta il cartello con le indicazioni, che ci dice che il famoso muro fatto erigere da Adriano per segnare i confini dell'impero è a poche miglia.
"beh, dai, otto miglia cosa vuoi che siano?" chiedo io, mentre annaspo nelle conversioni "quindici km, più o meno... praticamente è qui... e poi, scusa, ma se non lo vediamo adesso, quand'è che lo vediamo più?" E così è mezz'ora che giriamo, alla ricerca di un muro che non c'è, finendo di volta in volta ora al Vallum Camping, ora al Vallum Hotel, ora all'Hadrianus Pub e via dicendo. Alla terza volta che giriamo intorno alla stessa rotatoria, alla ricerca del cartello che non c'è, impietosiamo un indigeno che ci spiega che siamo da tutt'altra parte. Seguiamo le sue indicazioni e, alla fine, ci arriviamo: ma bisogna fare un pezzo a piedi, per il bosco, e sta iniziando a piovere, la creatura sbuffa "ma quando arriviamo, in Scozia?" e onestamente ha ragione: per cui, torniamo indietro e non se ne parla più.
Colline sinuose, rovine di abbazie, castelli e Walter Scott: signori, benvenuti nei Borders. Sono la regione più a sud della Scozia, quella che ci accoglie con tanto di confine e di insegne che ti annunciano che finalmente sei arrivato. Siamo elettrizzati, nonostante la coltre della pioggerellina sottile ci impedisca di godere appieno delle meraviglie che ci sfrecciano di fronte. Ce le gustiamo in silenzio, almeno fino a quando non arriviamo a Jedburgh, la nostra pima tappa in terra scozzese.
Jedburgh farà sì e no un quattromila abitanti e l'impianto urbano è adeguato al loro numero: in pratica, una strada principale, con poche case ai lati. Eppure, l'arrivo è da lasciar senza fiato, grazie ai resti dell'abbazia che sovrastano tutto il paese, testimonianza di un passato di prosperità e ricchezza. Furono i monaci agostiniani a fondarla, intorno al 1200, e a rimanerci per trecento anni, resistendo alle continue razzie a cui la città era esposta, a causa della sua posizione di confine con l'Inghilterra. Se ne andarono solo quando, al termine di una scorreria più violenta delle altre, la Chiesa di Roma li richiamò in patria, in seguito allo scisma degli Anglicani. E così, da quel momento, l'edificio fu lasciato all'abbandono ed oggi ne restano solo i ruderi che, stagliati nel cielo grigio, hanno un fascino antico e misterioso.
La pioggerellina si è fatta più intensa e, mentre il marito si rassegna e torna alla macchina a recuperare gli ombrelli, io e la creatura ci infiliamo in un pub dove servono gli shortbread fatti in casa. Basta uno sguardo d'intesa e, quando lui è di ritorno, siamo di fronte a mezzo metro quadro di biscotto, alto due dita e largo un palmo e per mandar giù il primo morso ci vuole una pinta di te. Ma almeno abbiamo risolto il problema del pranzo- e anche di quelli a venire, mi sa.
Siccome continua a piovere, rinunciamo a visitare l'interno, un po' perchè riusciamo a scorgerlo fra le rovine e un po' perchè abbiamo in programma altre due visite ad abbazie simili: il che, ovviamente, non si può dire agli abitanti di Jedburgh, ma se vi fidate, è così. Proseguiamo verso Kelso e lì decidiamo di visitare il nostro primo castello, che si annuncia così, dalla riva del fiume
Fllors Castle è il più grande castello abitato di Scozia: ne vedremo molti altri, con i vari duchi tutti alloggiati in un'ala e le altre sale messe a disposizione dei visitatori. Paganti, ovviamente, perchè sennò non avrebbe senso, però accolti con gentilezza e cortesia. In ogni sala troviamo testimonianze di vita vissuta, anche recenti ed anche private, come la foto della famiglia in campagna o quella del diploma del figlio a Eton ("un gran figo", sentenzia la creatura), il tutto in mezzo ad arazzi di Bruxelles, tappezzerie di seta- molte delle quali originali- mobili di finissimo antiquariato e quadri d'autore, dallo scontato Gainsborough al meno ovvio Matisse. Il clou, però, lo tocchiamo nella sala delle carrozze, con la foto del duca in stivaloni da pesca, che innalza il trofeo: una trota di non so quante libbre, esposta in una teca in fondo alla parete. Mentre gironzolo per lo shop, fra gli scaffali pieni di prodotti blasonati- dalla saponetta alla marmellata- inizio a temere il giudizio del marito, di solito critico verso questo genere di cose. Invece mi sbaglio: la visita gli è piaciuta, e proprio per questi aspetti di quotidianità, che lo rendono vivo e coinvolgente. Anzi, ha anche raccolto una chicca, nel pipì stop
I Borders vogliono dire Walter Scott: il più grande romanziere di Scozia, infatti, si trasferì qui da Edimburgo sin dalla più tenera età, per trovare sollievo alla sua cagionevole salute nell'aria salubre della campagna: la scelta gli giovò e, a quanto pare, gli piacque, visto che praticamente non si mosse più da questi luoghi, lasciando un'impronta indelebile nella loro storia: basti pensare che fu sceriffo della contea per ben 32 anni. Naturalmente, non c'è luogo dove non abbia dormito o mangiato o fatto una capatina ma, fra tutti, andiamo sul sicuro
Eccola qui, la famosa Scott View, il panorama che si gode dal punto in cui sir Walter era solito recarsi per starsene un po' in pace. Il tempo infame non permette foto degne di questo nome ma più di tanto non ci preoccupiamo: ce lo porteremo per sempre nel cuore
La tappa successiva è la Dreyburgh Abbey, che per noi segna la prima delle abbazie da visitare. A differenza di quella di Jedburg, sorge in un posto isolato e per raggiungerla c'è da percorrere un piccolo sentiero: per cui, ci si arriva a poco a poco, assaporando l'emozione, passo passo. Quando entriamo, ha smesso di piovere e l'erba è morbida e profumata. Io e la creatura passeggiamo lente, godendoci ogni anfratto, ogni scultura, quasi ogni pietra e finendo per perdere la nozione del tempo. Il marito fa segno da lontano che bisogna andare, ma non è ancora il momento: c'è ancora una cosa da vedere, la più importante di tutte
No, dico: pensavate forse che potessi lasciare da parte la tomba di Walter Scott? E che la mia personale collezione di lapidi, tumuli e tutto quanto fa cimitero fosse per sempre priva di un tale gioiello? mi avvio decisa sul lato ovest della chiesa, a colpo sicuro- e difatti la trovo subito, una lastra di marmo rosa, con su inciso il nome del grande romanziere. Accanto riposa il maresciallo Haig, che si distinse nella Grande Guerra per il suo valore. Il merito è tutto della guida, che ci informa in merito, perchè io, di 'sto tipo, non sapevo proprio nulla, ma quando si tratta di tombe non vado certo per il sottile e a un due per uno non posso certo dir di no.
Altro giro, altra abbazia: a Melrose, questa volta- e forse è la migliore di tutte, non fosse altro che per la simpatia dei doccioni zoomorfi: la guida dice di cercare il maialino che sona la cornamusa, ma per quanti sforzi facciamo, non riusciamo a trovarlo. In più, lo shortbread è staot finalmente digerito e ci è venuta fame: prendiamo un cream tea veloce- e pessimo- e poi ripartiamo di nuovo per quella che, per me, è la meta più attesa della giornata: Abbotsford, la residenza ufficiale di Walter Scott e la sua biblioteca.
Se mai mia sorella dovesse leggere questo diario di viaggio, sono certa che si farebbe prendere dalla malinconia: perchè, pur non essendo malata di libri come la sottoscritta, quando ci andammo insieme per la prima volta, neppure lei riuscì a restare immune dall'ammirazione per quella che, per me, resta la più bella biblioteca privata che io abbia mai visitato. E' un luogo dove le condizioni ideali della lettura- l'intimità, il raccoglimento, la tranquillità tutt'intorno-sono elevate ai massimi livelli, esaltate dalle proporzioni contenute della sala, dal caldo colore del legno, dai libri che tappezzano le pareti. E se poi si pensa che lì dentro furono composti Ivanohe, Rob Roy e La Donna del Lago, rimanere impassibili proprio non si può.
L'ultima tappa è Peebles, dove abbiamo prenotato un Bed&Breakfast. Ora è spuntato il sole e la valle del Tweed è di una dolcezza che ti stringe il cuore: le placide anse del fiume, le curve morbide delle colline, le macchie di rosa dell'erica stagliate sul verde cupo delle foreste ci accompagnano fino alla prossima meta. Prima, però, facciamo una deviazione verso Traquair House, che la guida indica come la più antica dimora signorile di Scozia ancora abitata. E' tardi per visitarla, ma il cancello d'ingresso è aperto e ci infiliamo nel viale. Che sia una dimora più antica delle altre è evidente dall'aspetto sobrio, quasi feudale dell'edificio, e dalla presenza delle antiche botteghe, un tempo parte essenziale del castello. Oggi rivivono, grazie allo spirito di iniziativa di alcuni giovani che hanno aperto botteghe di artigianato di ogni tipo. C'è anche un birrificio che produce tre tipi di birra e che purtroppo troviamo chiuso. Lì vicino un cartello ci informa che c'è appena stata la fiera, che ogni anno il signore del castello organizza per la popolazione della cittadina, ospitando stand e divertimenti di ogni tipo- il che ci fa sorridere, ma ci intenerisce un po'.
A Peebles, tanto per cambiare, è tutto chiuso, ad eccezione di un ristorante che sa di stella michelin, da almeno un km. Con tutta che a noi piace concederci, ogni tanto, qualche cena stellata, di norma teniamo separate le due cose, non foss'altro per come ci riducono i nostri viaggi alla fine della giornata. Quando stiamo per rassegnarci ad un tè con i biscotti, però, scorgiamo sull'insegna il nome del locale, e tutto cambia: perchè un posto che si chiama "Tontine" no può che esserci simpatico, a dispetto dei blasoni all'ingresso e dell'immancabile soup of the day ad aprire il menu. Ultima nota positiva il conto, davvero irrisorio. E così, satolli e felici, ce ne andiamo a dormire
A lunedì
Alessandra
Colline sinuose, rovine di abbazie, castelli e Walter Scott: signori, benvenuti nei Borders. Sono la regione più a sud della Scozia, quella che ci accoglie con tanto di confine e di insegne che ti annunciano che finalmente sei arrivato. Siamo elettrizzati, nonostante la coltre della pioggerellina sottile ci impedisca di godere appieno delle meraviglie che ci sfrecciano di fronte. Ce le gustiamo in silenzio, almeno fino a quando non arriviamo a Jedburgh, la nostra pima tappa in terra scozzese.
Jedburgh farà sì e no un quattromila abitanti e l'impianto urbano è adeguato al loro numero: in pratica, una strada principale, con poche case ai lati. Eppure, l'arrivo è da lasciar senza fiato, grazie ai resti dell'abbazia che sovrastano tutto il paese, testimonianza di un passato di prosperità e ricchezza. Furono i monaci agostiniani a fondarla, intorno al 1200, e a rimanerci per trecento anni, resistendo alle continue razzie a cui la città era esposta, a causa della sua posizione di confine con l'Inghilterra. Se ne andarono solo quando, al termine di una scorreria più violenta delle altre, la Chiesa di Roma li richiamò in patria, in seguito allo scisma degli Anglicani. E così, da quel momento, l'edificio fu lasciato all'abbandono ed oggi ne restano solo i ruderi che, stagliati nel cielo grigio, hanno un fascino antico e misterioso.
La pioggerellina si è fatta più intensa e, mentre il marito si rassegna e torna alla macchina a recuperare gli ombrelli, io e la creatura ci infiliamo in un pub dove servono gli shortbread fatti in casa. Basta uno sguardo d'intesa e, quando lui è di ritorno, siamo di fronte a mezzo metro quadro di biscotto, alto due dita e largo un palmo e per mandar giù il primo morso ci vuole una pinta di te. Ma almeno abbiamo risolto il problema del pranzo- e anche di quelli a venire, mi sa.
Siccome continua a piovere, rinunciamo a visitare l'interno, un po' perchè riusciamo a scorgerlo fra le rovine e un po' perchè abbiamo in programma altre due visite ad abbazie simili: il che, ovviamente, non si può dire agli abitanti di Jedburgh, ma se vi fidate, è così. Proseguiamo verso Kelso e lì decidiamo di visitare il nostro primo castello, che si annuncia così, dalla riva del fiume
Fllors Castle è il più grande castello abitato di Scozia: ne vedremo molti altri, con i vari duchi tutti alloggiati in un'ala e le altre sale messe a disposizione dei visitatori. Paganti, ovviamente, perchè sennò non avrebbe senso, però accolti con gentilezza e cortesia. In ogni sala troviamo testimonianze di vita vissuta, anche recenti ed anche private, come la foto della famiglia in campagna o quella del diploma del figlio a Eton ("un gran figo", sentenzia la creatura), il tutto in mezzo ad arazzi di Bruxelles, tappezzerie di seta- molte delle quali originali- mobili di finissimo antiquariato e quadri d'autore, dallo scontato Gainsborough al meno ovvio Matisse. Il clou, però, lo tocchiamo nella sala delle carrozze, con la foto del duca in stivaloni da pesca, che innalza il trofeo: una trota di non so quante libbre, esposta in una teca in fondo alla parete. Mentre gironzolo per lo shop, fra gli scaffali pieni di prodotti blasonati- dalla saponetta alla marmellata- inizio a temere il giudizio del marito, di solito critico verso questo genere di cose. Invece mi sbaglio: la visita gli è piaciuta, e proprio per questi aspetti di quotidianità, che lo rendono vivo e coinvolgente. Anzi, ha anche raccolto una chicca, nel pipì stop
I Borders vogliono dire Walter Scott: il più grande romanziere di Scozia, infatti, si trasferì qui da Edimburgo sin dalla più tenera età, per trovare sollievo alla sua cagionevole salute nell'aria salubre della campagna: la scelta gli giovò e, a quanto pare, gli piacque, visto che praticamente non si mosse più da questi luoghi, lasciando un'impronta indelebile nella loro storia: basti pensare che fu sceriffo della contea per ben 32 anni. Naturalmente, non c'è luogo dove non abbia dormito o mangiato o fatto una capatina ma, fra tutti, andiamo sul sicuro
Eccola qui, la famosa Scott View, il panorama che si gode dal punto in cui sir Walter era solito recarsi per starsene un po' in pace. Il tempo infame non permette foto degne di questo nome ma più di tanto non ci preoccupiamo: ce lo porteremo per sempre nel cuore
La tappa successiva è la Dreyburgh Abbey, che per noi segna la prima delle abbazie da visitare. A differenza di quella di Jedburg, sorge in un posto isolato e per raggiungerla c'è da percorrere un piccolo sentiero: per cui, ci si arriva a poco a poco, assaporando l'emozione, passo passo. Quando entriamo, ha smesso di piovere e l'erba è morbida e profumata. Io e la creatura passeggiamo lente, godendoci ogni anfratto, ogni scultura, quasi ogni pietra e finendo per perdere la nozione del tempo. Il marito fa segno da lontano che bisogna andare, ma non è ancora il momento: c'è ancora una cosa da vedere, la più importante di tutte
No, dico: pensavate forse che potessi lasciare da parte la tomba di Walter Scott? E che la mia personale collezione di lapidi, tumuli e tutto quanto fa cimitero fosse per sempre priva di un tale gioiello? mi avvio decisa sul lato ovest della chiesa, a colpo sicuro- e difatti la trovo subito, una lastra di marmo rosa, con su inciso il nome del grande romanziere. Accanto riposa il maresciallo Haig, che si distinse nella Grande Guerra per il suo valore. Il merito è tutto della guida, che ci informa in merito, perchè io, di 'sto tipo, non sapevo proprio nulla, ma quando si tratta di tombe non vado certo per il sottile e a un due per uno non posso certo dir di no.
Altro giro, altra abbazia: a Melrose, questa volta- e forse è la migliore di tutte, non fosse altro che per la simpatia dei doccioni zoomorfi: la guida dice di cercare il maialino che sona la cornamusa, ma per quanti sforzi facciamo, non riusciamo a trovarlo. In più, lo shortbread è staot finalmente digerito e ci è venuta fame: prendiamo un cream tea veloce- e pessimo- e poi ripartiamo di nuovo per quella che, per me, è la meta più attesa della giornata: Abbotsford, la residenza ufficiale di Walter Scott e la sua biblioteca.
Se mai mia sorella dovesse leggere questo diario di viaggio, sono certa che si farebbe prendere dalla malinconia: perchè, pur non essendo malata di libri come la sottoscritta, quando ci andammo insieme per la prima volta, neppure lei riuscì a restare immune dall'ammirazione per quella che, per me, resta la più bella biblioteca privata che io abbia mai visitato. E' un luogo dove le condizioni ideali della lettura- l'intimità, il raccoglimento, la tranquillità tutt'intorno-sono elevate ai massimi livelli, esaltate dalle proporzioni contenute della sala, dal caldo colore del legno, dai libri che tappezzano le pareti. E se poi si pensa che lì dentro furono composti Ivanohe, Rob Roy e La Donna del Lago, rimanere impassibili proprio non si può.
L'ultima tappa è Peebles, dove abbiamo prenotato un Bed&Breakfast. Ora è spuntato il sole e la valle del Tweed è di una dolcezza che ti stringe il cuore: le placide anse del fiume, le curve morbide delle colline, le macchie di rosa dell'erica stagliate sul verde cupo delle foreste ci accompagnano fino alla prossima meta. Prima, però, facciamo una deviazione verso Traquair House, che la guida indica come la più antica dimora signorile di Scozia ancora abitata. E' tardi per visitarla, ma il cancello d'ingresso è aperto e ci infiliamo nel viale. Che sia una dimora più antica delle altre è evidente dall'aspetto sobrio, quasi feudale dell'edificio, e dalla presenza delle antiche botteghe, un tempo parte essenziale del castello. Oggi rivivono, grazie allo spirito di iniziativa di alcuni giovani che hanno aperto botteghe di artigianato di ogni tipo. C'è anche un birrificio che produce tre tipi di birra e che purtroppo troviamo chiuso. Lì vicino un cartello ci informa che c'è appena stata la fiera, che ogni anno il signore del castello organizza per la popolazione della cittadina, ospitando stand e divertimenti di ogni tipo- il che ci fa sorridere, ma ci intenerisce un po'.
A Peebles, tanto per cambiare, è tutto chiuso, ad eccezione di un ristorante che sa di stella michelin, da almeno un km. Con tutta che a noi piace concederci, ogni tanto, qualche cena stellata, di norma teniamo separate le due cose, non foss'altro per come ci riducono i nostri viaggi alla fine della giornata. Quando stiamo per rassegnarci ad un tè con i biscotti, però, scorgiamo sull'insegna il nome del locale, e tutto cambia: perchè un posto che si chiama "Tontine" no può che esserci simpatico, a dispetto dei blasoni all'ingresso e dell'immancabile soup of the day ad aprire il menu. Ultima nota positiva il conto, davvero irrisorio. E così, satolli e felici, ce ne andiamo a dormire
A lunedì
Alessandra
dov'è la foto dello shortbread gigante??? ho finito giusto stamattina la mia penultima scatola comprata durante la mia razzia londinese di maggio, ora mi rimane solo l'ultima, la più preziosa, quella elegante di fortnum & mason e quindi sono molto sensibile all'argomento in questo momento! :P
RispondiEliminabacione! ale
E anche stasera mi hai allietato e invogliato a partire! Baci e notte,
RispondiEliminaElga
Mamma mia, pensa cosa ti saresti persa......!!!!Sono luoghi veramenti incantati. C'è da diventare matti. Bellissimo. Buona notte deny
RispondiEliminaAle, ce n'è metà sul vassoio delle tazze da te. E comunque, se aspetti le prossime puntate, siamo stati anche alla fabbrica della Walkers- e lì c'è una sorpresa. Io gli shortbread li faccio in casa e qui sul blog ci sono le due ricette, quella con l'aggiunta della farina di riso (la più diffusa sui blog e quella che non mi ha mai convinto) e quella senza. Ho dato un'occhiata agli ingredienti sulla scatola degli originali e la farina d riso non c'è, per cui l'ultima ricetta che ho postato, giusto pochi giorni prima di partire, dovrebbe essere quella che si avvicina di più. Anzi, secondo me sono (quasi) uguali :-)
RispondiEliminaperò, gli shortbread di Fortnum&Mason's... non fosse altro che per la confezione...mmmhhhh....
Elga, con il camper arrivi quasi ovunque fino a Inverness. Da lì in poi, devi sceglierti dei percorsi alternativi- non ti dico dove siamo finiti noi, ci passava a malapena la nostra macchina- che ti tagliano fuori un po' di brughiera, ma ne vale la pena lo stesso. Ne abbiamo visti tanti, moltissimi tedeschi, qualcuno anche italiano, per cui penso che siano anche ben attrezzati sul fronte dei campeggi e dei parcheggi. Fra l'altro, è il posto più sicuro al mondo- e, credimi, se c'è un'ansiosa, quella sono io. Però, se posso, con i bambini aspetterei ancora un po': Edimburgo va benissimo, perchè è una città magica, a Loch Ness ti lascio immaginare cosa c'è di mostri che suonano la cornamusa etc etc, ma per il resto rischierebbero di annoiarsi un po', perchè fai km e km senza vdere altro che brughiera. Il che, per un "grande" può essere il massimo della vita (per noi, almeno, lo è stato: dovevamo disintossicarci da tante cose), ma per un bambino, non so. Meglio Legoland...:-)
Ma dai Borders a Loch Ness, invece, la Scozia è perfetta per chiunque.
Deny, hai ragione. Cerco di condividerli con voi, ma essere sul posto è stata un'emozione incredibile...
ciao
ale
Ale, ce n'è metà sul vassoio con le tazze da tè, ma la prospettiva inganna, perchè era più grosso. In ogni caso, prossimamente su questi schermi, arriva la fabbrica della Walker's- perchè figurati se me la potevo perdere!!! Però, se fai una ricerca sul blog, trovi di sicuro le due ricette, quella con la farina di riso e quella senza. Io ho sempre storto la bocca sulla prima, perchè secondo me non era l'originale, però è quella che gira di più su forum e blog e così me ne son sempre dovuta stare buona. Nella ricetta della Walkers, però, non c'è: insomma, a farla breve, ho chiesto un po' in giro e no, loro non la mettono. Quindi, delle due che ho messo qui, l'originale è l'ultima. Provali, perchè sono pressocchè identici. Certo che però una scatola di shortbread di F&M... non foss'altro che per la confezione....mmmhhh....
RispondiEliminaElga, col camper e con i bambini è perfetta fino a Edimburgo (che è la città più magica del mondo)e potete arrivare comodamente fino a LochNess. Le Highlands "vere", invece, sono più impegnative e vi toccano per forza percorsi alternativi, meno suggestivi. Per i bambini, poi, secondo me non vanno bene: ci sono dei tratti in cui macini km senza vedere altro che brughiera: il che, se per un adulto è un toccasana, per un bambino può essere di una noia mortale. D'altra parte, sono imperdibili: per cui, o fai una toccata e fuga ad Edimburgo (in aereo ovviamente- e magari anche sotto Natale, non puoi immaginare che cosa sia, dieci volte meglio di Londra) oppure, se fossi in te, aspetterei ancora un po'. Ma legoland, dove è rimasta??? Guarda che io tifo per Edoardo..:-))))
RispondiEliminaDeny, ha assolutamente ragione. E' stato un viaggio completo, perchè la Scozia offre di tutto- natura, arte, storia, gastronomia, negozi bellissimi- e tutto al massimo grado. Io cerco di condividere qui luoghi ed emozioni, ma sul posto, credimi, è tutta un'altra cosa...
RispondiEliminaciao
ale
mi chiedo se la Scozia possa essere davvero la meta di una vacanza per chi soffre di dolori articolari ..In prospettiva dovrei andarci subito, prevedo anni abbastanza bui per la mia schiena...bellissimo reportage, ricco di notizie ed informazioni utili, mi andrò a guardare la ricetta degli shortbread,per intanto mi accontento di quella....buon sabato
RispondiEliminaBella domanda. Io mi son rotta una vertebra dorsale due anni fa. Si è più o meno rinsaldata, ma un conto è farsi male a vent'anni, un altro a 40 e passa. L'ortopedico mi aveva predetto che non avrei mai più potuto fare viaggi lunghi, specialmente in pullman (fino ad allora, ogni tanto continuavo ad accompagnare viaggi). Però, l'estate successiva siamo andati in Danimarca e prima ancora in Sicilia, con il fly and drive e tappe piuttosto brevi- e lì è andato tutto bene. Tanto bene che mi è persino passato di mente che, forse, non sarebbe stato il caso di fare un viaggio del genere... e difatti, ogni tanto un po' di mal di schiena mi è venuto, a dire la verità- ma sempre nel limite del sopportabile e solo nelle lunghe distanze che in Scozia non ci sono state. Secondo me, con l'aereo e poi la macchina, ce la fai benissimo
RispondiEliminaciao
ale
eccomi eccomi eccomi
RispondiEliminaho 2 giorni a casa per ppoter recuperare anche gli articoli che mi sono persa!
vado in full immersion anche se già so che mi farai soffrire d'invidia blu!
ciaoooooo
un bacione
b
che belle foto!!!! e che bei posti! ciao!
RispondiEliminacome faccio a riassumere la valanga di roba che mi viene in mente leggendo tutte insieme le puntate del tuo reportage?!
RispondiEliminaCommento con un piccolissimo aneddoto, per il resto ci penseremo: corso Europa contromano è una breve ed intensa esperienza; ti consiglio, se ami il genere, anche il brivido (da me testato un paio di giorni fa) di una rotonda percorsa interamente contromano. Perchè dopo una sola settimana di GB ti accorgi che hanno ragione loro: la guida a sinistra è davvero mooooolto più naturale... (anch'io sono parzialmente mancina, dici che c'entra?)
Mi hai fatto pensare che,vivendo nel Regno Unito (ed avendo dozzine di amici scozzesi) e' una vergogna che non abbia mai visitato la Scozia.
RispondiEliminaIl reportage e' davvero suggestivo.
Il te col limone era per voi?
Ciao. :)
Ciao Babs, bentornata! Qui sopra ti aspetta un duro lavoro di aggiornamento... non è che poi ci dai la colpa, se alla fine sei di nuovo stanca???
RispondiEliminaFairy Skull giro i complimenti al marito e alla figlia per le foto, ma i posti ci hanno messo del loro, da tanto sono belli :-)
Acquaviva...un'intera rotonda???? :-)
e comunque: come direbbe la nostra amica muscaria, gli Inglesi hanno SEMPRE ragione :-)))
Edith Pilaff :-) grazie: perchè almeno mi sfogo un po'... perchè quello del limone nel tè è mio marito e non hai idea delle figure che mi ha fatto fare, sempre dietro a chiedere il limone :-) ora gli ho letto il tuo commento: lì per lì è rimasto un po' perplesso, ora deve aver capito perchè sta sogghignando!!!
VAi in Scozia- e di corsa!!!
ciao
ale
ho letto tutto d'un fiato (come le puntate precedenti) a bocca aperta........ che bello, grazie per la condivisione e complimenti al fotografo !
RispondiEliminaMaria Chiara
P.S. non fosse per la tamutissima guida a destra mi ci sarei già fiondata....
Ale, ogni volta che leggo i tuoi reportages di viaggio mi convinco sempre più che viaggiare non basta: bisogna viaggiare con te per godere appieno dei luoghi visitati!!!
RispondiElimina...come sempre ci fai sognare!!!Voglio le foto con lista delle caccavelle!!!baci Fla
RispondiElimina