Ora, com'è che in questo periodo mi metta a leggere un libro con questo titolo, è fatto del tutto inspiegabile, che al momento mi sfugge. Di sicuro, però, c'entra l'autore, visto che Vitali è da anni sinonimo di evasione "alta", se mi perdonate il termine: una prosa garbata, un'ironia pungente ma mai amara, un umorismo felice e- su tutti- uno sguardo gentile e indulgente sulle cose del mondo capace di riconciliarti all'istante con la vita, anche nei suoi aspetti peggiori. E siccome in questi mesi ne ho bisogno, di viatici e di riconciliazioni, mi sono rivolta speranzosa a questo romanzo, non propriamente una novità (è del 2008), ma fino ad oggi mai finito sugli scaffali della mia libreria. Epperò, è stata una delusione. A tutto tondo, di quelle senza se e senza ma, resa ancora più pungente dall'affetto che son solita tributare agli autori che mi piacciono e che leggo con regolarità. Ma, davvero, non riesco a trovare un appiglio a cui aggrapparmi per imbastire uno straccio di difesa a questo romanzo, così inconsistente nella trama e così monocorde nella scrittura da farmi venire più volte il sospetto che non fosse il Vitali che amo, il vero autore, ma un fratello, un omonimo o il suo editore, in cerca di un titolo con cui chiudere il catalogo in bellezza.
E' la storia di un medico, il dottor Lovati, minato nel fisico da una grave forma di angina, che si trova per caso ad indagare sulla morte di un amico, il notaio del paese, stroncato all'improvviso da un cuore vecchio e malandato. La "lunga e penosa malattia" che dà il titolo al romanzo è la prima delle molte note stonate che suscitano nel dottore un interesse ben diverso da quello professionale, spingendolo a far domande e a richiedere risposte destinate giocoforza a portare alla luce i tanti scheletri che popolano gli armadi della tranquilla cittadina sul lago che fa da scenario alla vicenda. L'idea, in sè, potrebbe andar bene, così come anche la scelta di sviluppare la narrazione in toni apertamente crepuscolari: la malattia che consuma il medico diventa la cifra di una stanchezza del vivere, che rimbomba nelle nebbie dell'autunno novembrino, nel calare delle tenebre che soffocano il giorno, nel freddo che gela le ossa: la morte è la vera protagonista del libro, sia quando la si cita apertamente, nel ripetersi di riti consueti, sia quando la si evoca, nella grigia monocromia del paesaggio, nella evanescenza di una vita il cui significato sfuma, a mano a mano che ci si avvicina alla fine di essa.
Fin qui, però, tutto bene. Bene l'idea, bene la prospettiva, bene- benissimo- la scrittura. Volendo (ma proprio volendo) si sarebbe potuto frantumare la monotonia di una narrazione volutamente sottotono con qualche guizzo alla Vitali: che so, una "macchietta", un tocco di colore in questa banda desolatamente ingrigita, per tener sempre desta l'attenzione del lettore. Così non è stato- e pazienza, me ne son fatta una ragione. Anche perchè la speranza non era tanto uno scossone allo stile narrativo quanto alla trama: che invece, ahimè, non c'è stato.
E qui si torna al solito problema già più volte dibattutto su queste pagine, dell'identità del genere lettarario- e nella fattispecie dell'identità del genere del giallo. Che è quanto di più dettagliato e definito esista nella storia e nella teoria della letteratura. Se è vero che noir si nasce, è ancora più vero che "giallisti si diventa": nel senso che a presiedere la stesura di un romanzo giallo esistono regole ben definite e ben canonizzate che, se seguite tutte e tutte insieme possono contribuire a definire in modo corretto l'ossatura di una trama di questo tipo. Va da sè che il resto lo faccia la scrittura, la profondità di analisi, la capacità di nascondere senza dissimulare e la sicurezza del piglio con cui si conduce la sfida al lettore. Ma le regole son quelle- e guai a sgarrare. Chi lo fa, si trova ben presto a dover tappare falle, con l'affanno di chi sa che per una che si ripara, ne spunteranno altre dieci e tutte più grandi e difficili da arginare. Esattamente come succede a questo romanzo che, ad un tratto, sfugge dalla direzione in cui si era incanalato, diventando del tutto inconsistente. Il plot fa acqua da tutte le parti e la stessa scrittura, non più sostenuta dalla credibilità di una trama, si trasforma in un mero esercizio di stile.
Con tutto ciò, non mi dispero: Vitali è troppo bravo per poter essere mal giudicato per una prova non riuscita e gli devo tante e tali esplosioni di soddisfazione e di gioia, ad ogni lettura di un suo romanzo, che va bene così: a patto che torni alla materia che gli è più cara e al genere per cui ha rivelato negli anni un vero e proprio talento. Anche perchè di giallisti bravi ne abbiamo in abbondanza, mentre di narratori veri, purtroppo, no. E il solo pensare che Vitali possa lasciare la via vecchia per sperimentazioni che non sono nelle sue corde è roba che si tollera una volta- e mai più.
ciao
Ale
Prox rece: L'imbattibile Walzer
Fin qui, però, tutto bene. Bene l'idea, bene la prospettiva, bene- benissimo- la scrittura. Volendo (ma proprio volendo) si sarebbe potuto frantumare la monotonia di una narrazione volutamente sottotono con qualche guizzo alla Vitali: che so, una "macchietta", un tocco di colore in questa banda desolatamente ingrigita, per tener sempre desta l'attenzione del lettore. Così non è stato- e pazienza, me ne son fatta una ragione. Anche perchè la speranza non era tanto uno scossone allo stile narrativo quanto alla trama: che invece, ahimè, non c'è stato.
E qui si torna al solito problema già più volte dibattutto su queste pagine, dell'identità del genere lettarario- e nella fattispecie dell'identità del genere del giallo. Che è quanto di più dettagliato e definito esista nella storia e nella teoria della letteratura. Se è vero che noir si nasce, è ancora più vero che "giallisti si diventa": nel senso che a presiedere la stesura di un romanzo giallo esistono regole ben definite e ben canonizzate che, se seguite tutte e tutte insieme possono contribuire a definire in modo corretto l'ossatura di una trama di questo tipo. Va da sè che il resto lo faccia la scrittura, la profondità di analisi, la capacità di nascondere senza dissimulare e la sicurezza del piglio con cui si conduce la sfida al lettore. Ma le regole son quelle- e guai a sgarrare. Chi lo fa, si trova ben presto a dover tappare falle, con l'affanno di chi sa che per una che si ripara, ne spunteranno altre dieci e tutte più grandi e difficili da arginare. Esattamente come succede a questo romanzo che, ad un tratto, sfugge dalla direzione in cui si era incanalato, diventando del tutto inconsistente. Il plot fa acqua da tutte le parti e la stessa scrittura, non più sostenuta dalla credibilità di una trama, si trasforma in un mero esercizio di stile.
Con tutto ciò, non mi dispero: Vitali è troppo bravo per poter essere mal giudicato per una prova non riuscita e gli devo tante e tali esplosioni di soddisfazione e di gioia, ad ogni lettura di un suo romanzo, che va bene così: a patto che torni alla materia che gli è più cara e al genere per cui ha rivelato negli anni un vero e proprio talento. Anche perchè di giallisti bravi ne abbiamo in abbondanza, mentre di narratori veri, purtroppo, no. E il solo pensare che Vitali possa lasciare la via vecchia per sperimentazioni che non sono nelle sue corde è roba che si tollera una volta- e mai più.
ciao
Ale
Prox rece: L'imbattibile Walzer
l'ho sempre scansato un po' prevenuta, che mi consigli di leggere come primo titolo?
RispondiEliminaecco gli ultimi libri di Vitali, mio famoso vicino di casa mi hanno un pò stufato.... anzi a dire il vero gli ultimi non mi piacciono proprio non sò perchè....
RispondiEliminaper Piazza Gourmand anche io ti consiglio di non comperarlo non ne vale la pena e se vuoi puoi partecipare a libri vagabondi. Ti ricordi che ti avevo parlato di quest'idea? ora l'ho realizzata! un bacione Ely
La figlia del podestà. Per me, è in assoluto il più bello. Virò, ieri consigliava un altro titolo- te lo cerco nei commenti a I Custodi del Libro: lei è un'altra di cui ti puoi fidare, molto più di me.
RispondiEliminaEly, appena finisce questo periodo di mierda, partecipo eccome, a libri vagabondi. Anzi, la prox volta ne parlo anche qui, perchè mi piace moltissimo, come iniziativa.
grazie per lo sconsiglio: ho appena preso in edizione economica La Signorina Tecla Manzi- con quella, vado sul sicuro
ciao
dai vedrai che prima o poi passerà... ecco volevo proprio consigliare la Signorina Tecla Manzi, per me davvero bello e una finestra vista lago e amore di zitella questi secondo me meritano :-) grazie mille! un bacione Ely
RispondiEliminaConcordo su tutta la linea: anche a me piace Vitali, ma questo libro mi ha dato la stessa sensazione, e cioè che non l'avesse scritto lui. La parte gialla poi è totalmente inadeguata, parola di agathista appassionata.
RispondiEliminaSperiamo, Ely... Concordo anche sugli altri due, Un Amore di Zitella e Una Finestra vista lago. Meno Olive Comprese- che secondo me segna già un po' di stanchezza, anche se in certi punti è delizioso.
RispondiEliminaMa ciao, cara, todo bien? io pure, agathista appassionata ;-) ( e anche johndicksoncarrista, elleryqueenista, ruthrendellista... mi sa che apro una rubrica sul giallo classico, quasi quasi...)
Uuuuuh, Dickson Carr (e Carter Dickson)! Uuuuuh, Ellery Queen! Uuuuh, i delitti della camera chiusa!
RispondiEliminaPeraltro, anche Nero Wolfe mi intriga assai (di Goodwin poi sono innamorata da anni), che
per il giallo classico qui siamo sempre aperti.
Di Vitali invece io mi son fatta delle sonorem risate con Almeno il cappello.
Ciao a te, cherie, sì qui tuttapposto.
Senti, di Archie sono innamorata IO :-) sono anni che dico - e scrivo- che volevo Goodwin e ho sposato Nero Wolfe e se cerchi una delle primissime rece, quando ancora non c'era il blog, quella su un investigatore turco che si chiamava appunto goodwin ,ci sono le prove :-)
RispondiEliminaDi Stout ho quasi l'opera omnia, compreso il trattato di cucina...
...ma non ci credo, archie goodwin...:-)
p.s. pure mia figlia è in lizza, ma le minorenni, a casa mia, vanno a letto presto, devono fare i compiti, aiutare la mamma in casa etc etc...altro che fare la lily rowan!!!
Non mi dire che hai provato a fare lo stufato di opossum (l'ho letta anch'io quella raccolta dove c'era l'allegato con le ricette)...
RispondiEliminaGoodwin è quasi perfetto, a parte la lieve immodestia.
E poi ha delle uscite fulminanti, tipo quella dove dice più o meno "ho passato ore in cucina a guardare Theodore che sbatte nella ciotola l'impasto del(e qui non mi ricordo cos'era) per capire come mai gli viene meglio di quello che faceva mia madre giù nell'Ohio; potrebbe dipendere dal modo in cui tiene il cucchiaio".
Ho detto una scemenza.
RispondiEliminaTheodore è il balio delle orchideee, è Fritz il mago del cucchiaio.
Chiedo umilmente venia e vado a ritirare fuori Alta cucina dalla libreria.
Ma nooooo!! io aspettavo la rece vincente...e io cosa leggo adesso??? Sono rimasta folgorata da "Le braci", l'ho letto 3 volte...di seguito e ogni volta avevo paura di aver perso qualche sfumatura. Adesso urge consiglio!
RispondiEliminaLucia, ridooo! la citazione è un vago ricordo, anche perchè ultimamente i tomi son passati in camera della creatura, ma sappi che "leggere tutto Rex Stout" è uno dei tre propositi di ogni capdanno. E' nel blog pure questo, da qualche parte :-)
RispondiEliminaGreta, NON CI CREDO. e non sai quanto sia contenta. Tanto che ti anticipo che la prox rece è altamente positiva, anche se il genere è completamente diverso. Anzi, faccio come con questa e vado a scriverla subito, così la pubblico in tempi rapidissimi.
ciao
ale
Evisto che siamo su un blog di cucina, è proprio il casi di dire che "non tutte le ciambelle riescono col buco"...
RispondiEliminaIl vero problema di questo "giallo" è che Vitali ha trattato i lettori come Lonati tratta la moglie...rimanda a dopo, nasconde momenti importanti, dà per scontato che lei lo aspetti a casa, la rassicura che poi le spiegherà ed invece non le spiega nulla, crea nel suo animo falsi allarmi ed in noi la speranza che accada qualcosa che invece si trascina fino a Dongo per niente...
RispondiEliminaPazienza...speriamo che Vitali torni al più presto sulla retta via, anzi...sulla giusta sponda del lago!
non ho mai letto nulla di vitali ,pur sapendo che racconta di luoghi che conosco bene ed è ben accetto dalla critica, ma quando avevo visto la sua foto, non so, mi aveva bloccato. A me il suo aspetto non mi ispira...mi sa di naftalina, stanza in disordine, libri tenuti male....e come si fa a scrivere in un ambiente così! :-)lo so, questi problemi si curano ...e ho la consapevolezza di avere "qualche" mania ma... fate finta di niente....:-))) bacissimi
RispondiEliminaGrazie alla Biblioteca Berio e a quanto mi mette a disposizione, propio in questi giorni ho "aggredito" l intero Vitali. Questo libro, ovviamente, non c'è . Una perplessità : val la pena di aspettare che qualcuno se ne liberi facendone dono , oppure , visto che ho letto tutto-ma-proprio-tutto dell'autore, mi conviene passare ad altro ? (già pronto :Nicolas Witkowski ,TROPPO BELLE per il NOBEL, una passeggiata tra le intelligenze femminili tenute in ombra dai soloni della scienza... uno spasso))
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