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mercoledì 10 agosto 2011

Cracovia, diario di viaggio- secondo giorno (seconda parte)

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Si son fatte le due e, tolta la breve pausa al bar, camminiamo ininterrottamente da quasi sei ore, pausa pranzo in piedi compresa. La creatura inizia a lamentarsi, ma la prossima tappa è quella che a lei sta più a cuore, vale a dire la Fabbrica di Oskar Schindler, nel quartiere di Podgorze, subito al di là del ponte sulla Vistola. E così, stringe i denti e arranca per le vie di Kazimierz, come una specie di profugo che vede finalmente la meta.


Ma non ha fatto i conti con l'anima cattolica di sua madre, che vuole vedere anche le chiese al di là del muro e che, da buona cattolica, ascolta con paziente tolleranza le altre campane- e poi fa di testa sua. E quindi, procedo impavida verso la parte cristiana, prima verso la chiesa del Corpus Domini (merita il pulpito a forma di barca), poi verso quella di Santa Caterina (che col senno di poi si sarebbe potuta evitare, ma è proprio sulla strada, come si fa a non darle almeno un'occhiatina) e la maestosa e bellissima Chiesa Paolina dei Santi Michele e Stanislao, che da sola vale il viaggio. In più, come tutte le chiese dedicate ai martiri che si rispettino (le chiese, non i martiri), questa conserva alcuni particolari macabri che, se anche non hanno tutti i requisiti di autenticità e di bellezza, vantano il non trascurabile pregio di riaccendere l'interesse della creatura per pochi secondi, quanti ne bastano per trovare i gradini sporchi del sangue del santo e bocciare con un insidacabile "è tutto qui?" uno dei luoghi più sacri per gli abitanti di Cracovia. 


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come si dice "assorbenti" in polacco? E "maremma-la-maiala, ma è mai possibile che tutte le volte, in ogni viaggio, dobbiamo sempre avere di questi problemi", questo, come si dice? Ancora non lo so, ma riesco a farmi capire lo stesso da una pietosa commessa che piazza l'affare della sua vita, appioppandomene  una scorta da qui alla menopausa, con tanto di sitruzioni per l'uso, in rigoroso polacco.   Dopodichè, mi sento come la moglie del signor Duracell e propongo di andare a Podgorze a piedi. Dagli sguardi che ottengo in risposta intuisco di aver avuto idee più brillanti di questa e quindi mi rassegno a salire su una di quelle orribili macchine elettriche che stanno a Cracovia come i taxi a New York, con la non lieve differenza che i taxi son chiusi da tutti i lati e non ti cotringono ad arpionarti a tutti i sostegni ad ogni curva- e come si dice in polacco "più piano, pietà?"

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Oskar Schindler fu un eroe per caso: in origine, infatti, fu solo la bieca logica dell'interesse a spingerlo ad assumere manodopera ebrea nella sua fabbrica di stoviglie, per il semplice motivo che costavano meno degli altri operai. Ma fu quando assistette alla brutalità di un rastrellamento nazista nel ghetto di Podgorze che mutò radiclamente parere, iniziando a considerare gli Ebrei non come dei dipendenti da sfruttare, ma come delle persone da salvare. Da lì in poi, la storia è nota e per questo l'impazienza di arrivare cresce e diventa emozione pura, quando ci avviciniamo ai cancelli.

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A scanso di equivoci: dopo Auschwitz, l'altra tappa obbligata di un viaggio a Cracovia è questa. E non per l'edificio in sè-niente di più di un esempio di ripristino di architettura industriale- ma per quello che contiene. Dallo scorso anno, infatti, la fabbrica di Oskar Schindler è sede di un museo sulla storia del popolo polacco, dall'invasione tedesca alla sovietizzazione operata da Stalin, al termine della guerra. La parte più toccante, oltre che più completa, è quella dedicata alle angherie che i Polacchi dovettero subire nei primi anni Quaranta, qui ricostruite con una precisione storica estesa a tutti i campi, non ultimo quello della vita privata, di tutti il più commovente e il più straziante. Ovviamente, c'è spazio anche per l'opera di Schindler, che però viene inserita in questo contesto particolare, al tempo stesso origine e sfondo del suo agire. Il risultato è il ritratto di un uomo vero, ricordato con accenti di sincera gratitudine dalle parole dei suoi dipendenti, che trae proprio dalla concretezza dello scenario storico la potenza della sua eccezionalità, molto più di quanta sarebbe emersa da una celebrazione totu court, avulsa dal contesto e quindi più esposta alle lusinghe della retorica. Così, invece, è un altro colpo al cuore, specie per me che, in tutti questi anni passati a ricordare l'Olocausto degli Ebrei, e degli Zingari, e di altri poveri persguitati, avevo finito per dimenticare la tragedia del popolo polacco. Ora mi scorre sotto gli occhi, in una ricostruzione che non trascura alcun dettaglio- e, credetemi, è un altro colpo al cuore.

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Dalla fabbrica di Schindler all'ex ghetto nazista sono pochi passi e anche se il percorso non è dei più ameni (siamo in una zona industriale che poi sconfina in un quartiere popolare) decidiamo comunque di andare a piedi. Intanto, è l'ultima tappa e non si annuncia particolarmente impegnativa, per cui un ultimo sforzo ci sta. La creatura ha attaccato col tormentone di quest'anno (dopo il "niente da fare/niente da vedere" della Danimarca e il "voglio stare sdraiata su una spiaggia per un mese" della Scozia), lamentandosi perchè, a 16 anni, ha visto più chiese di tutti.
"Di tutti chi, scusa?"
"Di tutti i miei amici"- rispende, con l'aria scandalizzata di chi sa di dover dire un'ovvietà.
"Beh, non è mica un disonore, no?"
"A 16 anni, sì"

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Fu nel quartiere di Podgorze, a una manciata di km dalla fabbrica di Schindler, che i Nazisti edificarono il ghetto per gli Ebrei. Le deportazioni dal vicino quartiere di Kazimierz furono dei veri e propri rastrellamenti di massa, tanto che, alla fine della guerra, il 90 per cento della popolazione giudea di Cracovia non fu presente all'appello dei superstiti. Le condizioni di vita, allucinanti di per sè, lo erano ancor di più se paragonate alla raffinatezza di Kazimierz che, nel giro di pochi mesi, divenne un quartiere fantasma. Oggi, del ghetto, non resta più nulla, se non le tracce dell'antico muro, ben nascoste da una fila di brutte palazzine, in una via a sud della piazza. Tuttavia, i Polacchi, ben decisi a non dimeticare, hanno commissionato a due architetti di Cracovia un monumento alla memoria di quanto è accaduto, proprio in quella Plac Zgody che del ghetto era il centro e che oggi si presenta così
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Settanta sedie, in fila ma piuttosto distanti l'una dall'altra, a rappresentare tutto ciò che gli Ebrei dovettero abbandonare- case, mobili, oggetti personali. Il colppo d'occhio non è male, perchè la piazza è piuttosto grande, e la scelta di un monumento così essenziale, con un oggetto così quotidiano come appunto una sedia da cucina, rimanda immediato il senso di quella violazione di una dimensione intima e privata che è uno degli aspetti più dolorosi del ghetto. Sullo sfondo, la Apteka Pod Orlem, la Farmacia sotto l'Aquila, altro luogo simbolo per gli Ebri, grazie al ruolo che essa svolse in questo periodo: era l'unica farmacia del ghetto, nella quale tutti gli Ebrei potevano trovare cure mediche e notizie dal mondo esterno. A dirigerla, fino al giorno della sua deportaione, fu Tadeusz Pankiewicz, un altro eroe di questi anni, la cui minore notorietà, non ancora planetaria come quella di Oskar Schindler, nulla toglie ai suoi molti meriti. Lo sanno bene i gruppi di giovani Ebrei (ne contiamo almeno tre) che oggi stazionano sulla piazza, in attesa di poter visitare il museo ospitato nell'antica farmacia. In teoria, dovremmo metterci in coda anche nooi: ma son quasi le cinque e cominciamo a non farcela più. Fermiamo un taxi al volo e torniamo nel nostro appartamento

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Ditemi voi com'è che ad ogni viaggio- e sottolineo: ad ogni viaggio- mia figlia si porti dietro un solo- e sottolineo un solo- libro, sempre di Nero Wolfe. A casa, legge dell'altro: ma per i viaggi, tocca ad uno dei gialli della collezione di sua madre finire in valigia. La cosa in sè non sarebbe degna di nota, se non fosse che la creatura ha un'insana passione per l'investigatore della 34esima strada e il suo fido Archie Goodwin. "Colpa tua", replica ogni volta il marito, pronto a scansare eventuali responsabilità, visto che Rex Stout è anche uno dei suoi autori preferiti. Il che è verissimo, per carità: ma quando le ho detto "prova un po' a leggere questo", mica ero sottinteso che ad ogni viaggio- e sottolineo- questa dovesse andare in smanie "perchè voglio tornar presto in albergo per vedere come va a finire". Ho creato un mostro, mi sa- e ne pago tutte le conseguenze

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Rientrati in hotel, guardiamo l'orologio: non sono neppure le sei e, se dipendesse da me, uscirei subito dopo la doccia. Invece, bisogna patteggiare: un tè per il marito, due capitoli per la creatura e tanto vale dedicarsi alla scelta del ristorante per la sera, che il pranzo in piedi di poche ore prima trasforma in una vera e propria urgenza. Quando siamo pronti (con rilettura delle parti più significative dei due capitoli concessi), torniamo alla città vecchia, passando questa volta per la famosa via Florianska, di cui parlano tutti, turisti e viaggiori indistintamente


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CVD: bella, bella, bellissima- ma un po' lontana dai nostri gusti. Troppo commerciale, se mi passate il termine. I negozi sono catene internazionali oppure trappole per turisti, è tutto un distribuir volantini e consigli per cenare qui piuttosto che altrove e alla fine ci scopriamo ad accelerare il passo (ma non doveva essere una passeggiata?) per raggiungere la nostra amata piazza. Dove c'è una violinista in erba che suona bene e che arresta il nostro passo.

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Mentre la creatura intavola una discussione con la bambina (da "quanti anni hai" a "come tieni l'arco", tutto in rigoroso italiano di qua e polacco dall'altra parte), io mi metto a chiacchierare con un ragazzo di Torino, che è a Cracovia per la seconda volta e che, a quanto pare viaggia da solo. Il marito ci raggiunge subito dopo, distratto com'è da un gruppetto di tifosi in sciarpa rossoblu, scortato dalla Polizia che neanche fossero i fratellini di Ivan il Terribile in gita. Dopodichè, salutiamo, ci godiamo ancora un po' di artisti di strada, ci rilassiamo davanti ad un aperitivo e poi affrontiamo l'ultima maratona della giornata, vale a dire la cena


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Il ristorante è il famoso Miod Malina, magnificato da tutte le guide, che serve la tipica cucina polacca. Ergo, pierogi per tutti, zuppa di funghi in crosta di pane (per me), costine di maiale marinate al miele in salsa di prugne (la creatura) e cerco in salsa di amarene (il marito). I pierogi sono fritti e non ci esaltano, mentre il resto ci soddisfa pienamente, ma mai come l'avventore che si trova al tavolo di fronte a noi e che da subito cattura l'attenzione di quella malata di sky che mi ritrovo per figlia

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"Mamma, hai presente una famiglia a dieta?"
Mi guardo intorno: il marito è di nuovo prossimo al traguardo del quintale, la creatura è in piena fase di crescita e per quanto riguarda me, è meglio lasciar perdere: è evidente che no, una famiglia a dieta non ce l'ho presente, neanche un po'.
"Sai, quel tipo che mette a dieta tutti, con la storia dei cibi sani, leggeri, senza grassi- e via il burro, lo zucchero, l'acool, i grassi.... beh, è quello lì di fronte a noi, subito dietro la montagna di piatti sporchi e..uh, ha ordinato un mega gelato!!!"
...proprio vero che le soddisfazioni che ti danno i tuoi figli, non te le dà nessuno....
(continua...)


7 commenti :

  1. ecco, ora mi hai creato una dipendenza da post da viaggio...

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  2. Tutto molto interessante e toccante.
    Davanti quella rivendita di ciambelle(?) per strade era solo pura curiosità, vero? :-)))
    Il prossimo giro che faremo assieme, esigo la presenza della Creatura :-D
    Fabio

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  3. Tua figlia è un mito! Sono già terrorizzata della mia che a 9 anni passa un mese e mezzo di vacanze dai nonni in Molise ed ogni volta che la sentiamo per telefono (a parte il fantastico accento Larinese) ci tramortisce con frasi da grande e che mi fanno venire voglia di lanciarmi dalla torre del Mangia. Il tuo viaggio è fantastico. Cracovia la conosco solo per averne letto tanto organizzando viaggi per i miei gruppi, ma non ho ancora avuto l'occasione. Sono qui che aspetto le prossime puntate con grande curiosità (salutami la Creatura ;)) BAcione, Pat

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  4. Fabio, temo fortemente che il prossimo viaggio gli elementi accessori saremmo noi ...;-)

    Patty, preparati al peggio :-) e comincia a fare un corso da paracadutista :-)
    Anch'io ho organizzato viaggi per lungo tempo (sono figlia d'arte, mettiamola così) e anche se ormai viaggio solo per piacere, la fissa dell'organizzazione mi è rimasta.
    Le prossime puntate domani e venerdì
    ciao
    ale

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  5. acq1uaviva ha ragione, questi tuoi post creano dipendenza!!!
    Ormai mi sono appassionata a questo bellissimo viaggio!!
    Prendo appunti che mi hai fatto venir voglia di andare a Cracovia, anche se il prossimo viaggio ormai è deciso, marocco per noi, guida già ordinata, hai consigli?

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  6. ha ragione acquaviva, questi tuoi post creano dipendenza, ormai mi sono appassionata a bellissimo racconto di un meraviglioso viaggio!!
    Prendo appunti, che mi hai fatto venir voglia di andare a cracovia!!!
    Il prossimo viaggio ormai è deciso, Marocco per noi, ma poi Cracoia, è deciso, grazie a te!!!
    Sei mai stata in marocco?

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