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martedì 9 agosto 2011

Highway to Khan- il nuovo reportage

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... che poi per noi è un ubi major, perchè cosa volete che sia il mio viaggio a Cracovia, con tutti i comfort da signora di mezza età, con quello che invece per noi è il Vero viaggio dell'anno? La Polo dei nostri tre amici avanza intrepida sulla rotta del più glorioso omonimo e questa volta ci porta a Safranbolu,per una versione turca del tè nel deserto: al posto delle dune, l'aspro paesaggio rurale della Turchia interna, il cay al posto della solita infusione e, invece dei biscottini da meditazione, pomodori, cetrioli e, buon peso, una pannocchia bollita. Che per la meditazione, però, vanno benissimo lo stesso....

 


Verso il kurdistan, dopo istanbul, abbiamo scelto Safranbolu. Secondo Lonely Planet il secondo posto più importante da visitare in Turchia. Patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO.





Seguiamo l'autostrada verso ankara, la migliore incontrata dall'Austria ad oggi. Il sole ha iniziato a picchiare forte, e macinare kilometri diventa anche una questione di resistenza fisica. Sulle salite, la polo arranca, mi sento Pantani. Quando lo dico la risposta è "infatti va che fine ha fatto...".


A 150 km da Ankara svoltiamo verso nord, ed entriamo in una Turchia più rurale. Gli autogrill mastodontici a ponte sull'autostrada, sono sostituito da piccole baracche lato strada con fornelli per il cay.


Dopo 300 chilometri filati, ancora 80 per safrabali. Abbiamo bisogno di una sosta. Ci serve un cay come a braccio di ferro servivano gli spinaci. 2 signore stanno pulendo un mucchio di simil-peperoncini ( che dopo attenta analisi capiamo essere Okra: simili a piccoli peperoncini che sanno di cetriolo. Li ho già mangiati, non so dove, forse in Marocco ).


Danno ordini al figlio che si mette a trafficare per prepararci il cay, e un piccolo spuntino: 3 pomodori, 3 cetriolini, e una pannocchia bollita. Da noi di solito vicino al the danno un biscottino, ma comunque va bene.


A giudicare dalla confusione che fanno nella preparazione sembra non siano proprio abituate agli avventori, ancora meno se stranieri, vestiti da team e con la macchina piena di adesivi.


Sono di un'etnia particolare. Turkomanni, o russi. Faccie grosse e larghe. Non ottomane e non curde.


L'acqua si scalda con lentezza zen. Loro continuano a pulire gli okra, e ogni tanto alzano la testa per guardarci, noi seduti sul loro divano, guardiamo un po’ loro, e un po nel vuoto.


Mentre guidavo ascoltavo Battiato, e ora mi torna in testa: "per un istante, ritorna, la voglia di vivere ad un'altra velocità...".


Guardo il vuoto senza pensare a niente.


Si fermano anche due poliziotti. Pensiamo subito che si vogliano inventare una multa, invece comprano dei fagiolini, sorridono, e ci indicano la strada per safranbolu ( che poi scopriamo essere sbagliata. D'altra parte non è che ti puoi aspettare più di tanto. )


Beviamo il cay, paghiamo 5 lire e un maglietta Highwaytokhan per il bambino, più perplesso che gioioso.

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Dopo 400 km di quasi nulla prima di safranbolu un'altra cosa richiama la nostra attenzione. Appena prima di Karabuk, sulla sinistra, un complesso industriale immenso! Odore intenso che mi ricorda... La litoranea ionica intorno a Taranto! Un'acciaieria modello sovietico di dimensioni impressionanti, cielo plumbeo sopra. Le strade diventano rossicce.


Barbieri afferma: "karabuk è il posto più brutto che ho visto in vita mia".


Superiamo, arriviamo a Safranbolu Nuova, Barbieri: "safranbolu è il secondo posto più brutto che ho visto in vita mia".


All'Unesco gira dell'ottima grappa, o quelli dell'acciaieria han fatto volare un bel po di lire turche?

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Poi effettivamente seguendo l'indicazione per il borgo antico, scendiamo una riva di un burrone e ci si apre davanti un sorta di borgo dall'alto Adige. Pieno di pensioni e ristoranti, pochissima gente.


Però c'è qualcosa di strano che non riusciamo a cogliere.


Safranbolu effettivamente non è brutta, tutte case originali ottomane, in legno, ben conservate. Ma sembra abbiano fatto di tutto per isolarla da quello che c'è intorno, senza riuscirci del tutto. Ristorantini e negozietti semivuoti, prezzi alti, ma, ad esempio, i pullman anni 50, sporchi ( che fanno la tratta acciaieria-cittàdimenticatadadio-borgo antico) ti riportano al contesto.


Mi ricorda Chefchouen in Marocco. Per le viuzze, le viti americane e i ristorantini, ma chouen rimane più originale, e soprattutto intorno ho solo natura... Il contesto è importante.

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Perplessità.


Il contrasto da questi localini improbabili e la baracca sporca del cay a bordo della statale mi lascia interdetto.


Alla mattina, dopo aver pagato 120 lire (20 euro a testa), tanto per la zona, partiamo verso mar nero e monastero greco ortodosso di Sumela.

Federico Maccagni di Highway To Khan sulla via per Ulan Bator in Mongolia

2 commenti :

  1. che incantevole posto :)))
    il rosso dalle mani è andato vi a???? ciao sono veronica su foodblogger italia sono peccati di dolcezze , ti seguo sono la 667!
    se puoi passa nel mio piccolo blog www.noara-nuvoledizucchero.blogspot.com ciaooooo alla prossima

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  2. ciao Veronica, hai visto che viaggio? Se cerchi nel blog trovi tutta la storia, dai preparativi in poi.
    ps è diventato rosa :-) passo appena possibile, ciao
    ale

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