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venerdì 13 gennaio 2012

Buono? Immensamente di più.......Coniglio "dos e brusch" (dolce e acido)

coniglio dos e brusch

Giusto l'altro giorno, leggevo sul Corriere del boom delle visite agli Uffizi e al Louvre. Record storico per entrambi i musei, interpretato come uno dei tanti segnali della crisi economica in cui ci troviamo: si snobbano gli eventi calati dall'alto, si guarda alle mode con il sospetto che nasce dalla paura dell'effimero e, per contro, si torna al conforto delle ricchezze avite, tutte accomunate da quel "km zero" foriero di sicurezze che non riusciamo più a trovare altrove.
Non so se dipenda dalla crisi, ma è un fatto che da qualche tempo la mia cucina abbia drasticamente virato sui binari della tradizione. Per anni, sono stata una sostenitrice del "famolo e mangiamolo strano" e la mia lista di ristoranti stellati dove prima o poi avrei immolato il contenuto del salvadanaio era tutta orientata verso cucine che esaltavano i cibi attraverso l'uso di tecniche nuove, al limite anche estreme, tutte giustificate dall'urgenza di recuperare sapori essenziali e puri. A casa, mi cimentavo in esperimenti strampalati, drasticamente tarati sulle mie capacità, proponendo versioni mignon di piatti usualmente serviti in porzioni pantagrueliche, servendo salati sotto forma di dolce, solidi in forma di liquidi e via dicendo, fra lo stupore di chi della mia cucina godeva una volta al mese e la preoccupazione di chi, invece, doveva sottostarvi tutti i giorni. 
Finchè, ad un certo punto, mi sono stufata. Molto hanno fatto le ricerche in occasione di un libretto che avevo scritto sulle tradizioni culinarie italiane, che mi hanno fatto scoprire mille mondi, tutti diversissimi fra loro e tutti ugualmente affascinanti; molto ha fatto la pace familiare, con le lasagne al forno che diventavano immensamente più buone se servite nel piatto e non nella scodellina di bambù; e molto- moltissimo- si deve alla curva a gomito di quest'ultimo anno che ha avuto il merito di "riportarmi a casa", a scoprire tutte le sfumature di una vita domestica e familiare, vissuta a 360 gradi e non assaporata quel tanto che basta per fare rifornimento e ripartire. 
C'è andata di mezzo anche la cucina- da sempre strumento privilegiato per esprimere i miei stati d'animo- e anche se ormai son quella dei finger food, la virata verso le ricette di una volta si sente, eccome. Non so se si è vista anche qui sopra (tendenzialmente, pubblico a caso, a seconda della fotogenia dei piatti, purtroppo), ma vi assicuro che se prima stavo ore e ore a pensare a come destrutturare il minestrone ora passo altrettanto tempo su testi classici, anche antichi, confrontando quadernetti e tradizioni orali. 
Prova ne è questo stufato di coniglio che appartiene al quarto monferrino del mio altrimenti genovesissimo sangue. La ricetta non è di famiglia, ma alla famiglia mi richama per quel sentore agrodolce di cui i Piemontesi, al pari dei Siciliani, son maestri. Ci sarebbe anche un tocco del "dolce forte" toscano, con la presenza del cacao, naturale completamento della selvaggina, ma gli amaretti, il Barbera e le cipolline di Ivrea la ancorano al territorio come non mai. 
La studiavo da un po', questa ricetta, esattamente come da un po' studiavo il contest della Ele, amica dolce e cara, a cui oggi mi unisce, fra le molte cose, la nostalgia per ciò che è lontano. Ero partita da "volevamo stupirvi con effetti speciali", stufati di frutta e di paesi ai margini del mondo, sono approdata sulla soglia di casa, in mezzo a profumi noti e a quel sapore agrodolce che intesse ogni momento di questa parte della nostra vita ma che ce la rende comunque unica e preziosa.



da A.  Molinari Pradelli, La Cucina Piemontese

CONIGLIO DOS E BRUSCH
per 6 persone

un coniglio
3 cucchiai di olio EVO
2 spicchi di aglio schiacciati
un rametto di rosmarino
mezza bottiglia di Barbera
un dl di aceto forte
un cucchiaio di cacao amaro
2 cucchiai di zucchero
3 chiodi di garofano
3 bacche di ginepro
un frammento di cannella
un nonnulla di noce moscata
5 amaretti pestati finemente
12 cipolline bianche di Ivrea
sale


coniglio dos e brusch

Dopo aver tagliato il coniglio a pezzi, rosolatelo in padella, dove già sfrigola dell'olio profumato con rosmarino e spicchi d'aglio. Rigirate e cuocete uniformemente.
Ora, in una casseruola (possibilmente di rame) deponete i pezzi di coniglio appena rosolati, versate tanto vino rosso fino a coprirli, quindi aggiungete aceto forte, spolverizzate sia il cacao che lo zucchero, profumate con chiodi di garofano e bacche di ginepro, raspatura di noce moscata e di cannella, salate, incoperchiate e fate cuocere adagio.
Dopo circa un'ora, il coniglio è cucinato. Togliete i pezzi e disponeteli nel piatto da portata, preriscaldato in forno; nel fondo di cottura, passato al setaccio, aggiungete gli amaretti pestati e qualche cipollina.
Rimettete sul fuoco a sobbollire, quindi contornate il coniglio di cipolline, ricoprendo il tutto con la salsa e servite


Note mie

Ricetta facilissima, per la quale l'unico vero trucco è la pentola: ci vorrebbe una casseruola di rame, che non possiedo (Caro Babbo Natale, etc etc) ma va bene anche una signora pentola, meglio se col fondo antiaderente. Non si attacca nulla, perchè la cottura è quella di uno stufato- tanto liquido, poca fiamma- però vi evitate la noia di dover controllare ogni tre per due. Ovviamente, ci vuole anche un coperchio "che tenga", proprio per assicurare la sufficiente umidità alla cottura. 

La rosolatura va fatta a parte e la cottura seguente prevede che si eliminino sia l'aglio che il rosmarino: questa è una procedura che mi ha conquistata. Nessuna traccia di unto, nessna traccia di sapori forti, ma solo un cenno, un retrogusto lievissimo, smorzato com'è dalla lunga cottura. Ne risulta un bilanciamento di sapori perfetto- alla faccia della "semplicità" degli antichi.

Non fatevi ingannare troppo dagli assaggi in cottura: le punte di acido e di dolce si smorzano via via, sia col tempo passato sul fornello, sia con la cottura delle cipolline e l'inserimento degli amaretti. Non so dirvi se e quanto ci guadagni col riposo, uno stufato del genere, perchè da noi il mezzo minuto speso per fotografarlo è stato una specie di concessione dal cielo e di avanzi non ce ne sono stati: ma vi assicuro che così è perfetto.

Il vino: il Barbera sarebbe d'obbligo e vi direi di non derogare, se possibile. Fa tutto parte di quel discorso sul bilanciamento dei sapori finali e la nota acida del vino ha un suo perchè. Calcolatene una mezza bottiglia abbondante, perchè il coniglio va coperto quasi del tutto.

Le cipolline impiegano 5-6 minuti a cuocere, a fiamma media: tenete conto sia di questo tempo sia dell'aumento del calore, per evitare che vi si asciughi il fondo di cottura. E' meglio tenerlo più liquido (è per questo che vi dicevo che mezza bottiglia di Barbera ci vuole) e semmai farlo ridurre sul fuoco, dopo aver tolto le cipolline. Seguendo la ricetta, non sono incorsa in nessun inconveniente, ma se il fondo fosse stato più abbondante non si sarebbe lamentato nessuno. Potete anche far cuocere le cipolline da parte e insaporirle nel fondo solo per un minuto o due- e a pensarci bene, questa è la soluzione migliore...

Repetita juvant: filtrate il fondo di cottura. Io l'ho fatto addirittura due volte, prima della cottura delle cipolline e dopo, una volta tolte queste ultime e tenute in caldo con il coniglio, per eliminare anche leloro tracce: otterrete una salsa vellutata, densissima, molto vicina a certi roux dell'altra cucina.

Se abbinato alla polenta, è un grandioso piatto unico. Altrimenti, un robusto secondo, con un purè di patate o anche di carote, come contorno. In entrambi i casi, un piatto da porca figura, che darà soddisfazioni immense, a voi che lo avete preparato e ai commensali che lo avranno mangiato. Provatelo, perchè ne vale davvero la pena.
ciao
Ale

35 commenti :

  1. Bellissima ricetta Ale!!!Mi piacerebbe assaggiarlo e poi rifarlo per vedere, comunque prossima settimana vedo di provare, ho una Staub nuovissima che dovrebbe fare al caso suo.
    Gli amaretti m'intrigano parecchio........Vediamo!
    Quanto mi piacciono queste cotture lente lente e l'intingolo che prende tutto cio' che c'è di meglio, la scarpetta è d'obbligo.........anche con la polenta!!! :-)
    Diana

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    1. diana, la Staub è assolutamente perfetta. copri bene, abbassa la fiamma e lascialo lì. Vedrai che roba!!! E che scarpette!!!

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  2. Non potrei essere più d'accordo con te! Un ritorno alle nostre sane, splendide e variegate tradizioni è assolutamente doveroso. Ogni tanto un po' di famolo strano, così per vivacizzare, ci vuole e anche un occhio alle cucine straniere bisogno buttarlo spesso, ma quando si vuole mangiare bene e stare bene, non c'è niente di meglio di un piatto come questo: semplicemente superlativo!!!

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    1. ...sarà che ci trovo un mondo, in queste cucine a cm zero... e mettici anche che questo mondo mi piace: non sono una chimica nè una biologa e oltre la soglia minima dei valori nutrizionali del cibo (fa ingrassare/non fa ingrassare) non vado: per cui, di approfondire il perchè dell'azoto liquido o dell'agar agar, dopo due minuti, mi stufa. Mentre non mi stancherei mai di conoscere le tradizioni di un piatto, le storie, le usanze, pure i pettegolezzi, dai!

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  3. Allora...io ancora c'ho da capì 'na cosa....ma tu dove lo trovi il tempo di provare queste meraviglie e poi di scrivere in modo così sublime che ti viene voglia solo di mollare tutto quello che stai facendo per riprodurre i piatti che descrivi...
    Uffa...io non riesco nemmeno a organizzare le mie stupidissime giornate...posso venire a ripetizione da te??????

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    1. :-D
      il tempo per cucinare è quello di tutti. Ogni tanto, preparo una cena ;-)
      il tempo per scrivere è dalle 6 del mattino fino a che non si alza il marito, con l'intervallo della colazione della figlia. Di solito, scrivo e non rileggo, perchè sono già in ritardo con l'ufficio. Però, quando rileggo- e quando non mi arrabbio per gli errori di battitura (sempre)- talvolta mi stupisco anch'io, di come riesca a scrivere pappardelle di cavolate senza troppi intoppi. Secondo me, son le tre colazioni, ogni mattina :-))))
      Grazie e buon fine settimana
      ale

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  4. dev'essere davvero delizioso! però ultimamente (da 7 anni, da quando ho il gatto) faccio fatica a mangiare il coniglio! e soprattutto a cucinarlo. so che è una scemenza, però non ce la fò!
    questo qui è davvero invitante!!

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    1. lo so: è un problema che hanno in tanti. A noi non tocca, forse perchè da genovesi e liguri con coniglio nel piatto ci abbiamo convissuto sin da piccoli. Però, da quando abbiamo il blog, ci siamo accorti che si fatica a cucinarlo. Ti direi di provare con della cacciagione, ma non vorrei incorrere nello stesso problema: io, è da quando ho visto Bambi che non mangio il capriolo, per dire (meno male che c'è mio marito, che riequilibra il tutto). Altri animali non li vedo, perchè questo tipo di cottura ha bisogno di un quid di selvatico. Non eccessivamente, ma un pochino sì....

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  5. a casa mia sono l'unica che mangia il coniglio. lo mangerei dovrei dire. gli altri lo aborrono.
    secondo te se provassi a fare un pennuto con questa ricetta che mi intriga un sacco cosa succederebbe?

    io la pentola di rame ce l'ho. è una pentola di mia nonna credo ereditata dalla sua mamma che ho portato dalla grecia a milano.

    irene

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    1. lo scrivevo sopra: non ce lo vedo, un pennuto... a meno che non sia selvatico, tipo un fagiano: allora, forse, sì. Escluderei il pollo e il tacchino, però: c'è il cacao, che si sente, la note dolce amara... insomma, sono unpo' incerta: ma col fagiano, proverei.
      Non voglio sapere altro sulla tua pentola di rame greca, che già 'ste due righe bastano e avanzano a far salire l'invidia pura!!!
      ciao

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  6. La casseruola di rame, te la compri qui in Marocco...a 4 soldi! eh già... :))
    Ale, semplicemente GRAZIE.
    un bacione

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    1. me la danno mica con l'idraulico in omaggio? no, perchè in tal caso, prenoto subito!!!

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  7. Beh, questa me la copio ed incollo in grassetto! E' una di quelle ricette che mi fanno venir voglia di invitare un gruppetto ristretto di amici intorno al tavolo, cominciare con una cascata di bignè salati da prelevare da un piatto comune con in mano un buon vino e proseguire con una bella polenta in mezzo al tavolo ed il coniglio sul carrello accanto al tavolo (o forse viceversa?), quindi un'insalata e per finire.....per finire.....non ho tempo ora di pensare il dolce giusto ma mi riservo di pensarlo per procedere all'attuazione entro i mesi invernali. Mi vengono, ora, in mente le bugie ovvero "i cenci" (come si chiamano a casa mia) oppure le frittelle di S. Giuseppe maremmane (ma è roba per stomaci forti!.....troppo pesanti per chiudere un pasto di tal genere :-(

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  8. Ah, manca la firma: Giulietta

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    1. Chissà perchè, ci vedo un bel salame, tagliato a fette larghe un dito, come antipasto... i bignè mi sembrano fin troppo raffinati! e come dolce, pasticceria secca pucciata nel vino. Una cena dichiaratamente rustica, hai in mente? vino buono, tovaglia colorata, taglieri e pentole di terracotta direttamente in tavola... ok, il menu c'è, l'arredo anche... da me o da te? :-)))

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  9. Diciamolo, che le mode stufano.
    Le tradizioni, invece, ci sarà un motivo se si perpetuano per generazioni...

    Piatto che salvo per quando tra le dune appariranno i conigli :-)

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    1. me lo dimentico sempre, questo divieto di accesso...
      ... ma perchè mi vien voglia di sperdirti un coniglio??? :-)))))))))))))))))))))))))))))))

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  10. La ricetta è bellissima, lo foto pure...non rimane che farla, visto che ho già un coniglio in congelatore! Cmq W i piatti della tradizione...

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    1. Il mio evviva è tutto per il coniglio in congelatore! se davvero vuoi provare un'alternativa alle solite ricette, io ti consiglierei questa, perchè noi siamo rimasti entusiasti TUTTI, compreso quel rompiscatole di mio marito e quella schizzinosa di mia figlia...
      Fammi sapere, eventualmente!
      ciao

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  11. Cara Ale, finalmente anch'io sento intorno a me questa tendenza al ritorno alle origini, alla tradizione. E io non posso che gioirne, io che a volte credo proprio di essere nata nell'epoca sbagliata, io che ascolto i dischi dei miei genitori, io che amo sfogliare le riviste e i libri di cucina collezionati negli anni da mio papà, io che ho un unico sogno per il mio futuro, che è quello di andare a vivere in campagna.
    Pensa che io recentemente sono stata a Bruxelles e in un mercatino dell'antiquariato ho acquistato un libricino di cucina francese degli anni 50, nel quale vengono illustrati i vari utilizzi della carta stagnola, che aveva in quegli anni il suo primo successo commerciale... divertentissimo!
    Il tuo piatto rappresenta appieno questo gusto autentico per la tradizione e per i prodotti delle nostre terre.

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    1. Bucci, siamo sorelle???? no, perchè la vita in campagna è il mio prossimo obiettivo (devo solo aspettare che la figlia si diplomi, visto che le esigenze cittadine al momento son le sue); i libri di cucina sono anche quelli antichi, son tornata dal viaggio di nozze con un Larousse de Cuisine del 1953 comprato su una bancarella a Colmar... e dei dischi, vogliamo parlarne? Meglio di no, che nel mio caso c'è da vergognarsi per davvero :-)))

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  12. Evviva la tradizione, non a caso questa ricetta ha colpito la mia attenzione più di tante altre "moderne". E non a caso (segnalazione disinteressata-dato che sei di Genova) uno degli stoccafissi all'antica migliori che ho mangiato è stato alla trattoria Migone in piazza San Matteo (accanto all'enoteca Migone). Te lo consiglio caldamente. Ciao!! - Sara

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    1. Uh, grazie! I Migone sono un'istituzione a Genova.. e anzi, ti anticipo che una delle prossime ricette antiche riguarderà proprio lo stoccafisso, fatto in buridda. Lo abbiamo mangiato al pranzo genovese del Befana day e ti dirò che è stato molto apprezzato. A me, purtroppo, non piace, ma un pezzetto di pane nell'intingolo c'è finito e l'esame è stato superato, a pieni voti

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  13. Ho sempre pensato che le tradizioni ( in questo caso gastronomiche) non sono soltanto una cosa "bella e buona", ma esistono e hanno un suo perché. Ogni scelta e accostamento non è mica a caso... anzi, a volte ti stupisci di quanta precisione e logica si nasconde dietro ogni misura, peso e manipolazione degli ingredienti e anche degli utensili!
    Io per esempio le pentole di rame non le ho mai utilizzato per gli stufati, sempre terra cotta perche è tradizione dalle mie parti! Ma devo provarle.

    E devo provare anche questo stufato meaviglioso, magari la prossima volta che vado a trovare mio nonno. Lì il conigli li cresce lui!

    Besitos

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    1. Anch'io, Mai, sul rame ho avuto un sacco di preclusioni, negli anni passati. E' per questo che non ho nulla, a parte cose antiche, da pulire e per questo mai usate. Sempre e solo terracotta. Solo che ora ho cambiato idea e quindi mi sa che mi munirò dell'occorrente, a presto..
      I conigli del nonno sono perfetti!
      ciao

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  14. D'ACCORDISSIMO! quanno ce vò.... OTTIMO QUESTO CONIGLIO, mi piace moltissimo il coniglio, anch'io ne ho una versione agrodolce ma questo è più dolce forte giusto? c'è anche il cacao.... e gli amaretti? fortissimo! molto invitante....

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    1. Bravissima: non è propriamente agrodolce, è più simile al dolce forte. Ma è più attenuato, rispetto al vostro... però, ha lo stesso una grande personalità e, forse, incontra di più i gusti di tutti, senza essere per forza un piatto ruffiano. Anzi, non lo è per niente. E' solo uno stufato eccezionale :-)

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  15. Ciao! molto particolare questa ricetta: gli ingredienti utilizzati, in un piatto di carne, sono davvero originali!
    bacioni

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  16. Ale, da me ad un certo punto, a furia di fare sempre piatti diversi è saltato fuori che non esiste il cosiddetto piatto forte. Così ho deciso di riprendere il mio storico quaderno delle ricette pieno di appunti e ritagli ed è stato bellissimo questo ritorno alle origini;)
    Buon fine settimana MT e MTC!!
    Vale

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    1. Verissimo! il piatto forte, non ce l'ho più. Anzi, ogni volta si prova e si riprova e alla fiine ho perso anche la gioia di migliorare, aggiustare, modificare di qui, adattare di lì.. se ci pensi, è una perdita, anche questa...
      (per inciso, ieri ho prodotto il mio belck&white- che sconfessa brutalmente tutto quello che ho scritto qui sopra. Siamo al limite dell'eresia. Però, almeno è da perfezionare. Per cui, su questa vedrai che per un po' ci lavoro!)
      ciao

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  17. Ma ... ma ... cos'è questa novità nei tuoi commenti? Io non ce l'ho?

    Vabbè, dai, era per tergiversare e distogliere per un attimo l'attenzione da questa preparazione. Tu sai che io non mangio il coniglio e l'idea di abbinarlo al cioccolato mi fa un pò impressione. Però la presentazione mi piace un sacco, e se la creatura ha apprezzato mi sa che mi tocca fidarmi. Almeno di lei!

    Baci!

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    1. mi ci sto divertendo troppo!!! è un regalo di blogger, prima o poi tocca a tutti! anche se non mangiano il coniglio ;-)

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  18. Ale, il tuo stufato mi attira molto ma non credo potrò rifarlo in famiglia perchè Martirio e figlio sono molto più *tradizionali* e l'agrodolce non lo gradiscono.
    Quanto alla pentola di rame,io ne possiedo una in montagna che era della mia nonna e che tengo solo di bellezza.... mi sa che mi conviente rimetterla *in pista*!
    Nora

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  19. Splendida ricetta della tradizione e mi è piaciuto anche l'abbinamento con il purè di carote, lo trovo splendido quà!
    Anche mio figli mi chiede con fare supplichevole, perchè per una settimana non faccio "cose normali", almeno per una...
    baci, ele

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