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mercoledì 28 marzo 2012

Casa museo Boschi - Di Stefano

di Giorgia



Quando l’amore per l’arte di due coniugi si trasforma in un bene per tutti:
Casa Boschi di Stefano 


Il Museo Bagatti Valsecchi, Casa Boschi di Stefano, Villa Necchi Campiglio e il Museo Poldi Pezzoli dal 2 ottobre 2008 sono riuniti nel circuito delle case museo milanesi.





Il circuito nasce con l’intento di far conoscere e promuovere il patrimonio culturale e artistico milanese, nel corso di quasi due secoli di storia, attraverso alcuni dei suoi protagonisti: i nobili Gian Giacomo Poldi Pezzoli e i fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi nell’Ottocento, i coniugi Boschi di Stefano e gli industriali Necchi Campiglio nel Novecento.
 Le quattro case museo, tutte situate nel  centro di Milano, sono accomunate dalla generosità dei loro fondatori, che hanno messo a disposizione della collettività le loro abitazioni e le loro collezioni d’arte, e sono oggi luoghi di grande fascino. Visitarle permette di conoscere storie personali e scelte di gusto che riflettono anche l’evoluzione e la trasformazione della società cittadina. La nuova rete museale, nata da un accordo di programma sottoscritto nel 2004, è realizzata per volontà e in collaborazione con: Regione Lombardia e Comune di Milano e con il sostegno e il contributo di: Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Fondazione Cariplo.






Oggi volevo parlarvi della seconda casa-museo che ho visitato a Milano ( avevo già parlato di villa Necchi-Campiglio qui).
Il collezionismo d’arte ha avuto a Milano una storia lunga e complessa, fatta di grandi acquisti e accumuli di opere e, più o meno, subitanee dispersioni, a loro volta divenatate parte di altre raccolte. La storia del collezionismo milanese si è spesso unita con l’idea di una condivisione pubblica di una passione nata principalmnte come piacere privato, ma in grado, di  marcare e indirizzare il gusto dell'intera collettività.
Tale condivisione si è anche sviluppata  e manifestata nell'apertura di alcune abitazioni private ad un pubblico di comuni visitatori; cioè non più solo ad un limitato pubblico costituito da un' elite di studisi, critci o artisti ai quali era piu facile accedere alle collezioni private. Ma oltre al fatto di fare avvicinare all'arte e al bello  un pubblico "non specialista", c'è da sottolineare che  fu tramite questo tipo di iniziative che anche i più conservatori poterono cominciare ad avvicinarsi ad un’arte differente e distante da quelle che erano allora i gusti, le idee e le aspettative artistiche dominanti.
L’amore per le opere d’arte, davvero irrefrenabile, si traduceva in un’ansia di possesso che non lasciava spazio a modifiche o ripensamenti .
Giorgio de Chirico
(Volos, Grecia 1888 - Roma, 1978),
Les brioches,
"Quadri dappertutto: dal pavimento al soffitto, uno sopra l’altro in un succedersi senza tregua che non risparmiava neppure le ante delle porte; e poi le sculture, disseminate negli ambienti, appoggiate sul piano dei mobili, costodite nelle vetrine. Cosi ricorda casa Boschi chi ha avuto occasione di visitarla negli anni in cui la collezione era ormai formata nelle sue linee essenziali. L’imrpessione era quella di un coinvolgimento totale, un assedio di immagini che lasciava senza fiato il visitatore, continuamnte stimolato al riconoscimento di un artista, alla ricomposizione di un percorso, all’associazione di un’immagine all’altra. La sequenza delle opere era interrotta e apparentemente affastellata: in realtà, una logica interna ordinava gli accostamenti, creava dei nuclei, dava coerenza a una collezione che gli spazi dell’ appartamento di via Giorgio Jan stentavano ormai a contenere. Eppure Antonio Boschi continuava ad incrementarla, incurante della saturazione che lo costringeva a stipare anche i ripostigli, a stireria, i corridoi dove spesso i quadri appoggiati alla parete si sovrapponevano imperiosi i nuovi aquisti."
Propio cosi: l'amore immenso che questa coppia provava l'uno per l'altra si unì profondamente con un amore altrettanto profondo per l'arte. I coniugi Boschi - di Stefano erano i mecenati nella accezione più moderna del termine, i loro momenti più intensi erano dedicati all'arte a loro contemporanea, girando per gallerie, mostre e atelier di artisti emergenti. Questo modo innovatore di percepire il ruolo del collezionista in termini di militanza, di intervento diretto nel campo, e quindi di una scelta immediata, è quello che ci fa capire e amare maggiormente la capacita di critica, e la sicurezza tra ciò che sarebbe rimasto nella storia dell'arte futura e quella che inevitabilmente sarebbe stato spazzata via.
"Le visite compiute dai coniugi Boschi negli studi degli artisti, ci fa intuire quali rapporti li legassero soprattutto ai giovani emergenti, ci consente di capire come alla base di acquisti massicci della produzione di uno stesso pittore, ci fosse anche la comprensione per le sue difficoltà materiali e il desiderio di venir loro in aiuto. In questa incetta a vasto raggio di opere nuove entrava in gioco anche il piacere della scoperta, la scommessa sul talento di chi si sarebbe o meno affermato, prima ancora che la critica ufficiale lo promuovesse.
Piero Marussig,
(Trieste 1879 - Pavia 1937)
La lettrice, 1935
La collezione però non è solamente composta da opere milanesi, ma anche di molte opere di artisti provenienti da tutta italia: si delinea cosi il panorama di quel quarantennio nel corso del quale i coniugi Boschi hanno dato vita a una collezione quanto mai rappresentativa della cultura artistica italiana."
Nel 1968 però accadde un fatto che mutò la vita dei due mecenati: Marieda di Stefano moriva, lasciando un vuoto incolmabile che spense l’entusiasmo dell’ingegner Boschi e la sua voglia di continuare a mantenere i contatti con il mondo dell'arte.  Proprio questa perdita portò l'ingegnere  alla decisione di donare al comune di milano l’intera collezione e la casa di via Giorgio Jan. Questo accadde nel 1973. Gli accordi del contratto con il Comune prevedevano che il donatore conservasse le opere nel proprio appartamento fino a che fosse stato in vita e che, successivamente, questo venisse aperto al pubblico come casa-museo del collezionista.
Anche nell'ultima decisione della sua vita, l'ingegner Boschi si dimostrò come la persona che era stata per tutta la sua vita: un marito devoto e innamorato di sua moglie, dell'arte, e cosciente di quanto quest'ultima dovesse essere per tutti.

Arturo Martini
(Treviso 1889 - Milano 1947),
Le stelle,1931-32, terracotta,
“Nei dieci spazi espositivi della Casa-Museo Boschi Di Stefano sono riunite circa trecento delle oltre duemila opere raccolte da Antonio e Marieda Boschi Di Stefano, distribuite adottando un criterio di successione cronologica e di selezione qualitativa curato da Maria Teresa Fiorio ex Direttore delle Civiche Raccolte d’Arte di Milano.
All’ingresso si trovano i ritratti dedicati ai coniugi Boschi e le ceramiche della stessa Marieda, indi attraverso un corridoio con tele di Severini e di Boccioni si raggiunge la “sala del Novecento italiano” con opere di Funi, Marussig, Tozzi, Carrà e Casorati. Nella “sala Sironi”, interamente dedicata all’artista, sono presenti sculture di Arturo Martini. Il successivo ambiente comprende il Gruppo di Corrente, sette Morandi e sei De Pisis. In un piccolo corridoio sono riuniti i Chiaristi, mentre proseguendo la visita si giunge nella sala degli “Italiens de Paris”: Campigli, Paresce, Savinio con L’Annunciazione (1932) e de Chirico con La scuola dei gladiatori (1928). La “sala Fontana” propone un prezioso insieme di ventitré lavori, mentre le ultime due stanze sono riservate ai postcubisti picassiani, agli spazialisti, ai nucleari e ai pittori informali, fra cui Piero Manzoni con i celebri Achrome".
P.Manzoni Achrome, 1959


Casa-Museo Boschi Di Stefano
Orario di apertura
dal martedì alla domenica dalle 10.00  18.00
Ingresso gratuito
prenotazione obbligatoria per i gruppi  0220240568
chiuso il 1° gennaio, il 1° maggio, il 25 dicembre e tutto il mese di agosto
Come raggiungerla
MM1 Lima, Tram 33, Bus 60

4 commenti :

  1. Ho scorso con grande interesse la storia e tu mi perdonerai se leggo nell'ottimo articolo, una vera storia d'amore asservita ad una passione in comune che diventa poi il modus per rendere quel legame 'perpetuo'.
    L'arte come strumento per vivere insieme, l'arte come svolta per arrivare a dare un senso anche quando la vita quel soffio che tiene a galla te lo leva. L'errore è mio che cerco la cifra umana prima di quella che è stata posta per rappresentarla, probabilmente è questo l'accento che mi piacerebbe fosse apposto alla casa museo, simbolo di quanto possa essere un piccolo miracolo l'incontro di due persone che decidono di portarsi per mano, l'amore per l'arte quello viene dopo e diviene solo "palliativo" se manca il primo. In questo i due coniugi hanno donato alla collezione ed indirettamente ai singoli pezzi che la compongono un valore aggiuntivo...che per me (che sono ignorante) è probabilmente il carattere distintivo dell'iniziativa.
    PS
    So proprio 'gnurant eh?! :)
    PS2
    I coniugi suddetti riempivano la casa di opere d'arte...io che lo faccio di LupinIII o di Jack Skeletron di "Nightmare Before Christmas" dici che ho speranze un giorno di essere ricordato?! :P ahahahahahahah

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    Risposte
    1. poi ti risponderà Giorgia per se ma la prima devo essere io perché mentre stavi parlando prima ho apprezzato il tuo contributo intelligente alla conversazione, al concetto di amore e di arte... Ma poi quando ho visto il PS2 ho pensato la tua storia di collezionista con Jack e Lupin e mi è piaciuta un sacco l'idea!!!!! E la povera creatura D. che al mattino si può confrontare con Zero :-)))) Se non è grande amore questo!!! Miss D sei fantastica!!! ;-)))))
      Dani

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    2. Grazie Gambetto!!! grazie per seguirmi sempre e soprattutto grazie per i tuoi commenti meravigliosi. grazie grazie grazie!!!

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  2. Tanto la storia dei Lupin III e di Jack la sapete solo voi e la santa che mi sopporta...please, vero che manterrete il segreto?! :P ehheheehhhehe

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