Prima, però, vi invito a fare un giro per i tortuosi meandri che hanno fatto approdare il mio neurone fin qui.
In principio, fu l'MChallenge di maggio e una timida critica alla ricetta della sfida, "che non è di tradizione". Da lì a pensare all' Ur-budino di Apicio è stato un attimo, quasi quanto prepararlo, fotografarlo, assaggiarlo- e decantarne la bontà, qui sopra. E' seguita la ola della curva "Forza Roma, forza lupi" dei nostri lettori che, in tre mosse, ha dato scacco alla sottoscritta, nominando l'innominabile: vale a dire, il famigerato garum, prelibatezza indiscussa per i palati di allora, schifezza senza se e senza ma per quelli dei milioni di studenti e cultori della materia che, nei secoli, hanno storto il naso di fronte agli ingredienti e, soprattutto, alle tecniche messe in atto per ottenerlo.
In poche parole, il garum era la parte liquida di cò che rimaneva dalla putrefazione di sardine, sgombri (per qualcuno anche tonni) ed interiora di pesce, preventivamente salate e aromatizzate in vario modo e lasciato macerare in vasche esposte al sole per giornate intere, fino a quando l'aria del contado diventava irrespirabile, annunciando a tutti che era pronto.
Tanto per dare la misura dell'intensità del suo odore, abbiamo un epigramma di Marziale- uno che non le mandava certo a dire, a nessuno- in cui, per riferirsi all'alito pestilenziale del suo vicino, scrive: "Unguentum fuerat, quod onyx modo parva gerebat, olfecit postquam Papilus, ecce garum est!" (c'era del profumo, poco fa, contenuto in un'ampolla di onice: dopo che Papilo lo ha annusato, è diventato garum). Ciononostante, i Romani impazzivano per questa salsa, specie per quella proveniente da fuori, il garum sociorum, a base di sgombri ( e secondo voi, chi, se non i Fenici, furono pronti a cavalcare l'onda del mercato, installando fabbriche di produzione di garum in Spagna? d'altronde, all'epoca, Cartagine era detta Sgombriaria, si sarà pure dovuta lavare l'onta del soprannome con qualche sesterzio, no?): di fatto, non c'era cena che si rispettasse che non lo prevedesse fra le sue portate e più recenti erano le richezze dell'ospite, più il garum scorreva a fiumi, sulle loro mense. D'obbligo è citare Trimalcione che, nella famosa cena, servì un pasticcio di lepre a forma di Pegaso, con intorno piccoli otri reclinati, da cui scorreva questa salsa, direttamente in canaletti, ove nuotavano pesci vivi- ed evidentemente privi di olfatto :-)
Trattandosi di un piatto di tradizione :-), una ricetta codificata non c'è, nel senso che ognuno aveva la sua. Liquamen, lo chiama Apicio, ma se i maligni pensano subito che in effetti definizione più azzeccata non poteva trovare, l'autore del De Re Coquinaria è subito pronto a zittire le malelingue, tessendo le lodi di questa salsa al punto da suggerire 40-dicasi-40 piatti che si prestano bene all'accompagnamento e che spaziano dall'antipasto al dolce. Dà anche qualche dritta per recuperarlo, se mai fosse andato a male (in quel caso, pare che puzzasse, ma mi astengo da ulteriori approfondimenti), a conferma di come fosse considerata preziosa. Certo, non mancavano i detrattori, ma erano vere eccezioni : la regola, era la garum-mania e valeva praticamente per tutti.
Che fine abbia fatto, questa preparazione, non si sa. La troviamo attestata ancora nei primi secoli dell'Impero, poi se ne perdono le tracce, almeno fino a quando, in quel di Cetara, si inizia a produrre la colatura di alici. Leggenda vuole che, al pari della maggior parte delle prelibatezze, la scoperta sia avvenuta per caso: i monaci della Costiera, nel Medioevo, avevano l'abitudine di conservare le acciughe sotto sale in botti dalle doghe allentate, dalle cui fessure fuoriusciva il liquido della salamoia. Da lì in poi fu tutto un perfezionamento della ricetta che oggi è appannaggio dei pescatori del borgo, tramandata di padre in figlio con un rispetto di gesti, ingredienti e materie prime che rasenta la venerazione, la stessa che gli antichi Romani riservavano a quel garum che è universalmente considerato l'antenato illustre della colatura di alici.
Epperò....
Epperò, secondo voi, la gente di Liguria restava a guardare? Con tutti i viaggi per mare, i porti, i commerci e gli scambi che hanno forgiato il nostro DNA, e con tutto il "senso degli affari" che ne era derivato (e che i maligni chiamano tirchieria, jamais!), secondo voi noi stavamo a importare a peso d'oro qualcosa che avremmo potuto benissimo farci da soli, vista la nutrita presenza dele acciughe anche nel nostro mare?
La risposta è nì. Perchè è vero che stiamo sul mare, ma è altrettanto vero che non siam proprio pescatori. Il mare ci ha dato la curiosità, l'impazienza, la brama di guardare oltre l'orizzonte e al nostro essere gente che scalpita abbiamo sacrifitcato tutto il resto, ivi compreso il piacere di percorrere una strada più lunga, se si può trovare una scorciatoia. Ci abbiamo scoperto l'America, in questo modo- potevamo arrenderci di fronte ad una salsa di acciughe?
E così, è nato il "fast garum", l'equivalente veloce dell'antico intingolo romano, più pastoso e meno incisivo del suo antenato e della sua discendenza campana, usato non a caso come patè povero da spalmare sul pane e che ha dato origine a due delle più spettacolari focacce della nostra riviera: la pissaladière, nella zona nizzarda, la sardenaira, nella zona di Bordighera. La prima trae addirittura il nome da questa salsa, il "pis salat" con cui sbrigativamente si chiamava questo intrugio di sardine o acciughe sotto sale, ridotte in pasta e mescolate giorno dopo giorno e infine filtrate; la seconda dichiara ancor più esplicitamente il suo tributo a questo pesce, la sarda, che ne costituisce l'ingrediente segreto, in un'esplosione di sapori intensa ed inebriante, che costituirà l'argomento della prossima puntata. Oggi tocca alla Pissaladière- e godiamocela tutta
per la pasta
farina, lievito di birra, olio, acqua e sale, nè più nè meno di quello che serve per l'impasto base di una focaccia, nelle proporzioni che preferite. Di solito, io uso queste:
300 g di farina 0
200 g di manitoba
280 g di acqua tiepida
20 g di lievito di birra
3 cucchiai di olio
sale, q.b.
Potete ridurre il lievito, aumentando i tempi di lievitazione. Potete anche aumentare la percentuale di liquidi, aggiungendoli a poco a poco all'impasto, a mano a mano che sono stati incorporati dalla farina.
Con questa dose, riempite due teglie rettangolari di circa 30 cm di lunghezza (lato lungo): noi liguri siam quelli della focaccia bassa e questa non fa eccezione.
Lasciate lievitare fino al raddoppio, poi dividete l'impasto in due e stendetelo con le mani nelle due teglie, precedentemente unte d'olio. Fate attenzione a non "scoppiare" le bolle del lievito e lasciate riposare ancora un po'.
Mentre l'impasto cresce, preparate il ripieno
Fate stufare tre cipolle bianche, affettate sottilmente, in un po' d'olio, con poco sale un cucchiaino di zucchero. Fiamma bassa e recipiente coperto, meglio ancora se in pentola di ghisa a chiusura ermetica, mescolando spesso e, se il caso, aggiungendo poca acqua. Oggi si dice che devono caramellare (traduzione fuorviante del francese confit), ai miei tempi si diceva che "dovevano sfarsi", ma la sostanza non cambia: portate pazienza e vigilate, perchè almeno 40 minuti ci vogliono.
Se volete preparare il pis salat in versione moderna, fate imbiondire uno spicchio d'aglio in un po' d'olio e stemperatevi 6 o 7 acciughe dissalate e diliscate. Unite questo composto alla cipolla, una volta cotta, stendetelo sulla pasta, aggiungete una manciata di olive taggiasche (in Francia, hanno u altro nome che ora non mi viene in mente, ma son sempre quelle) e infornate.
Se volete fare una versione più fighetta, come quella della foto, stendete le cipolle sulla pasta e disponete le acciughe in modo da formare dei rombi , all'interno dei quali si sistemeranno le olive. L'aglio, in questo caso, va fatto cuocere con le cipolle e poi eliminato.
Facoltativi gli aromi, come l'alloro e il timo.
fondamentale, invece, la bruciacchiatura: 200 gradi, fino a quando le cipolle non son belle brunite.
A giovedì, con la Sardenaira
E così, è nato il "fast garum", l'equivalente veloce dell'antico intingolo romano, più pastoso e meno incisivo del suo antenato e della sua discendenza campana, usato non a caso come patè povero da spalmare sul pane e che ha dato origine a due delle più spettacolari focacce della nostra riviera: la pissaladière, nella zona nizzarda, la sardenaira, nella zona di Bordighera. La prima trae addirittura il nome da questa salsa, il "pis salat" con cui sbrigativamente si chiamava questo intrugio di sardine o acciughe sotto sale, ridotte in pasta e mescolate giorno dopo giorno e infine filtrate; la seconda dichiara ancor più esplicitamente il suo tributo a questo pesce, la sarda, che ne costituisce l'ingrediente segreto, in un'esplosione di sapori intensa ed inebriante, che costituirà l'argomento della prossima puntata. Oggi tocca alla Pissaladière- e godiamocela tutta
per la pasta
farina, lievito di birra, olio, acqua e sale, nè più nè meno di quello che serve per l'impasto base di una focaccia, nelle proporzioni che preferite. Di solito, io uso queste:
300 g di farina 0
200 g di manitoba
280 g di acqua tiepida
20 g di lievito di birra
3 cucchiai di olio
sale, q.b.
Potete ridurre il lievito, aumentando i tempi di lievitazione. Potete anche aumentare la percentuale di liquidi, aggiungendoli a poco a poco all'impasto, a mano a mano che sono stati incorporati dalla farina.
Con questa dose, riempite due teglie rettangolari di circa 30 cm di lunghezza (lato lungo): noi liguri siam quelli della focaccia bassa e questa non fa eccezione.
Lasciate lievitare fino al raddoppio, poi dividete l'impasto in due e stendetelo con le mani nelle due teglie, precedentemente unte d'olio. Fate attenzione a non "scoppiare" le bolle del lievito e lasciate riposare ancora un po'.
Mentre l'impasto cresce, preparate il ripieno
Fate stufare tre cipolle bianche, affettate sottilmente, in un po' d'olio, con poco sale un cucchiaino di zucchero. Fiamma bassa e recipiente coperto, meglio ancora se in pentola di ghisa a chiusura ermetica, mescolando spesso e, se il caso, aggiungendo poca acqua. Oggi si dice che devono caramellare (traduzione fuorviante del francese confit), ai miei tempi si diceva che "dovevano sfarsi", ma la sostanza non cambia: portate pazienza e vigilate, perchè almeno 40 minuti ci vogliono.
Se volete preparare il pis salat in versione moderna, fate imbiondire uno spicchio d'aglio in un po' d'olio e stemperatevi 6 o 7 acciughe dissalate e diliscate. Unite questo composto alla cipolla, una volta cotta, stendetelo sulla pasta, aggiungete una manciata di olive taggiasche (in Francia, hanno u altro nome che ora non mi viene in mente, ma son sempre quelle) e infornate.
Se volete fare una versione più fighetta, come quella della foto, stendete le cipolle sulla pasta e disponete le acciughe in modo da formare dei rombi , all'interno dei quali si sistemeranno le olive. L'aglio, in questo caso, va fatto cuocere con le cipolle e poi eliminato.
Facoltativi gli aromi, come l'alloro e il timo.
fondamentale, invece, la bruciacchiatura: 200 gradi, fino a quando le cipolle non son belle brunite.
A giovedì, con la Sardenaira
so che sono noiosa ma che ci posso fare?????
RispondiEliminadel garum hanno parlato pure sofocle, eschilo e platone. siccome non sono passati alla storia per essere stati buongustai e goderecci, non hanno lasciato descrizioni!!
irene
Che dire, buona, buonissima!
RispondiEliminaQuanto al garum....gli spiritosoni non esiterebbero ad affermare che era talmente una schifezza che infatti gli antichi Romani che tanto lo veneravano sono tutti allegramente trapassati!!! Almeno però ci ha lasciato in eredità la colatura, che invece ha tutto il suo perchè... 'li mortacci!!!
sempre interessante!!! chissà che olezzi a quelle antiche cene :-D
RispondiEliminamolto meglio la tua pissaladiere, ne mangerei in quantità! ciao
vado matta per la pissaladière!! vuoi ridere? nella raccolta c'è una simil-pissaladière ma con le acciughe fresche, una quiche à la pissaladière, un cake à la pissaladière ma non l'originale quindi prendo e aggiungo alla lista di UN'ACCIUGA AL GIORNO!!!
RispondiEliminaGrazie e grazie anche per questo post succulentissimo!!
Ciao
Cris
1. Irene, ma quando mai!!!! lo sai che i tuoi contributi son sempre preziosissimi. Dunque, l'etimo, mai come in questo caso, tradisce l'origine: gàron (azzardo accento e genere neutro: sto andando a memoria, in pausa caffè) era appunto una salsa di pesce greca, di cui si hanno poche notizie, quanto meno dettagliate: la base era però costituita da pesce fermentato, esattamente come il garum romano. D'altronde, che i Romani abbiano falciato a piene mani nel campo della culutra greca è cosa nota e, in tutta sincerità, loro stessi furono i primi a riconoscerlo: Graecia capta, Romanos victores coepit, no? :-)
RispondiEliminaViviana, devo decidermi ad aprirlo, il santo Graal di colatura di alici che ho in dispensa... perchè sono certa anch'io, del suo perchè :-)
Francesca, ti dico solo che ieri ho infranto la dieta. oggi sono unkg di più- ma non me ne pento..
Cristina: e civoleva, the original one. Giovedì c'è la sardenaira, con il machettu. e mi sa che tirerò fuori qualcos'altro, sulla "scia" di questi olezzi :-)))
davvero un idea da provare foto magnifica e gusto sicuramente.. sublime
RispondiEliminadella foto, sono orgogliosissima perchè è una delle poche fatte da me che mi piaccia. Di solito, i complimenti son tutti per la Dani o per mio marito, quindi una tantum incasso con piacere :-) grazie!!!
EliminaAle, oggi pubblico la ricetta del budino con la colatura di alici e in settimana un'altra ricetta....magari te la faccio aprire la pozione magica ;-) Non conoscevo la versione genevese....
RispondiEliminaE lo sapevo, che da te ci si doveva aspettare qualcosa di simile.. mi sono già convertita, a scatola chiusa!!!
Elimina"Che fine abbia fatto, questa preparazione, non si sa. La troviamo attestata ancora nei primi secoli dell'Impero, poi se ne perdono le tracce, almeno fino a quando, in quel di Cetara, si inizia a produrre la colatura di alici."
RispondiEliminaSintesi da bignami di come persino la "monnezza gastronomica" sia arrivata in Campania trovando qui terreno fertile per sviluppparsi :P ehehehehehehe
Scherzi a parte, ti racconto di come ricorda la colatura di alici un mio zio acquisito (amalfitano di famiglia storica). "Si mangiava poco e nulla e tutto ciò che era adottabile per aromatizzare l'acqua (leggi brodo) veniva sfruttato compreso quanto fuoriusciva dai tini del pesce azzurro messo sotto sale (che per quest'ultimo nelle prime ore di salamoia perdeva un bel pò di liquido). La carne un lusso da feste comandate, la quotidianetà invece con quanto avanzava dalle cassette di legno di pesce compresa la colatura delle salamoie dimenticate al sole".
Mio zio (serio) ancora oggi rischia i conati se ne sente l'odore e guarda con sufficienza me quando ne parlo bene o quando gli dico che adesso è un prodotto anche ricercato. Non mi pronuncio ovviamente in merito perchè mi rendo conto che sull'argomento ho una visione troppo parziale però qualcosina sul fast-garum posso accennarla....e cioè che mi piace e nemmeno poco. Qualcosa di simile stemperato con patate lo uso anche io per farcire una pizza 'coperta' ma quella è una altra ricetta...mai e poi mai proverei a "ferire" l'altisonante storia della 'pisciandrea'.
D'altra parte se c'è Andrea d'Oria a Genova, ad Amalfi c'è Sant'Andrea...vogliamo per caso "tirare"?! :P ahahahhahahah
Scherzi a parte. Quando sono stato a Genova, ovviamente in incognito un pò di anni fa (ci conoscevamo ancora troppo poco per cercare di incrociarci) ho ritrovato molte atmosfere repubblichine (marinare) ad avvcinarla ad Amalfi&dintorni e questo non tanto per similitudini superficiali quanto per il loro essere "montagne a mare" e quindi per aver storicamente maturato una cultura marina con peculiarità del tutto differenti da altri posti a vocazione o solo marina o solo montanara. La pianura quella la sola a non essere proprio pervenuta invece! :P ahahahahahaha
MissD. può testimoniare che forse è stato per questo che ho iniziato ad amare Genova solamente parlandone con i genovesi...poi mi è bastato "imboccare" il primo vicoletto al porto e ci sono cascato con tutti i piedi...:)
Genova è una città difficile, come i suoi abitanti- ma quando si impara ad amarla, è finita. Esattamente come i Genovesi. Ci apriamo poco, ma se e quando lo facciamo è per sempre, senza retorica alcuna.
EliminaRido al pensiero dello zio e ci rivedo i miei vecchi, che storcerebbero il naso di fronte al ritorno di certi cibi oggi ricercati, un temppo sinonimo di miseria: e non ti sto a dire i commenti di mio padre, ogni volta che qualche Slow di turno rilancia il cefalo :-)
La TUA colatura di alici ha il posto d'onore in dispensa. Non passa giorno che la guardi, le tributi doveroso omaggio e poi mi chieda come impiegarla al meglio: ma ieri, sperimentando su 'ste due povere focacce (soprattutto su quella che verrà dopo) qualche illuminazione c'è stata.
Sul fatto che tu sia venuto in incognito, sorvolo. Sappi che da allora ho fatto presidiare tutti i caselli autostradali, tutte le banchine del porto e all'aereoporto ci son pure i cani: al primo sniffo di colatura di alici, scattano :-)
fiuiiiiiiiii!!!!!!!!!!
RispondiElimina(sospiro di sollievo!!!) :)
esattamente come ricordi cara ale!
ti meriti un bacio!!!!
irene
:-)
Eliminaoh, bene la sardinara/sardenaira! la adoro, mi ricorda la merenda in spiaggia di me bambina; la faccio spesso, ma ho qualche dubbio sulla farina, la potrò confrontare con la tua! giò
RispondiEliminaa giovedì, allora!
Eliminaleggo poco in questi giorni, ed è bello capitare qui e leggere questa bella ricetta, la pissaladiere che mi piace tantissimo, e che non ho avuto occasione di fare sglutinata perché non ci si può ricordare tutto. ma per fortuna che ci siete voi!
RispondiEliminaGaia, se hai una buona base "sglutinata", metti in lista sia questa, sia la sardenaira. Specie se in casa hai palati davvero fini che non indietreggiano davanti a sapori decisi. Sono spettacolari entrambe
EliminaIo questa non l'ho mai mangiata...... bacio
RispondiEliminae la voglio proprio provare. Bacio
intanto, la rifaccio... e ve la porto :-)
Eliminaora mi metto a piangere.
RispondiEliminadalla descrizione l'odore del garum sembra simile a quello del formaggio di soia stagionato che vendono ai mercatini cinesi: una specie di taleggio marcescente. dalla descrizione non sembra, ma in piccole dosi è addirittura buono :)
rido- e ci credo, eccome se ci credo. Sarà che amo i formaggi sopra ogni cosa, anche quelli marcescenti...
EliminaSei un pozzo di scienza ... e di conoscenza.
RispondiEliminaMai sentito nominare questo garum e sinceramente ho visuuto benissimo anche finora senza immaginare quell'olezzo a forma di salsa.
Sentita invece, e forse pure mangiata, questa focaccia. Ma la focaccia genovese ... quella ce l'ho ancora nel cuore (oltre che nel Cu ... ehm ... lato B!)
la base è la stessa, cambia la cottura ma tirarla sottile aiuta a mantenere le somiglianze. E nel ...lato B ci è finita questa, ieri sera... ma non lo rimpiango, guarda...
Eliminal'ho fatta anche io tempo fa, e mi e' piaciuta tanto! non conoscevo la sua storia, pero'!
RispondiEliminaè questa qui, più o meno :-)
EliminaCiao Ale! conoscevo un pò di storia della pissaladière, avendola preparata tempo fa.. nel tuo post però c'è molto molto molto di più, come sempre raccontato col tuo stile sempre coinvolgente, meglio di un romanzo! grazie. Francy ps: anche io avevo fatto i rombi con le alici... eheheh!
RispondiElimina"filologicamente"è scorretto: bisognerebbe fare il pis salat. Ma io l'ho usato tutto per la sardenaira (retroscena) e non avevo più voglia di ricominciare daccapo ... è buona anche così, ma la prossima volta provo la versione più antica!
EliminaGarum: me lo aspetto ad uno dei prossimi MT...:-)))
RispondiEliminaridooo!!! e tu saresti agevolatissima, alle tue latitudini !
EliminaBelin...che tirata per due acciughe su una focaccia con le cipolle!!...ahahahahah!! Scherzo, ovviamente. Ogni volta che passo di qui, l'abisso della mia ignoranza si colma un po'. Ti si legge d'un fiato e con molto molto piacere...Un abbraccione, a presto.
RispondiEliminabelin ;-)))
EliminaVolentieri, ciao!
RispondiEliminasi descriveva una volta questi cibi poveri, con riferimento soprattutto ai pesci, come "masa ftine" , tradotto "mastica sputa"
RispondiEliminaanche noi abbiamo il "mangia-spua", a Genova, detto di pesci tipo le triglie :-) proprio vero che tutto il mondo è paese, anche nei dettagli!
Eliminaletto con piacere anche questo bellissimo post e salvata la ricetta da farsi prestissimo, vorrei avanzare una richiesta--- la ricetta per una sardenaira fatta come si deve.
RispondiEliminaNon per me, che dall'aglio devo tenermi a distanza di sicurezza, ma per marito e prole che la sardenaira la ricordano con profondo affetto e nostalgia da una vacanza di anni fa nel Ponente ligure.
Baci dall'America
Ti assicuro che la ricetta di giovedì prossimo riguarda la miglior sardenaira mai mangiata in vita mia. La base è il macchettu, questo "pastrocchio" di acciughe che "dà il buono" al resto. Ma se poi ti procuri degli ottimi ingredienti, come l'aglio fresco, il pomodoro e i capperi, viene una meraviglia per forza!
Eliminabacioni
ale
Alessandra, rileggendo il mio post di prima mi sono resa conto di averlo scritto in modo (involontariamente) molto scortese, e volevo scusarmi.
EliminaDa come ho scritto sembra che io dubiti la tua ricetta sia "fatta come si deve".
Volevo solo dire che finora ho provato varie volte con diverse ricette ma senza riuscire a rifarla come se la ricordano i miei--e invariabilmente mi dicono:tanto non ti viene uguale! E da te invece ero sicura di averne una autentica (come per la focaccia, che da un bel po ora e' 'standard fare' qui a casa.
Pensare in una lingua e scrivere (in fretta) in un altra e' complicato!
:)
ma tu sei deliziosa, anna... non era affatto scortese, il tuo messaggio- ed è probabile che lo sia stata la mia risposta, scritta con un dito solo e fra i mille impegni di oggi. E io non ho neppure l'attenuante della lingua diversa!!!
EliminaFra l'altro, grazie al tuo post, mi è venuto in mente che potrei inserire tutte e tre le ricette che ho provato, con rigoroso indice di gradimento a fianco :-) così da farti avere una panoramica più completa. Son tutte e te autentiche ;-) ma una mi è entrata nel cuore (oltre che nello stomaco!)
bacioni-bacioni-bacioni
Io mi inchino davanti a cotanta sapienza... e cultura, ops colatura!
RispondiElimina:-))) ti stai massimentusiasmizzando??? :-)))
EliminaMi fate venire sempre una fame da lupi!!
RispondiEliminaPensa a me, che sono a dieta- e le devo pure cucinare, 'ste robe :-)))
EliminaChe bello, una ricetta che prevede, anzi, costringe, la bruciacchiatura....! ci vado a nozze !
RispondiEliminaMaria Chiara
uh, maria chiara, questa è perfetta per i tuoi buffet d'estate...
EliminaHo preso spunto da voi ...tanto per cambiare!
RispondiEliminaGrazie!
Naturalmente ho messo il link! baci, elena