A
Aereoporto: con i suoi caffè che occupano ogni centimetro quadrato disponibile, in mezzo ad una campagna rigogliosa, con scorci da pura cartolina, è il biglietto da visita più eloquente di quello che ci attende, una manciata di km più in là. "Accoglienza" è la parola chiave, declinata nei sorrisi del personale, nelle risate degli avventori dei bar, nei tintinnii dei boccali di birra che si incrociano per un ultimo brindisi, prima di partire e che trasformano uno dei luoghi di transito per antonomasia in un posto dove sostare è piacevole- ed indugiare ancora di più.
Alfabeto: Le consonanti stanno all'alfabeto polacco come le api attorno al miele o mia figlia e le sue amiche ai saldi di Abercromie: ingorgo totale. In più, alcune hanno anche l'accento ed altre strani segni diagonali, che le rendono del tutto irriconoscibili ad un orecchio abituato ad una pronuncia da comuni mortali come il nostro. Come se non bastasse, i Polacchi le sparano a raffica, imperturbabili anche di fronte alle espressioni di puro sgomento che si dipingono sulle facce dei poveri interlocutori, che ancora annaspano fra le voci del lessico da sopravvivenza in fondo ad ogni guida che si rispetti: fatica sprecata, ovviamente, perchè intanto, non se ne esce: l'unica è armarsi di pazienza, sorrisi e "nie rozumiem", "non capisco", in attesa di un aiuto dal cielo. E se parla comprensibile, lo apprezziamo ancora di più.
Ambra: da merce preziosa, tanto da dare il nome ad una delle grandi rotte commerciali del mondo antico, a immancabile souvenir, ridotto in mille fogge e venduto agli angoli di ogni strada, questa resina rappresenta uno dei segni dell'antica potenza commerciale di Cracovia, la cui posizione, proprio sulla via dell'Ambra, ne faceva un importante centro di lavorazione e di scambio. Oggi la si trova un po' dappertutto, dalle bancarelle del Fondaco dei Tessuti alle gioiellerie più pretenziose, nelle strade della Città Vecchia, financo alle sacrestie delle chiese, in forma di croce o di rosario. La qualità resta comunque alta ed i prezzi sono quelli da "grandi occasioni", sia per i prodotti di fattura pregiata, corredi per la tavola compresi, sia per gli oggetti di minor valore che costano comunque meno di una t-shirt celebrativa o di un magnete a forma di drago (v.), senza contare la porca figura annessa...
Artisti di strada: animano la piazza del mercato, dalle prime ore del mattino fino al clou della sera, quando ai mimi si affiancano musicisti, acrobati, giocolieri e danzatori di ogni genere, in uno spettacolo multiforme, che rende palpabile quella cifra dell'accoglienza che è l'essenza stessa di questa città e che, nel sorriso di questi giovani, trova la sua espressione più immediata e più piena.
Auschwitz- Birkenau: è a 70 km da Cracovia e, di tutti i luoghi da visitare nei dintorni della città, è la tappa più obbligata di tutte. Dedicatele il tempo che merita, una mezza giornata come minimo- e pazienza se per quel giorno dovrete puntare la sveglia un'ora prima. Dei due campi di concentramento, il primo è stato trasformato in Museo dell'Olocausto, mentre il secondo, quasi completamente distrutto dagli stessi Nazisti poco prima della loro fuga, è il più straziante dei musei a cielo aperto. Si visitano entrambi gratuitamente ed esistono molteplici soluzioni per poterli raggiungere dal centro della città. Mettete in preventivo code all'ingresso, affollamenti nelle sale, qualche minuto di sosta davanti agli ingressi dei blocchi più visitati- e su tutti la morsa che ad un certo punto ti stritola in cuore e per un po' non ti abbandona più. Mettete in conto tutto- ma varcate quel cancello, la vera soglia oltre la quale non sarà più possibile dimenticare.
Birra: ci prospettavamo serate a base di vodka e invece è stata la birra l'incontrastata protagonista delle nostre bevute. Ne abbiamo provate diverse, concedendoci anche qualche eretica variazione sul tema, perchè non so resistere a un bel niente, e meno che mai alla birra e lampone- per decidere, alla fin fine, che ci piacevano tutte, indistintamente.
Barbacane: insieme alla Porta Floriana, è quanto resta dell'antico sistema difensivo che circondava la città, prima che Cracovia cadesse sotto il dominio austriaco. L'atmosfera gioiosa della città dovette far breccia anche nel cuore austero degli Asburgo, visto che, a poch mesi dal loro insediamento, decisero che altrove si sarebbe combattuto, ma non qui. E quindi, giù le mura e, al loro posto, un bellissimo parco, tuttora luogo di ristoro cittadino per eccellenza, dove gli abitanti di Cracovia leggono il giornale all'ombra degli alberi oppure passeggiano o giocanoa scacchi (v. Planty). Resta il Barbacane, robusto bastione merlato, a ricordare l'austerità di un tempo- e pazienza se oggi è diventato il punto di ritrovo dei gruppi dei turisti o lo sfondo per le più classiche delle cartoline: il fascino resta sempre lo stesso.
Bunga Bunga: ha preso il posto della parola "Mafia", nelle desolanti equazioni che abbiamo dovuto sopportare, negli anni, ogni volta che rivelavamo di essere Italiani. La differenza, rispetto ad un tempo, è tutta nelle espressioni di chi esterna queste associazioni: agli sguardi corrucciati, preoccupati, a volte un po' impauriti di chi pensava che fossimo tutti mafiosi, ora si sostituiscono sorrisi ilari e occhiate ammiccanti, che non lasciano dubbio alle interpretazioni: ci stanno prendendo in giro, senza se e senza ma. Mentre a noi, non ci resta che piangere, in patria e pure fuori.
B
Bagel: "geniale l'idea di vendere bagel nel quartiere ebraico" recita testualmente la nostra guida (v. Lonely Planet)- rischiando seriamente di finire nel primo cestino della rumenta. Se mai c'è un posto dove i bagel son di casa, infatti, è proprio fra gli Ebrei polacchi, visto che è da qui che queste gommose ciambelline di pasta lievitata vennero importate negli Stati Uniti e da lì in tutto l'universo mondo. Nacquero infatti verso la fine del XVII secolo proprio a Cracovia, dalle mani di un anonimo panettiere che volle rendere omaggio alla destrezza del re Jean Sobleski III, che riuscì a tener testa al nemico, salvando Vienna dall'invasione delle truppe ottomane. Dato che il re era un abile cavallerizzo, il panettiere volle rendere omaggio alla sua passione per l'equitazione creando un pane a forma di staffa- bugel, in tedesco, da cui appunto "bagel"- ed inventando uno dei tormentoni del nostro secolo, oltre che della nostra vacanza. Il negozio di bagel del ghetto, infatti, ha cambiato indirizzo e lo troviamo solo quando ormai ci siamo rassegnati a tornarcene con la pancia vuota. In compenso, mangiamo i bagel più deliziosi mai assaggiati finora, morbidi, soffici e profumati, a conferma di come la filosofia del km zero non tradisca mai
Bagel: "geniale l'idea di vendere bagel nel quartiere ebraico" recita testualmente la nostra guida (v. Lonely Planet)- rischiando seriamente di finire nel primo cestino della rumenta. Se mai c'è un posto dove i bagel son di casa, infatti, è proprio fra gli Ebrei polacchi, visto che è da qui che queste gommose ciambelline di pasta lievitata vennero importate negli Stati Uniti e da lì in tutto l'universo mondo. Nacquero infatti verso la fine del XVII secolo proprio a Cracovia, dalle mani di un anonimo panettiere che volle rendere omaggio alla destrezza del re Jean Sobleski III, che riuscì a tener testa al nemico, salvando Vienna dall'invasione delle truppe ottomane. Dato che il re era un abile cavallerizzo, il panettiere volle rendere omaggio alla sua passione per l'equitazione creando un pane a forma di staffa- bugel, in tedesco, da cui appunto "bagel"- ed inventando uno dei tormentoni del nostro secolo, oltre che della nostra vacanza. Il negozio di bagel del ghetto, infatti, ha cambiato indirizzo e lo troviamo solo quando ormai ci siamo rassegnati a tornarcene con la pancia vuota. In compenso, mangiamo i bagel più deliziosi mai assaggiati finora, morbidi, soffici e profumati, a conferma di come la filosofia del km zero non tradisca mai
*per dovere di cronaca, la storia del panettiere è ovviamente una leggenda, con tutte le imperfezioni del caso. E' assai probabile che i bagel abbiano un'origine più antica e più riconducibile alla cultura ebraica, come pani da contrapporre ai pani rotondi usati dai Cristiani durante la quaresima. Di "quasi certo", però, c'è la località dove i bagel videro per la prima volta la luce, vale a dire proprio Cracovia.
Bunga Bunga: ha preso il posto della parola "Mafia", nelle desolanti equazioni che abbiamo dovuto sopportare, negli anni, ogni volta che rivelavamo di essere Italiani. La differenza, rispetto ad un tempo, è tutta nelle espressioni di chi esterna queste associazioni: agli sguardi corrucciati, preoccupati, a volte un po' impauriti di chi pensava che fossimo tutti mafiosi, ora si sostituiscono sorrisi ilari e occhiate ammiccanti, che non lasciano dubbio alle interpretazioni: ci stanno prendendo in giro, senza se e senza ma. Mentre a noi, non ci resta che piangere, in patria e pure fuori.
C
continua...:-)
Ahahaha....bello...molto bello!!!
RispondiEliminaBacione
Io ho già almeno due buoni motivi per andare:
RispondiEliminail primo sono i bagels, anche fatti male li avrei mangiati, ma se sono anche i più morbidi, soffici e profumati...
e poi voglio capire il trucco dell'artista di strada col bastone...
Fabio
Mi hai fatto tornare in mente il mio insegnante di lettere della scuola media che, al ritorno di una visita ad Auschwitz, tentò di raccontarcela senza riuscirci: il pianto gli aveva fermato le parole e quei pochi minuti di lacrime davanti ad una classe attonita hanno avuto più valore di qualsiasi racconto...
RispondiEliminaOxana, grazie1 un bacione anche a te
RispondiEliminaFabio,il trucco c'è e si vede- e l'ingegnere l'ha sgamato all'istante. Ma mi guardo bene dal dirtelo, che maniman non ci si torna, a Cracovia (in compenso, sui bagels, il trucco ci sarà, ma non si è scoperto: così buoni, mai mangiati)
Virò, per me è stato devastante. oltre le aspettative che avevo messo in conto, pensando di conoscermi a sufficienza. Evidentemente,mi sono sbagliata e pure di brutto. Nello stesso tempo, guai se non ci fossi andata- e guai se non ci avessi portato mia figlia. Che è rimasta meno sconvolta di sua madre, però: turbata all'inverosimile, ma sempre padrona di sè Il che mi ha fatto pensare ancora una volta all'opportunità di mettere i giovani a contatto diretto con le tracce della storia, senza attribuire a loro paure e remore che son solo nostre e che li tagliano fuori da una comprensione piena di quello che è davvero stato. Capisco il tuo professore- e non sai quanto...
Splendido quel vestitino birresco!!
RispondiEliminaGrazie per il reportage puntuale e esauriente, per l'ultimo riferimento alla B, non so se preferire il primo o l'ultimo .........:-(
Ovviamente preferirei un'identificazione degli Italiani con Leonardo o Michelangelo ma tant'è!!
Per i Campi di Concentramento non ho cuore sufficiente...... leggo le tue parole e sento tutto il peso del dolore e la tristezza che hai provato.
A rileggerti presto.
diana