Oggi riapre Officina di cucina, il ristorante di Chiara e Claudia su cui la furia della scorsa alluvione si è abbattuta in modo devastante e che ha dato vita ad una commovente gara di solidarietà fra tutti i food bloggers.
Fino a poche ore fa, eravamo con loro,insieme ad una Varesina e ad una Napoletan-Fiorentina eccezionali, in costante contatto telefonico con due Milanesi dal cuore d'oro, in un fine settimana di riscostruzione globale, che è passato dalle ultime martellate ai banconi e dagli ultimi lavaggi a temperature invernali per arrivare dritto dritto alle emozioni. Per tutti, sono state sensazioni assolutamente positive, nel segno della ripresa, della rinascita, della riscossa: ma per noi che a Genova ci siamo incorporati, ancorati a questa terra da radici che rimontano ad un passato vecchio di secoli, di generazioni, di storie familiari che si sono intrecciate a quella della nostra città, ricucire le ferite è ogni volta un'operazione dolorosa e difficile. E mai definitiva. Mai completa. Tanto che c'è bisogno di tutta la forza di volontà di questo mondo per poter mandar giù un boccone che non abbiamo mai il tempo di digerire e di assimilare, ma che ogni volta, quasi ogni anno, al ripetersi di queste sciagure, torna su, portandosi dietro il sapore amaro dei dolori passati. Ma il desiderio di normalità è più forte di tutto e se gli eventi positivi sono sempre bene accetti, mai come in questo caso si caricano di valenze simboliche e di "ricomincio da qui".
Fino a poche ore fa, eravamo con loro,insieme ad una Varesina e ad una Napoletan-Fiorentina eccezionali, in costante contatto telefonico con due Milanesi dal cuore d'oro, in un fine settimana di riscostruzione globale, che è passato dalle ultime martellate ai banconi e dagli ultimi lavaggi a temperature invernali per arrivare dritto dritto alle emozioni. Per tutti, sono state sensazioni assolutamente positive, nel segno della ripresa, della rinascita, della riscossa: ma per noi che a Genova ci siamo incorporati, ancorati a questa terra da radici che rimontano ad un passato vecchio di secoli, di generazioni, di storie familiari che si sono intrecciate a quella della nostra città, ricucire le ferite è ogni volta un'operazione dolorosa e difficile. E mai definitiva. Mai completa. Tanto che c'è bisogno di tutta la forza di volontà di questo mondo per poter mandar giù un boccone che non abbiamo mai il tempo di digerire e di assimilare, ma che ogni volta, quasi ogni anno, al ripetersi di queste sciagure, torna su, portandosi dietro il sapore amaro dei dolori passati. Ma il desiderio di normalità è più forte di tutto e se gli eventi positivi sono sempre bene accetti, mai come in questo caso si caricano di valenze simboliche e di "ricomincio da qui".
Il mio "ricomincio da qui" è dunque la riapertura di questo delizioso ristorantino che da tre mesi allieta la pausa pranzo di tutti i genovesi forzati del toast di polistirolo o del precotto che affoga in non so quale liquido e che da Chiara e Claudia trovano piatti buoni e genuini, offerti con un'accoglienza di altri tempi. A pranzo sarò di nuovo da loro e la mia "normalità" sarà completa. A sancire un lutto che voglio credere che sia stato elaborato. E che mi spinge oggi a mantenere la promessa di provare a parlarne un po', con voi e con me, per capire davvero che cosa ci abbia lasciato questo disastro.
Allerta 2: è la summa dell'incomunicabilità fra chi ci governa e noi cittadini. "Allerta 2" non significa nulla, se non è corredato da una spiegazione. "Due", oltretutto, non è neppure un numero che evochi chissà quali primati. Se arrivi secondo, è perchè c'è qualcuno che ti precede. Oppure che ti segue. E' il numero della metà, della misura, del "mezzo e mezzo". E' vero che ce lo avevano detto: sui tabelloni delle autostrade c'era scritto, "meteo domani, allerta 2", ma nessuno ci ha detto cosa fare e perchè. Meglio, molto meglio la sequela di avvisi che si sono succeduti dopo, quando si viveva in scenari da The Day After, con la polizia che passava con i megafoni, urlando di stare chiusi in casa e gli appelli in televisione a non usare le auto e a non uscire. Abbiamo obbedito e ci siamo sentiti protetti e coccolati. Anche se, purtroppo, era troppo tardi.
Le scuole aperte: sono state il terreno dove si è sfogata tutta la nostra rabbia e dove si è giocata parte di una battaglia politica che, francamente, non ci appartiene. Quel giorno, ero furibonda: mia figlia era dall'altra parte della città, affidata per fortuna ad un Preside dai nervi saldi che ha rispettato l'orario scolastico, senza farsi prendere dal panico. La scuola di mio nipote, invece, si è allagata e nel momento della esondazione del Ferreggiano lui e mia sorella erano su una Smart, nel quartiere adiacente a quello del torrente. Qui da noi, eravamo bloccati in casa, da oltre un metro d'acqua. Quindi, vi lascio immaginare in che stato ci trovassimo tutti- perchè i nostri figli, a scuola, ci sono andati tutti. A distanza di qualche settimana, le motivazioni che allora mi sono sembrate scellerate oggi appaiono un tantino più coerenti: in situazione di pericolo, le scuole sono luoghi di sicuro riparo, era il pensiero della nostra sindaco. In teoria, concordo. In pratica, però, ci chiediamo tutti come sia stato possibile considerare sicuri edifici che sono stati evacuati per allagamento e - soprattutto- non coordinarsi col personale scolastico, dando istruzioni precise e, se il caso, precettando. Delle sei vittime di questa alluvione, cinque erano uscite per andare a prendere i proprio figli, lasciati uscire da scuola nel momento di massima allerta. E' vero che il senno di poi è una scienza esatta. Ma è altrettanto vero che un briciolo di senso pratico e una comunicazione chiara ci avrebbe preservato da queste perdite.
di chi è la colpa?: il gioco dello scaricabarile, fra i politici locali e quelli nazionali, è iniziato appena ha smesso di piovere. Se volete, ve lo riporto per sommi capi, ma il succo è sempre quello: laddove sono stati fatti bene i lavori di contenimento delle acque dei torrenti, questi non sono esondati. Laddove non sono stati fatti o sono stati fatti male, hanno lasciato il passo alla furia dell'acqua. Mancanza di fondi, ovviamente, ma anche eccesso di burocrazia. In questo "giorno dopo" di chiarezza, abbiamo appreso per la prima volta retroscena desolanti, di progetti che, per essere approvati, devono passare da decine e decine di uffici, ciascuno con un funzionario che è esposto in prima persona ai rischi di azioni civili e penali. Una volta era solo il politico responsabile di quell'ufficio, ora rischiano tutti. Il che, nel migliore dei casi, rallenta l'iter di qualsiasi intervento. I fondi per l'alluvione dello scorso anno, che ha messo in ginocchio il Ponente, sono arrivati da un po', ma sono fermi lì, vincolati all'approvazione di questo progetto che non arriva, costretta com'è ad una Via Crucis di uffici ed ufficetti e vittima di un percorso frammentato e quindi lentissimo. Ieri, però, abbiamo anche appreso che l'ecomostro che ha parte di responsabilità nell'esondazione del Ferreggiano è di proprietà del Comune. Come dire, insomma, che chi ci governa gioca a scarica barile, ma che in questo barile ci siamo noi. e a me sembra tanto il barile di Attilio Regolo, ve lo ricordate quello pieno di chiodi? Ecco: ad ogni "passaggio", una ferita in più.
Il Clima che cambia: a bocce ferme, è lui il principale responsabile di questa alluvione. Imperversava la tempesta, al 4 di novembre, e fuori c'erano più di 20 gradi. A Genova, d'inverno, fa freddo e a Novembre tiriam fuori cappotti, sciarpe, berretti. L'altro ieri, invece, c'erano gli stabilimenti balneari aperti, con la gente in costume a prendere il sole sui lettini. Ad una furia così cieca, pervicace, violenta, noi non siamo attrezzati: basti dire che il martedì, quando è arrivata la "coda" della tempesta, in poche ore si sono moltiplicati i danni. Da noi, abbiamo un tombino affossato: il giorno prima, era al suo posto, adesso è al di sotto del livello del manto stradale. Quel che è peggio è che l'ufficio meteo non riesce a prevedere di preciso la zona in cui si abbatterà la pioggia: piove "a macchie di leopardo", come si dice e quindi ci sta che nel mio quartiere si possa uscire senza ombrello, mentre quello vicino è esposto a tutte le intemperie del mondo. Ergo, non sottovalutate le "allerte", ci è stato detto, anche se da voi non è caduta neanche una goccia. E vi giro l'avvertimento, nella malaugurata ipotesi che possa capitare qualcosa di simile anche alle vostre zone.
Genova, il giorno dopo: il "giorno immediatamente dopo" non lo so, perchè eravamo tutti blindati in casa- e poi abbiamo avuto la pioggia del martedì, che deve averci riportato al punto e a capo. Ma il mercoledì il centro era quasi completamente pulito e a distanza di una settimana non sembrava neppure possibile che su queste strade e su questi muri si fosse scaricato tutto il cielo. Dall'esterno, però. Perchè all'interno è dura. Mai come in questi giorni, fatico a spiegare in che cosa consista la dignità di noi Genovesi: la capisco, le aderisco a pelle, ma trovare le parole giuste per trasmettere a chi non ci conosce che cosa stiamo provando in questo momento è quasi impossibile. Provate a cercare un Genovese che piange: ne troverete pochissimi. E provate a cercare un Genovese che chiede: non troverete nessuno. Tanto abbiamo il "mugugno" nel DNA, quanto siamo incapaci a chiedere aiuto. Un disastro di questo tipo, in un momento di crisi che mai ci saremmo immaginati, per giunta a distanza di un anno dalla scorsa alluvione e di troppo poco tempo da quella ancora precedente ci ha messo in ginocchio, letteralmente. Penso ai commercianti, molti dei quali non sono riusciti a riaprire; a famiglie a cui l'acqua ha portato via la casa, i mobili, le auto e le moto: ma se io piango la Mini, c'è chi piange vite umane- e lo fa nel silenzio, nella compostezza, nel decoro che questa gente di mare si porta dietro da secoli. E' difficile immaginare che dietro i nostri modi spicci e i nostri discorsi brevi ci siano situazioni di bisogno e di povertà: ma vi prego di credermi, se vi dico che è vero. e se aggiungo che il peggio è quello che verrà, quando l'ondata di solidarietà che tanto ci ha aiutato in questi giorni verrà a scemare e noi ci ritroveremo con pesi più grandi di noi da affrontare. Lo faremo nel solito nostro modo scontroso e virile- ma sarà durissima, davvero.
Gli Angeli del Fango: la lascio per ultima, questa voce, perchè è la più toccante, la più commovente, la più bella. Se tutto è stato ripulito così bene e così in fretta è grazie a questi ragazzi, molti dei quali sono venuti da tutta Italia, che si sono armati di scope e hanno sacrificato i loro pomeriggi o i loro giorni di vacanza forzata da scuola per andare a spalare fango. Molti erano organizzati dai vari Municipi, tantissimi si improvvisavano per strada, imberbi supereroi, pronti a soccorrere chi aveva bisogno. Sono stati il nostro vero sostegno, ci hanno riscaldato il cuore, con la loro abnegazione e ci hanno permesso da subito di sintonizzarci sulla banda giusta: che non è quella della rabbia, ma quella della solidarietà, del conforto ineffabile di mani tese che si son ritrovate allacciate, in una catena di soccorso, di aiuto, di affetto. Ne ha parlato tutta l'Italia, di questi giovani sani, belli e puliti, nonostante il fango- e qui a Genova ne parliamo tutti. Provate a chiedere ad un Genovese di questi ragazzi, di che cosa hanno fatto, di quanto li hanno aiutati: allora sì, che ci vedrete piangere.
TARTUFI DI CIOCCOLATO BIANCO AL PROFUMO DI ROSA E AL PISTACCHIO DI BRONTE
Tutto ciò che profuma di rosa, profuma di Genova, almeno per me che son stata cresciuta all'ombra di un grande roseto, che confortava con i suoi sciroppi le sere d'inverno e riempiva di sole le nostre merende, con le sue marmellate. Da lì a mettere l'acqua di rosa nei tartufi ce ne corre e mia nonna forse non avrebbe approvato: ma mi era avanzata della ganache, da questo esperimento e non ho resistito...
400 g di cioccolato bianco
200 ml di panna
acqua di rose o sciroppo di rose
pistacchi di bronte
per il cioccolato bianco di copertura
200 ml di cioccolato bianco
Il procedimento è lo stesso usato per i tartufi al pepe rosa: fate una ganache al cioccolato bianco e dopo profumatela con qualche goccia di sciroppo di rosa, se siete di Genova, o di acqua di rose buona se abitate altrove. Mettete in frigo fino a quando il composto si è ben rassodato e poi date la forma di tante palline, inserendo al centro un pistacchio di Bronte. Di nuovo in frigo, se volete coprirli con la granella di pistacchio, oppure in freezer, se volete coprirli con la ganache di cioccolato bianco. In entrambi i casi, una bontà.
* nella foto, sono i secondi. Se fate i bravi, vi dò anche le altre ricette :-)
ciao
ale
bellissimo post...molto intenso.
RispondiEliminaun abbraccio.
spero di incontrarci presto a Genova, bellissima città che ho scoperto solo un anno fa.
Grazie, un post bellissimo, come tanti dei tuoi. Un'analisi lucida e razionale, ma che non dimentica il cuore. Quei ragazzi e la composta dignità di voi genovesi hanno colpito anche me. Ho visto lettere di professoresse che raccontavano i loro pomeriggi a spalare insieme a tutti i loro alunni, tutti. Ho letto della sferzata di bellezza che dentro a una città martoriata i sorrisi e la baldanza di questi ragazzi hanno portato. Se i miei figli fossero stati più grandi, li avrei accompagnati a spalare. E non posso non rimanere commossa guardando quello che molte di voi hanno fatto per l'Officina di Cucina. Grazie. Mi prenderò uno dei tuoi tartufi e comincerò la giornata! Un abbraccio!
RispondiEliminasto piangendo anch'io e ho iniziato prima dell'ultimo paragrafo. abbiamo seguito e sofferto tutto insieme a voi, però tutto filtrato dalla tv, dai vostri racconti, è vero, si può provare ad immaginare ma non si può comprendere veramente cosa si provi di fronte a queste tragedie naturali ed umane. siete stati tutti meravigliosi e un grosso in bocca al lupo al ristorantino di Chiara e Claudia che contribuirà a riportare il sorriso sulla bocca di molti genovesi
RispondiEliminaLeggere a "freddo" fa se possibile piu' male che nella frenesia del momento.
RispondiEliminaSono pero' contenta di sapere dell'Officina di Cucina, una buona notizia ogni tanto fa stare meglio...come un tartufino :-)
Anch'io...ho iniziato a leggere il post e poi....ho interrotto. Mi pesa il ricordo di quei giorni. In verità ora guardo al futuro che sarà fatto di macaron e tartufini ;-)! Giulietta
RispondiEliminaCarissima, che bel post....
RispondiEliminaSono contenta per Chiara e Claudia e voglio divulgare l'apertura dell'officina di cucina... Lo farò domani.
Ti ho invitata a preparare i tuoi 7 link...
Mi piacerebbe leggere i commenti su tuoi post.
Bravissima.
Baci
Thais.
http://cucinamonamour.blogspot.com/
Se non vi avessi "incontrate" nell'etere in maniera del tutto casuale un pomeriggio che avevo tempo da perdere, adesso non avrei la sensazione di avere qualcuno di caro in quel di Zena, e non avrei vissuto questo dramma così intimamente, scoprendomi a pregare e a scongiurare che tutto passasse in fretta senza gravi ripercussioni. E' un sentimento strano, un'empatia così forte che mi ha immediatamente reso consapevole che il disastro di Genova non era solo una notizia, l'ennesima notizia urlata al megafono per fare share, ma la storia di persone, di vite vere, reali. Leggere le tue parole mi scuote ancora nel profondo e mi commuove moltissimo. Un grande abbraccio. Pat
RispondiEliminasplendidi, segno la ricetta subitissimo!!
RispondiEliminale immagini erano tremende ma non possono trasmettere quello che avete vissuto sulla vostra pelle.
RispondiEliminaSono felice per la riapertura dell'Officina di Cucina, avete fatto un grande lavoro!
( e i tartufi non mi sono sfuggiti, dove c'è un dolce goloso e così raffinato...)
Un post bellissimo e denso.
RispondiEliminaGrazie.
Lucida e pacata, Ale ti abbraccio
RispondiEliminaultimamente sono presente a singhiozzo sul mio blog e su quelli degli altri, e mi sono persa la vicenda del ristorante di cui parli. me ne dispiace, e sono contenta che siano riuscite, con l'aiuto di molti di voi, a riaprire il ristorante.
RispondiEliminavi ho invece seguiti, voi genovesi, sui giornali e sulla rete, e concordo con te su tutto quello che dici: la scarsa capacità di comunicazione istituzionale, l'inefficianza burocratica, lo scarica-barile, la mancata cura e tutela del territorio, ma anche, purtroppo, i cambiamenti climatici. non potendo agire su questi ultimi, dovremmo essere doppiamente, triplamente e ennesimamente attenti al resto. vediamo cosa accadrà in futuro. se avremo imparato qualcosa o no.
intanto, ma mi sento quasi vergognosa a dirlo, mi gusto i tuoi tartufi. che verranno inseriti d'ufficio fra tutti i cioccolatini che farò a dicembre per regalarli per natale. spero che tu non me ne voglia. in questi giorni ti ho copiata più che mai.
Gaia, per me è un onore- e sono seria.
RispondiEliminaMentre mi commuove sentire di nuovo questo starvi a cuore, in un modo così spontaneo e così sincero. Ho aspettato il più possibile, per tornare sull'argomento, perchè temevo anch'io uno tsunami di lacrime. E' inutile: siamo scossi e chissà per quanto lo resteremo. Però, abbiamo potuto toccare con mano quanto affetto, quanta solidarietà, quanta abnegazione ci sia intorno a noi e questo, come vi dicevo, è stata la spinta più grande. Perchè davvero il rischio di convertire tutto in rabbia era troppo a portata di mano, per avere la forza di rnuciarvi. Mentre così, è stata una deviazione obbligata, verso il pensare costruttivo e positivo- e verso una ricostruzione che è fatta di riscoperta, di valori antichi, che resistono a qualsiasi tempesta. E' questo che ci porteremo sempre nel cuore- ed è questo il significato del nostro grazie
Grazie.
RispondiEliminaUn abbraccio, anche a Chiara e Claudia
Il viverlo quasi in diretta, ma da lontano è "quasi" peggio... E comunque veramente non posso che dire che voi genovesi siete grandi e dignitosissimi!
RispondiEliminaP.s. Facciamo i boni, ma le altre versioni ce le devi dare! :*
Tanti tanti baci a voi e alle ragazze. Oltre alle parole, alle azioni, in questo momento vi copro di baci
RispondiEliminaLe ferite del cuore sono lunghe da sanare ma, siamo sulla buona strada qui!
RispondiEliminaQuesti tartufini sono terapeutici, come lo è per me il profumo di rose.Sono contenta per l'Officina Cucina!!!bacione
Arrivata agli angeli del fango..ecco ho pianto anche io.
RispondiEliminaPerché sono lontana e vedo solo un'Italia in crisi, senza idee e senza speranza, perché in genere piango per rabbia e la mia rabbia é che questo benedetto paese ha un immenso fantastico capitale umano che non sa valorizzare e che il capitale finanziario e una politica scellerata sta appiatendo, abbattendo, svilendo. Cosa faremo con le energie di tutti questi ragazzi ?
Ecco anche perché ho pianto.
Brave Chiara e Claudia ad avere la determinazione per andare avanti. sapere che ci sono tanti amici che ti circondano dà sicuramente la forza per ricominciare. In bocca al lupo! Teresa G.
RispondiEliminaAle.... mi viene solo una cosa. Farti un abbraccio pieno di tutto quel che puoi trovare.
RispondiEliminaBacio
B
E poche ore fa è accaduto in provincia di Messina.... sono senza parole, ma un sorriso per CHiara e Claudia ve lo mando ugualmente!!! Flavia
RispondiEliminaGrazie Ale proprio un bel post, soprattutto perchè pensato.Concordo su tutto. L'ecomostro di via fereggiano è l'unica cosa che mi lascia perplessa, perchè in reltà, tutta la collina di Quezzi è diventata a pieno titolo (come, oserei, tutti i quartieri collinari genovesi) il vero ecomostro.
RispondiEliminaio me la ricordo com'era nei primi 70 qnd ancora lo scempio non era del tutto compiuto, e mi piace ricordare che le colline erano verdi e profumate, e la mamma mi ci portava a sfogare l'energia di bimba...
l'avidità non ci porterà nulla di buono,questi sono i risultati...
e infatti mi è piaciuta più di tutto la tua chiusura sugli angeli del fango - anche io mi sono commossa allora e anche oggi a 19 giorni di distanza dall'evento, passando in via fereggiano mi sfugge un sorriso e una lacrima insieme, perchè è stato triste subire delle perdite di vite umane, ma è stato bellissimo assistere alla mobilitazione generale affinchè tutto riprendesse un aspetto normale.I sorrisi degli angeli,sporchi di fango, erano semplicemente stupendi e saranno indimenticabili.
"normali" non lo saremo tanto presto e forse mai perchè dovremo convivere sempre con "l'allarme" piogge che ci ricorderà sempre quel che è successo e ci farà più paura...
grazie anche per la notizia della riapertura di Officina di cucina, davvero una buona notizia. Non ci sono ancora stata ma ci passo davanti tutte le mattine e quando il lunedi 7 ho visto lo scempio post-alluvione non ho potuto non rattristarmi, aveva aperto da così poco tempo...e il primo pensiero è stato: chissà se ce la faranno...sono sollevata e non vedo l'ora di provare nella mia pausa pranzo!!
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Questo è uno dei pochi articoli a ritroso che sono andato a leggere a compensare la mia mancanza su MT.
RispondiEliminaPoco da dire in merito la mia posizione è leggermente più articolata e quindi ti risparmio analisi pesanti, prendilo come un regalo, facciamo così :P ehehehehehe
Però una cosa voglio dirla. So, non per aver navigato sul web ma per averlo ascoltato con le mie orecchie che persona splendida tu sia, ancor più in occasioni avverse o difficoltà altrui oggettive. Ecco sapere che c'è in giro una 'Raravis' e con lei molte altre (il femminile non è un caso...) aiuta me ad essere meno 'negativo'.
Grazie per quanto hai\avete fatto, grazie per darmi una prospettiva diversa.
Me lo sono meritato un tartufo?? :)
anche due ;-)
RispondiEliminaale
Ebbene eccoti ancora aggrappata con energia alla tua ripida terra piena di profumi che nemmeno le acque riusciranno a spegnere. Un bell'omaggio alla tua città i tuoi pensieri e i tuoi tartufi. Resta il contrasto tra la generosità dei giovani che si danno da fare a riparare e i meno giovani che con meno generosità agevolano troppo spesso situazioni potenzialmente distruttive.
RispondiElimina