Un vecchio detto popolare genovese sostiene che "la polenta mi accontenta, i ravioli mi rallegrano". Nella traduzione si perdono sia la rima, sia l'immediatezza di certe metafore del linguaggio popolare (i ravioli "tirano su il cuore"), ma il senso è chiaro: di qui, il cibo di tutti i giorni, cibo povero, la cui unica funzione era rivolta al bisogno primario della sazietà, di qua il cibo raffinato, ricco, elaborato, capace quindi di soddisfare una gamma più ampia di esigenze, da quelle del palato a quelle dell'anima.
Era uno dei detti preferiti di mia nonna, che lo ripeteva ogni volta che mi scodellava davanti paioli di polenta fumante: e anche se il tono di voce era quello di chi ha imparato la lezione, l'espressione del volto indicava l'esatto contrario. Se fosse stata tipa da strizzatine d'occhio, avrebbe ammiccato in questo modo, rivolta alla sua nipote più grande, sapendo di trovare in lei una complice e un'alleata fedele: perchè a noi, i ravioli piacevano, ma fino a un certo punto. Mentre pre la polenta, avremmo fatto follie.
Io me la ricordo ancora, mia nonna, che si tagliava le fette della polenta del giorno prima, le metteva a grigliare nel forno e poi le pucciava nel latte. E uno dei ricordi più imbarazzanti vividi delle nostre rarissime gite in montagna riguarda una leggendaria scorpacciata di polenta, condita con tutto quello che usciva dalle cucine: dai sughi tradizionali (di salsiccia, di funghi) ai vari formaggi, per concludere nientemeno che con un filo di panna, atto di resa del cuoco di fronte all'insospettabile golosità della più piccola dei suoi commensali.
Col tempo, ho imparato a moderarmi: in principio fu la taglia 42, poi ci misero il tempo e il clima: perchè è indubbio che per fare una polenta come si deve, ci voglia il tempo necessario, e per gustarla altrettanto come si deve ci voglia anche il clima adatto: col sole, insomma, nun ja fo.
Senza contare che nun ja fo neppure con le polente del supermercato: tutte uguali, tutte piatte, tutte sciape. E neppure mi soddisfano le farine di mais che compro sfuse, che, di nuovo, han tutte lo stesso sapore: migliore di quello industriale, ma poco connotato, poco incisivo, poco soddisfacente. Tanto che, negli anni, avevo progressivamente smesso di preparar polenta, preferendo rifugiarmi nel sapore dei ricordi dell'infanzia, piuttosto che imbruttirmi davanti al paiolo prima- e al piatto poi.
Ma l'anno scorso ho assaggiato QUESTA polenta- e da allora, la mia vita è cambiata.
Il "QUESTA" non porta a nessun link, perchè il produttore che me la fornisce, non ha la minima idea di cosa sia internet. E neppure sa che cosa siano i marchi, le leggi del mercato, eataly, slowfood, il km zero e tutto quanto fa "produttore fighetto del III millennio". Quello che conosce lui sono i ritmi delle stagioni, i colori del cielo, la fisionomia della sua terra, quella che coltiva dietro casa e che da generazioni ha fornito alla sua famiglia gran parte del suo sostentamento: le vigne, più in alto, e sotto i campi, coltivati ogni anno con la stessa fatica e lo stesso amore che in queste zone sono il vero anello di congiunzione fra padre e figli, nonni e nipoti.
E' da queste terre che proviene il mais ottofile, una qualità antichissima, piantata per secoli per il consumo familiare e progressivamente abbandonata, nel dopoguerra, per far spazio a ibridi più potenti, più produttivi e più adatti alle monoculture.Il seme venne del tutto dimenticato e sarebbe davvero rimasto un ricordo del tempo passato se il caso non ci avesse messo lo zampino, facendo trovare ad un agonomo alcune pannocchie secche, in un cascinale abbandonato: da lì, la lenta e faticosa rinascita di questo seme che oggi costituisce una di quelle piccole eccellenze della nostra Italia, di cui dovremmo andar fieri: perchè non solo si è tornati all'antica coltura, ma assieme ad essa si sono recuperati anche gli antichi metodi di lavorazione, che culminano con la macinazione a pietra, la sola che permetta di salvaguardare le caratteristiche organolettiche del prodotto.
Prova ne è il fatto che, per la prima voltain vita mia, mi sono accorta che la farina di mais profuma, per esempio. E che, una volta cotta, presenta una tale varietà di sfumature di gusto che l'aggiunta del condimento, che con la polenta è praticamente un obbligo, qui è quasi un delitto. E che il giorno dopo è ancora più buona. E che le paste di meliga sono un'altra cosa. E l'Amor Polenta pure. E tutto questo in barba al tempo, al clima e alla taglia 42 ...
Dimenticavo: il produttore di cui sopra è un cugino di mio papà. Che ha 83 anni, vive nell'alessandrino e l'ultima volta, oltre alla polenta, mi ha regalato anche quelle meravigliose pannocchie rosse che vedete nella foto: il mucchietto d'oro in primo piano è la sua polenta, setacciata sotto i miei occhi, in una tiepida mattina d'autunno e mangiata qualche ora dopo, capace come nessuno di "tirar su il cuore"...
SPEZZATINO DI MANZO ALLA PAPRIKA CON POLENTA OTTOFILE
Ricetta senza dosi, perchè per queste cose si va ad occhio, in casa mia.
Per lo spezzatino, calcolo 8 hg di carne, per noi tre: vitellone, meglio se matamà (come si dice, in italiano?), meglio ancora se con un pochino di grasso. Lo taglio a cubotti di circa 2 cm e li faccio rosolare poco per volta in un po' di olio EVO, in una casseruola bella capiente. Quando son rosolati, copro con un cucchiaio di farina e lascio tostare a fiamma alta per un minuto o due: poi aggiungo tante cipolle affettate sottili (almeno 2, grosse), mescolo bene, bagno con del vino rosso secco (se ce l'ho, altrimenti niente), aggiungo due cucchiaini colmi di paprika piccante, un cucchiaino di concentrato di pomodoro e copro a filo con del brodo (uso quello di verdura, ma ci andrebbe il brodo di carne). Aggiusto leggermente di sale, abbasso la fiamma e metto il coperchio. Ogni 10 minuti controllo e, se è il caso, aggiungo ancora del brodo, ma sempre a filo della carne, per evitare che si lessi. Lascio cuocere per circa due ore: la carne è pronta quando si disfa sotto la pressione della forchetta ed è ricoperta da un sugo denso e scuro.
La servo con della polenta fumante, preparata facendo cuocere in acqua bollente salata la farina di mais: la getto tutta in una volta (per 2 litri d'acqua, calcolo circa mezzo kg di farina), dopo che ho abbassato la fiamma al minimo, e mescolo subito con una frusta, per evitare che si formino grumi. Lascio poi cuocere per almeno un'ora a fuoco bassissimo, anche se questo tipo di mais dà il meglio di sè nelle lunghe cotture. Verso sulla tavola di legno e porto in tavola, con lo spezzatino fumante.
e buon appetito!
ciao
ale
Ecco perchè non mi è mai piaciuta la polenta! mi hanno sempre propinato fin da piccola quella "compera"! rivoglio allora tutte le polentate che mi sono persa in vita mia!! ora il problema è trovare quella farina d'oro che appare dalle tue foto, e non sarà facile.
RispondiEliminaPurtoppo i produttori che offorno un prodotto genuino e di qualità non sono mai abbastanza conosciuti, ci vorrebbe più informazione anche rispetto alle schifezze che ci propinano ai supermercati dove la maggior parte delle persone acquista (me compresa).
Ora mi resta solo una curiosità: il profumo della tua polenta, me lo descrivi?
buona giornata
Francy
ma io sai cosa mi sogno? di avere la miglior materia prima, così da dover intervenire meno possibile.
RispondiEliminaanche se la polenta la mangio eccome! manco fossi polentona! :)
irene
Da qualche parte ho letto che ormai i chicchi di mais, prima di essere macinati vengono privati del germe, quello dal quale,poi, si ricava l'olio, e sarebbe questo il motivo per cui la polenta è diventata insapore.
RispondiEliminami sono scaldata solo a guardare le foto ... quanto mi piace l'inverno! Vuoi mettere un piatto del genere contro una fresca insalatina leggera???
RispondiEliminaAnch'io amo l'inverno- e ancor di più l'autunno, se ci fosse. Ed è indubbio che l'estate mi privi di uno dei piaceri che condivido qui, vale a dire quello di stare ai fornelli, cosa che invece,la (per gli altri) cattiva stagione consente.
RispondiEliminaancora di più amo le cose buone. Ma quelle buone sul serio: non solo quelle che ti vengono spacciate per tali- e poi, quando le assaggi,senti quel retrogusto di marketing che rovina tutto il resto.
Ho la fortuna di poter attingere a un km zero con grande facilità e ad un biologico vero, di quelli privi di ideologia e di talebanate, ma fatti di quella saggezza che nasce dall'esperienza, dal buon senso e dall'amore per quello che si fa. E' questo, quello che sento nel piatto, quando mangio questa polenta o bevo il latte del nostro fattore o affetto le verdure del nostro orto. E, credetemi, non c'è matketing che tenga...
Ciao Cara.
RispondiEliminaQue delizia di piatto!!! Una meraviglia.
Con quella farina speciale...
Buona settimana.
Thais
Ho le lacrime agli occhi perché come te di scorpacciate di polenta ne ho fatte a millanta ed i ricordi legati a lei sono fra i più belli della mia infanzia e prima adolescenza. Adesso posso dire non avere più mangiato una polenta come si deve da anni, forse l'ultima in Valtellina ma era taragna quindi tutta un'altra cosa. Per sentire se una polenta è buona, io faccio la prova con l'olio evo. E secondo me olio e polenta con un filo di parmigiano sono la scala per il paradiso.
RispondiEliminaUn post bellissimo, ma bello davvero. Un bacione, Pat
Bellissimo questo racconto..polentona anch'io in quel di Venezia..e me la ricordo anche io la nonna e la zia (adorata zia Carla) che la tagliavano...noi più che con lo spezzatino con la frittura o con l'umido di seppie...l'infanzia.
RispondiEliminaQuesta polenta che ci hai presentato è meravigliosa..magari si potessero avere certi prodotti facilmente..è tutto ormai così 'industrializzato'..che tristezza..io vorrei tornare indietro, a questi sapori, a questi metodi di lavoro, così lontani dalla pura logica del guadagno..
Grazie, bellissimo post e meraviglioso piatto. Roberta
Dalle mie parti del Formenton otto file hanno fatto un vanto, un prodotto tipico da valorizzare. Io sono cresciuta a polenta e si vede (meno male non dal pc) e alla polenta sono legati tantissimi ricordi; per me la polenta è versare la farina nell'acqua calda che non deve però bollire, e mestarla e rimestarla per almeno un'ora cercando di evitare i grumi. Buonissima con il formaggio filante, "incagiata" con il sugo e lo spezzatino. Non sopporto quella già precotta. Buona giornata.
RispondiEliminaciao Ale. la polenta... mi porta dei ricordi. A mio papa' piaceva la polenta ma a mia mamma non tanto. Allora un inverno mio papa'disse: se mi fai 50 polente avrai un collier d'oro. Fatte 50 polente. Gis
RispondiEliminanoi in famiglia la compriamo direttamente in un mulino a pietra, ancora straordinariamente funzionante, nel paesino a qualche chilometro da l'Aquila, tra le montagne che hanno dato i natali a mia madre. Non so da quale coltura provenga, ma so che quando si fa LA polenta, è una festa per le papille.. come è una festa per gli occhi la tua polenta con lo spezzatino!
RispondiEliminaChe fortuna! Allora, esiste ancora un angolo nascosto dove si trovano ancora le bontà di una volta! Sono contenta, perchè ogni giorno penso che sto perdendo un pezzettino di storia e di tradizione, per ingollare cibi "controllati" e di importazione. Evviva la polenta!
RispondiEliminammmmmmmmm....sono in un ufficio gelido con cappello e poncho di lana. Mi ci vorrebbe proprio una bella scodella di polenta profumata e fumante!
RispondiEliminaChe bellezza!!!
Vitto
Uè Ale, hai toccato la sensibilità e le corde di una bresciana che..non so se hai notato al Salone, ha il bicipite cersciuto a forza di emnare la polenta!!!Ed anch'io, come te, ho lo stesso amore trasmessomi dalle mie nonne :)
RispondiEliminaIn casa sono l'unica ad amare questo antico gesto...
La ottofile mi manca, ho provato quella Marano che è favolosa e cremosissima!
Oltre alla nostra di Castegato bella ruvida, grassa, una roba da tuffarcisi dentro(quando è fredda magari...)
Beh, accolgo con gioia questo tuo apprezzamento per l'alimento, i polentoni ringraziano!
Un abbraccione :)
Sara
bè ma allora io che non c'ho nessun pusher di polenta organica, biologica, km0 e dagli illustri antenati cosa devo fare? Si può comperare da qualche parte? Mi hai fatto venire la curiosità, accidenti a te e a tutte le volte che mi metto comoda per leggere il tuo ultimo articolo...
RispondiEliminaAle, parli di Polenta ed io mi metto sull'attenti, per rispetto. Con un papà valtellinese, e prima di lui una nonna valtellinese, con cui, a volte, si cenava a Polenta e latte (quello preso in latteria ancora tiepido, da cui si ricavava anche la panna...), sono cresciuta (anche) grazie alla Polenta, che adoro! Mio papà ha anche coltivato il mais in montagna e poi l'ha portato ad un vecchio mulino con le macine di pietra... ti lascio immaginare il sapore e il profumo di quella Polenta... Adesso sono curiosa di provare questo "otto file"... :-)))
RispondiEliminaE pensare che me l'ero perso questo post...preso dal mio quotidiano. Le battute si sprecano sorattutto pensando
RispondiEliminaha chi non ha la minima idea di cosa sia internet, i brand, le leggi del mercato, eataly, slowfood, ilgamberorosso quello azurrino, quello marroncino, quello glicine e così via con il km zero...ma che ben volentieri si appropierebbe di tutto ciò per evitare che tu possa ripiombare nell'alessandrino ancora una volta! :P ahahahahhahah
Come vedi però il tempo porta giudizio, la battuta di sopra si svilisce nella scemenza ed a me restano le traccie di una lieve ed accennata poesia di sentore famigliare, che sa di polenta si, ma soprattutto di quel fermo immagine di tua nonna che fa colazione con gli 'avanzi' della sera prima.
Mia nonna uguale, lei però mi ha insegnato ad alzarmi con il suono del pane da abbrustolire sul fuoco e da condire con poco olio. Il punto di congiungimentoè tanto diverso quanto labile, eppure fa perno nelle nostre vite per renderci in qualche modo migliore, per porci alla ricerca di quel pugnetto di farina di mais che fa la differenza. Ecco cos'è forse che ci lega come amici, quella continua ricerca non di un momento passato quanto di un valore o di un sentimento che ritroviamo puntualmente nella nostra tradizione cuciniera.
In questo stima e affetto non hanno un peso, ma solo un grazie per simili post, magari presi più sottogamba da altri che da te si aspettano sempre la valchiria che "mena a destra e sinistra".
PS
Bello fare un commento umano di nicchia che nessuno legge qui...per poi menarci dall'altra parte!! :D ahahahahah
ma difatti... che ci starei a fare, sennò, qui sopra? e non sto scherzando. Io parlo di cibo, perchè parlo di casa. E cucino, perchè riattualizzo e ricordo, mai come ora. competenze e vetrine non abitano qui e se questo serve per stabilire delle sintonie con persone che altrimenti non si sarebbero mai conosciute, è un valore che si aggiunge a tutto il resto.
Elimina...che poi, la valchiria di famiglia era proprio questa mia nonna qui.. era terrificante :-)
sarà stata la sleppa di polenta del breakfast zeneize? :-)
Ale, fatto ieri. OTTIMO! (senza polenta, per ovvie ragioni ;) Peccato che qui i tagli di carne son diversi per cui era piú uno spezzatino di pietre che d'altro. Ma la salsa perfetta! grazie, come sempre. Beso
RispondiEliminacerto che una polenta mexicana, ci starebbe.. ma sai che tortillas, con la otto file??? :-)
EliminaFalla cuocere tanto, la carne- anche due ore e passa... vedrai che si sfibra, anche quella che ti vendono lì!